BIAGIO MARIN CARO A TRIESTE

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di Edda Serra

Difficile è scrivere di Biagio Marin, e per la complessità della persona, e per la complessità del mondo che nelle sue tante sfaccettature vi si riflette. Perciò siamo grati all’autore di questo profilo del Marin tergestino, Giovanni Gregori, che ha osato sfidare l’impresa di una sintesi, ricorrendo alla testimonianza diretta dell’autore presentato e alle sue parole, ampie e frequenti sono infatti le citazioni, e producendo un’opera il cui intento è evidentemente divulgativo. Il che significa narrare di Marin e del suo trentennio triestino, 1939-1969, che Marin stesso indicava come il più felice della sua vita di intellettuale, tenendo ben presente noi lettori che il trentennio è presto segnato dalla perdita del figlio Falco, prima, della mutilazione della Venezia Giulia, poi.

Il libro ha il pregio di presentare pagine di Marin poco note o non abbastanza sfruttate, di un periodo della sua vita finora poco indagato, di esperienze vissute in un clima storico che attende d’ altra parte un più compiuto approfondimento scientifico documentato.

Il libro di Giovanni Gregori ha dunque il merito di richiamare i lettori più giovani ad una realtà storica che ci è distante ormai settant’anni, la seconda guerra mondiale, che per la generazione di Marin è stata la seconda prova del fuoco attraverso la quale è passata l’Europa, prova nei confronti della quale la memoria di oggi poco vuole ricordare, tanto sofferta è stata l’esperienza della nostra regione.

L’autore, facendo parlare Marin, ci riporta non solo il personaggio, ma un clima storico di valori condivisi – anche su fronti opposti – oggi da ricostruire uscendo da approssimazioni conformistiche, per contribuire alla conoscenza della propria storia presto dimenticata, situazioni e protagonisti, in definitiva la consapevolezza dell’identità civile della città.

In tale direzione l’autore si trova a continuare il discorso di Marin, uomo vivamente partecipe della realtà a lui presente con le sue responsabilità ineludibili che la vita imprevedibile impone, ed è il richiamo forte alla coscienza di sé che fa la persona, che è tale solo nel contesto sociale: da cui la dimensione etica del vivere di ciascuno. Ed è discorso sul quale oggi vale la pena di riflettere, decisamente attuale. Accanto è il dovere della memoria, senza la quale non c’è confronto né coscienza; così come non c’è coscienza senza il confronto contestuale fra pari.

Al lettore vengono così proposti anche valori considerati desueti e inattuali, come quello di patria, che in Marin, di formazione mazziniana, irredentista, deluso dell’incapacità nazionale italiana di vivere la dignità della propria identità e della propria storia, ha però il senso enunciato in Gorizia negli anni ‘40, dove, ricordando il Circolo mazziniano frequentato da studente ginnasiale, esprime la sua gratitudine al pensatore che gli aveva dato una patria “non bella e fatta, ma da farsi, continuamente da farsi”: la dimensione etica stessa, che i nostri giorni dicono essere necessaria ed urgente.

Il libro dunque informa e fa riflettere, risveglia il ricordo di personaggi che a Trieste in quegli anni hanno avuto responsabilità e fatto storia, e ci dà un ritratto intero di Marin. L’autore, pur muovendo da Strade e Rive di Trieste, pubblicato da Scheiwiller nel 1967, improntate dell’emozione di Marin che scopre con il cuore il paesaggio urbano e ne vede la storia, nei primi capitoli per motivarne le scelte esistenziali e civili, è obbligato a richiamare i tratti salienti della sua formazione e delle sue precedenti esperienze. Sicché Giovanni Gregori ci dà un ritratto completo di Marin e gliene siamo grati: quello che arriva a Trieste è il Marin maturo, sempre vivacemente attivo e propositivo, ed in anticipo sulle cose, come quando vocianamente dalla sede delle Generali che si affaccia sulla piazza dell’Unità nel 1945 promuove un programma di impegno culturale di contrasto e di compensazione alla crisi tragica della città, che sarà poi del Circolo della Cultura e delle Arti.

Siamo grati all’autore anche per avere utilizzato valorizzandole le pubblicazioni del Centro Studi Biagio Marin: i documenti epistolari pubblicati in “Studi Mariniani”; i documenti dell’Archivio Marin della Fondazione CaRiGo pubblicati in due supplementi dello stesso periodico, Autoritratti e impegno civile e in Paesaggi, storia e memoria. Aggiungiamo che il lavoro si colloca accanto alla pubblicazione a carattere

scientifico di alcuni dei Quaderni di diario di Marin di proprietà dell’Università di Trieste nell’ambito dell’Archivio degli scrittori e della cultura regionale, La pace lontana e Vele in porto curati da Ilenia Marin ed editi dalla LEG, e il recentissimo curato da Gianni Cimador, Considerazioni sui problemi del

mio tempo e appunti vari. 11 Novembre 1940 – 28 agosto 1952 edito dall’EUT, prezioso e pertinente. Per dare maggiore consistenza storica alla ricerca siamo da tempo in attesa di pubblicare “faventibus deis” la raccolta degli scritti di Marin pubblicista impegnato negli anni del secondo dopoguerra. In tale modo, a quadro completo, si potrà valutare la continuità di un pensiero e di un impegno tutto triestino che va da Scipio Slataper a Giani Stuparich e si conclude con Biagio Marin, coinvolgendo Manlio Cecovini.

 

Giovanni Gregori, Biagio Marin caro a Trieste, Hammerle Editori in Trieste

in collaborazione con il Centro Studi Biagio Marin e il Circolo della Cultura e delle Arti, Trieste, 2015, pp. 256, € 15,00