Leggere Giotti con gli altri occhi

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Recentemente ho avuto molte notizie su Giotti dalla nipote, la signora Vittorina Vianello, figlia di Tanda (Natalia), la primogenita del poeta (è proprio lei, la piccola Rina descritta in tanti tenerissimi versi… “Rina mi sintivo ciamarme,/ co la su’ vosetina/ de picia dona”…). Dalle sue parole ho appreso con emozione che Giotti all’estero è considerato oggi uno fra i grandi poeti del Novecento, il suo “dialetto” viene tradotto in lingue nazionali quali lo spagnolo e il tedesco, gli è stato recentemente attribuito un premio prestigioso di valore internazionale. Eppure a Trieste non se ne sa nulla e il nostro continua a essere un autore assai poco letto e conosciuto dagli stessi suoi concittadini, ignorato nelle scuole; è passato in sordina anche il fatto che negli ultimi anni sia sorto in città un centro di ricerche che porta il suo nome (ne parliamo ampiamente più avanti).

Cerchiamo ora di mettere un po’ d’ordine in tutte queste novità e fare il punto della situazione dato che quest’anno ricorre il 130° anniversario della sua nascita (15 gennaio 1885).

Due importanti traduzioni delle liriche giottiane sono apparse nell’ultimo quinquennio, la prima, in lingua spagnola, è l’antologia Colores 1909-1955 pubblicata nel 2010 dall’Editorial Pre-Textos (Buenos Aires, Madrid, Valencia) nella collezione La cruz del sur a cura di Ricardo H. Herrera e Mariano Pérez Carrasco, che comprende una scelta di 70 liriche con un saggio introduttivo (il volume è ordinabile in internet tramite Amazon). È da notare che gli autori di questa versione sono due studiosi di Buenos Aires: Herrera è poeta, saggista, traduttore letterario, Carrasco, docente di filosofia, ha tradotto in particolare Dante (Rime, Convivio) e Savonarola. Entrambi collocano Giotti senza mezzi termini fra i maggiori poeti dialettali italiani del secolo XX chiarendo nella prefazione che nella sua poesia il dialetto si spoglia di ogni carattere localistico e folclorico e acquista una dimensione nello stesso tempo estetica e metafisica diventando quella che Pier Vincenzo Mengaldo definiva una “lingua assoluta”. Un’operazione che trova analogie col “volgare illustre” postulato da Dante nel De vulgari eloquentia.

L’altra edizione, in lingua tedesca, è uscita nel 2013 (Drava, Klagenfurt) col titolo Kleine Töne, meine Töne – Pice note, mie note, ad opera di Hans Raimund e, oltre a una scelta di liriche con testo a fronte, include anche gli Appunti inutili, l’accorato diario del poeta (pubblicato postumo nel 1959). Raimund (che ha insegnato dal 1984 al 1997 al Collegio del Mondo Unito di Duino) è un esperto conoscitore della letteratura giuliana e parla in questi termini del poeta… “Con i suoi testi scritti “in triestin” egli tentò l’ardimentoso passo dal “comico” tipico della poesia dialettale al “sublime” abitualmente considerato appannaggio della letteratura in lingua, costruendosi un linguaggio squisitamente personale, raffinato, filtrato razionalmente fino a spogliarsi di qualsiasi contaminazione popolaresca”.

A queste due importanti opere se ne aggiunge alla fine del 2014 una terza, sono gli Apunts inútils traduzione in lingua catalana di Anna Casassas per le Edicions Calligraf che costituiscono un prestigioso riconoscimento attribuito al poeta triestino dal Liberpress Memorial Award assegnato a Gerona (Spagna) con una cerimonia nell’Auditorium del Palazzo dei Congressi il 16 ottobre scorso e consegnato nelle mani della nipote di Giotti, la signora Vianello. La stessa Associaciò Liberpress (un ente non governativo, umanitario e senza scopo di lucro che opera per una cultura della solidarietà nel rispetto dei diritti umani in ambito mondiale) aveva donato precedentemente alla famiglia del poeta una targa da sigillare sulla sua tomba in cui figurano queste parole in catalano e in italiano: In omaggio a Virgilio Giotti (1885-1957) poeta triestino. E ai suoi figli, Paolo (1915-1943) e Franco (1919- 1943), soldati spariti in Russia. Per non dimenticarli mai.

Ombre d’i mii fioi

 

Se gavè pianto,pianzer no’ ste più…

Andeghe far ‘na carezza a vostra mama. Pianzer no’ servi.”

