Ai ragazzi piace leggere

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di Anna Calonico

 

Le statistiche italiane dicono che i lettori più forti sono gli adolescenti.

Statistiche alla mano, Alice Bigli della libreria per ragazzi Viale dei Ciliegi 17 di Rimini, si chiede perché si continui a parlare, a scuola ma non solo, di quanto sia importante dire ai ragazzi che è bello leggere: lo sanno già, hanno solo bisogno di aiuto per poterlo fare, quindi di biblioteche e librerie fornite e continuamente aggiornate, di adulti che sappiano consigliare, di spazi e tempi per poter condividere le loro scelte e i loro gusti letterari.

Nel 2008 nasce con questa intenzione, grazie alle libraie di Viale dei Ciliegi 17, l’Associazione Culturale Mare di Libri, e, con la medesima intenzione, Mare di Libri e la casa editrice Rizzoli con l’editor Beatrice Masini realizzano, a partire dallo stesso anno, il primo, e unico, “Festival dei Ragazzi che leggono”, rassegna di libri e incontri con gli autori portato avanti proprio dagli stessi giovanissimi lettori delle scuole medie e superiori. Mi è capitato tra le mani quasi per sbaglio un libro scritto dai volontari del Festival, Ci piace leggere!, in cui è veramente difficile, come dice Fabio Geda nella postfazione, limitare i passi significativi, quelli «che faranno venire voglia a molti di condividere un estratto sui social» (p.118).

Innanzitutto l’autore, una prima persona plurale, ci spiega la distinzione tra libri per grandi e libri per ragazzi: inesistente, secondo “lui”, perché ciò che esiste sono solo libri importanti o no, e sono importanti quelli che, in un determinato momento della vita, dicono quello che si ha bisogno di sentire. La letteratura è un’imitazione del mondo, e nel mondo i ragazzi devono vivere, quindi è importante che imparino, leggendo, cosa può succedere. Mi è piaciuta molto l’immagine iniziale del capitolo, in cui un ragazzino aspetta di sentire i genitori che vanno a letto per alzarsi, in piena notte, e andare in salotto in punta di piedi per togliere dagli scaffali IT di Stephen King, che secondo mamma e papà non può ancora leggere perché troppo piccolo. Non aprirò una discussione sull’importanza di leggere IT da ragazzi, dato che anch’io, all’epoca, l’ho divorato di nascosto, ma la conclusione a cui arriva il nostro autore plurale dovrebbe far riflettere: inutile etichettare alcuni libri come “per ragazzi”, come se fossero letture sciocche e di poco conto, perché l’unico difetto della letteratura per ragazzi è che gli adulti non la leggono, perdendo la possibilità di conoscerla e magari di scoprire che è piacevole, ma soprattutto, non conoscendola, impediscono un dialogo con i giovani.

In quanto poi ai tipi di libri, bisogna dire subito che i volontari del festival non disdegnano i classici: «i libri che amiamo sono quelli che ci rappresentano, a prescindere da quando sono stati scritti» (p.39), e secondo loro non ci sono generi “minori”. Il genere dovrebbe essere soltanto un metodo di classificazione, non un pregiudizio: i fantasy parlano dei problemi della vita sotto mentite spoglie, la fantascienza fa riflettere su principi etici, i distopici mettono in guardia contro i totalitarismi… Ogni libro rappresenta un viaggio, e chi parte non è mai uguale a chi torna: «la nostra generazione è nata troppo tardi per esplorare i Sette Mari, e troppo presto per viaggiare nello spazio. Lasciateci almeno esplorare le vastità dell’immaginario» (p.51). Ma soltanto a me questa frase sembra un grido di aiuto? Soltanto io sento in queste parole il desiderio disperato di cercare la vita nei libri, in tutti i tipi di libri? Ritorniamo a IT, che viene considerato un libro horror: quante sono le persone, tantissime ormai adulte, che leggendolo da giovanissimi non si sono identificati in ogni scena, in ogni frase, in ogni personaggio? IT non è di serie B perché parla di un mostro, anche perché il mostro clown è soltanto un pretesto per dire che crescendo si ha paura, ma il romanzo in realtà parla del club dei perdenti, sette ragazzi che stanno cercando di trovare il loro posto nel mondo. Nelle pagine di Ci piace leggere! non è riportato questo esempio, ma ce ne sono molti altri, e continuano nel capitolo successivo che parla di argomenti tabù. Ma, badate bene, sono gli adulti a stabilire che certi argomenti sono tali. Perché, si chiede l’autore, i genitori si preoccupano così tanto che il figlio legga “certe” cose? Hanno forse paura di non saper rispondere ad eventuali domande?