 

La consegna della targa è avvenuta proprio il 21 settembre (giorno della morte di Giotti) da parte di una delegazione proveniente da Gerona che con la sua presenza ha voluto così testimoniare in modo commovente la fratellanza e solidarietà del popolo catalano verso un uomo che aveva perduto due figli in Russia durante l’ultimo conflitto mondiale.

Scorrendo le pagine delle traduzioni poetiche col testo originale a fronte non possiamo non notare una vicinanza profonda di affetti e gli stessi sentimenti si trasmettono anche i lettori. La possibilità di gustare la poesia di Giotti ingigantisce… vogliamo proporre qui alcuni esempi.

 

INTERNO

Do pomi xe s’un piato,

bei, verdi e rossi. Fora

ghe xe la note scura,

ghe xe el fredo e la bora.

 

E là ch’i xe, un fià in ombra,

sul zeleste del muro,

i fa come un’alegra

musicheta col scuro,

 

col fredo, co’ l’inverno

vignudi a cucar drento:

pice note, mie note,

che mi scolto contento.

 

INTERIOR

Dos manzanas en un plato,

verdes y rojas. Afuera

la oscuridad de la noche,

el frío y el vendaval.

 

Ese que está, medio en sombras

contra el celeste del muro,

crea como una alegre

tonada sobre lo oscuro

 

 

con el frío y el invierno

que afloran de pronto adentro:

breves notas son mis notas,

y las escucho contento.

 

INTERIEUR

Zwei Äpfel auf dem Teller,

schöne, grün und rot. Draussen

da ist finstre Nacht, da sind

Kälte und die Bora.

 

Wo sie sind, halb in Schatten,

auf dem Himmelblau der Wand,

da musizieren sie leise

heiter mit dem Finstern,

 

mit der Kälte, mit dem Winter,

die voll Neugierde hereinschauen:

kleine Töne, meine Töne,

die ich froh mir anhör.

 

Quanta trasparenza fra le “pice note”, le “breves notas” e le “kleine Töne”, fra la “musicheta” e il “musizieren”, sullo sfondo “zeleste” di un muro che è propriamente Himmelblau… E tutto questo pur assaporando un’armonia diversa nei vari linguaggi.

Ci sarebbe molto da dire su queste traduzioni. Può essere veramente questa una buona occasione per rileggere Giotti, per gustare i suoi versi e scoprirne le intime armonie, anche ciò che una traduzione non è in grado di rendere ma aiuta comunque a riflettere sul valore unico, insostituibile di ogni parola. La purezza essenziale del linguaggio poetico si svela interamente e porta il lettore a una lettura nuova. Ma neanche a farlo apposta proprio in questi giorni abbiamo scoperto in internet un altro preziosissimo libro pubblicato a Parigi nel gennaio del 2015: sono ancora gli Appunti inutili, questa volta nella traduzione francese di Laurent Feneyrou (un illustre musicologo e traduttore), Notes inutiles, Editions de la revue Conférence (ordinabile con Amazon). Il volume è accompagnato da uno studio critico molto approfondito intitolato “Poesia e storia” da cui citiamo un giudizio assai signficativo su Giotti:

“Poeta degli umili, dei vinti, dell’etica della povertà, della bellezza semplice del mondo, della solitudine essenziale, dei dolori universali dell’uomo ma più ancora della casa, dei suoi abitanti, del focolare, dei fiori e degli oggetti che vi sono dentro in ordine armonioso…” Ci sembra una sintesi perfetta del suo mondo.

 

Vittorina Vianello ricorda di aver avuto un rapporto speciale col nonno Virgilio che durante tutta la sua infanzia e adolescenza ha saputo offrirle sempre un profondo affetto insieme a tanta confidenza e comprensione.

Fin dal 2006 ha creato nella sua casa un luogo di ricerca chiamato Centro Studi Virgilio Giotti-Archivio Natalia Belli che si può visitare liberamente, aperto a tutti e in particolare agli studenti; le visite si possono prenotare al n. 040421014, l’indirizzo è via degli Stella 2 nei pressi della Stazione ferroviaria centrale. Qui è conservata la biblioteca personale del poeta e sono consultabili tutte le sue opere e le pubblicazioni di critica. Alle pareti i dipinti e i disegni originali di Giotti (una visione che contribuisce a completare la sua immagine di poeta pittore) a fianco dei bellissimi schizzi e xilografie del figlio Paolo, artista davvero promettente.

 

 

 

 

 

 

Da: Il Ponte rosso n. 0, aprile 2015

  1. 10-13

Autore Liliana Bamboschek