I ragazzi hanno bisogno di conoscere e di imparare, vogliono capire, pensare, discutere e mettersi in gioco, hanno domande e hanno bisogno di risposte, per poter dare un nome alle cose e poter scegliere in cosa credere e per cosa lottare, leggono per comprendere la vita, non solo per immedesimarsi in quello che trovano tra le pagine. C’è un passo molto efficace: Dire che se si legge la storia di un depresso è perché si è depressi è come dire che se si legge la storia di un unicorno è perché si è un unicorno. Bè, non esattamente (p. 61). Quindi leggere di un suicidio non significa aver voglia di suicidarsi, solo che, purtroppo, anche il suicidio può far parte della vita e un pensiero ricorrente in questo testo è proprio che i giovani vogliono conoscere il mondo perché un giorno ne faranno parte. Mi pare abbastanza convincente.

A proposito di argomenti tabù, che dire del sesso? Niente di nuovo, è stato già spiegato tutto in precedenza: gli adolescenti vogliono conoscere che cos’è il sesso perché fa parte della vita, e non ne hanno paura, non se ne vergognano. Sono invece gli adulti, probabilmente, che si imbarazzano all’idea di dover affrontare l’argomento con i figli. Mi ha fatto sorridere che l’autore preso come esempio in questo capitolo sia John Green, l’osannato scrittore di Colpa delle stelle, qui citato però con un brano tratto da un romanzo che non conoscevo, Cercando Alaska: molto divertente. Il brano scelto, e anche la descrizione delle reazioni dei giovani lettori nel leggerlo.

Da qui si arriva facilmente alla distinzione di libri per ragazzi e libri per ragazze perché, che sia un fatto culturale imposto da vecchie distinzioni di genere o altro, le ragazze amano i romanzi sentimentali, i maschietti invece li evitano. Però è curiosa la piega che prende questo capitolo.

Infatti, non ci sono soltanto esempi di libri amati dalle volontarie e snobbati dai volontari e, in misura molto minore, viceversa, ma si comincia a parlare della veste grafica dei libri, argomento che comunque verrà trattato più ampiamente alla fine. Per il momento, l’autore ha voglia di parlarci di altri temi, per esempio il male che, inutile dirlo, c’è bisogno di conoscere sui libri prima di incontrarlo nella realtà: ciò che davvero ci serve, invece, è che le storie ci raccontino la vita senza sconti (p.84). Per questo la tanto amata serie di Hunger Games alla fine delude: il lieto fine appare forzato, falso. Meglio la serie di Divergent, meglio Colpa delle stelle, e non perché i personaggi sono interpretati sul grande schermo dagli stessi attori, rassicurando gli spettatori con una sorta di continuità affettiva.

Con tutto il male che c’è in giro c’è proprio bisogno di leggere libri così cupi? È la domanda della mamma di una volontaria, e la risposta già la sappiamo: certo che ce n’è bisogno, perché vivere sotto una campana di vetro non prepara al mondo. Interessante poi la discussione su che cosa vorrebbero i ragazzi di Mare di Libri: per esempio, leggere cose nuove, non solo testi fotocopia di uno che ha avuto successo, perché non è soltanto la trama a colpire, non soltanto il tema. Sono importanti anche i dialoghi, che devono essere vivaci, i personaggi, che devono avere un certo spessore psicologico, inoltre il linguaggio è preferibile che sia mediamente ricercato, e magari che si trovino tra le pagine riferimenti ad altri libri o film. Sono piuttosto esigenti questi lettori, sono affamati di storie.

Ma eccoci alla fine: viene ripresa la discussione su come viene scelto un romanzo sconosciuto: certo, il prezzo fa la sua parte, e i giovani non sono così sciocchi da non accorgersi che un libro viene riproposto a prezzo maggiorato dopo l’uscita del film, ma ci sono anche altri elementi, più elaborati, che portano a preferire l’acquisto di un tomo invece di un altro. Spesso i tag non aiutano, perché sono inseriti quasi a caso, in maniera molto superficiale, e gli scaffali di biblioteche e librerie a volte tengono sugli stessi scaffali storie per bambini e storie per adolescenti, senza indicazioni che possano aiutare nella scelta. Allora ci si basa magari sulle copertine, preferendo quelle grafiche a quelle fotografiche perché tolgono meno particolari all’immaginazione, oppure sui titoli, sulla loro traduzione rispetto all’originale, e persino sul tipo di font usato. Si guarda la veste grafica nell’insieme, si prende in considerazione se ci sono immagini anche all’interno perché il libro è, innanzitutto, un oggetto bello da tenere tra le mani e da possedere. Come dice Geda, questo testo è un esempio perfetto di come leggere insegni a scrivere: non soltanto è ben scritto, ma dimostra buone capacità di organizzazione dei pensieri, di osservazione e di critica. È un testo maturo, soprattutto se pensiamo che è stato scritto da minorenni, e anche i numerosissimi esempi che vengono portati non si riferiscono soltanto a scelte che possono sembrare ovvie e modaiole.

Insomma, che dire ancora? Per esempio che la scuola dovrebbe cambiare qualcosa nel modo di insegnare: dovrebbe dare più spazio alla lettura e consigliare più libri, e diversi: non soltanto i classici del programma istituzionale, ma anche titoli nuovi, curiosi, coraggiosi, rischiosi, persino. E i romanzi letti non dovrebbero essere mortificati con le solite schede di lettura da compilare, banali e senza emozioni. Sarebbe meglio dare più spazio alle discussioni, in modo da far partecipare tutti con i loro pensieri, e bisognerebbe valorizzare le idee dei lettori, accettando anche i titoli da loro proposti.

Se vi state chiedendo quali potrebbero essere questi titoli, avete oltre cinquanta pagine di esempi: ovviamente non mancano le grandi saghe come Harry Potter e Twilight, scelta utile anche per comprendere che non vengono letti soltanto libri brevi, e ovviamente sono citati, anche con più titoli, autori come John Green, David Almond o Aidan Chambers. Non possono mancare i grandi classici come Piccole donne, I tre moschettieri, Orgoglio e pregiudizio, 1984, e mi ha fatto piacere trovarci La strada di Cormac Mc Carthy, Il signore delle mosche di William Golding, Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte di Mark Haddon, e Niente di Janne Teller, romanzi che trattano temi attuali e spinosi, complessi. All’inizio mi ha stupito un po’vedere l’Orlando furioso o l’Odissea, ma dopo aver letto quelle pagine mi sembra una cosa ovvia: ero caduta anch’io nel pregiudizio che i giovani non leggono i testi che si studiano a scuola, né opere voluminose, difficili o scritte in un altro secolo. Niente di più falso, lo abbiamo visto in una decina di capitoli, scritto e ribadito a gran voce. Allora mi sono meravigliata, piuttosto, di non averci trovato I ragazzi della via Paal, oppure Il giovane Holden, o titoli più moderni come Due di due e Jack Frusciante è uscito dal gruppo, che per la mia generazione sono stati libri culto. Mi piacerebbe poterli suggerire a Mare di Libri, oppure sentire perché hanno deciso di non inserirli nella lista.

Se ci fosse ancora qualche dubbio su quanto è importante la lettura per i volontari del Festival, basterebbe leggere la dedica a inizio libro: «Al 58% dei nostri coetanei adolescenti che, nonostante tutto, sceglie di leggere». È così importante che hanno deciso di scrivere un libro per dirlo a tutti.

 

Le ragazze e i ragazzi di Mare di libri

Ci piace leggere!

Add Editore, Torino, 2018

  1. 181, euro 11,00)