CALVIA CRISPINILLA: DA ESCORT A IMPRENDITRICE

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CRIS 3di Alba Noella Picotti

 

 

Spesso è il Caso a favorire importanti scoperte archeologiche durante lavori di tutt’altra natura. E così anche a Trieste. Mentre si stava costruendo un canale di emissione per la fabbrica di ghiaccio artificiale nella proprietà Ritter-Zahòny a Barcola, a un solo metro di profondità emersero dei mosaici di quattro ambienti distinti e comunicanti tra loro di epoca romana.

Era l’autunno del 1887 e la scoperta suscitò scalpore e curiosità nella cittadinanza e sulla stampa; si sviluppò quasi una gara fra istituzioni e privati cittadini nel promuovere iniziative per finanziare i lavori di recupero dell’importante scoperta. Gli scavi proseguirono fino a maggio del 1889 e misero in luce gli avanzi di una lussuosa villa marittima, nata forse dalla fusione di due ville sorte in epoche diverse e successivamente collegate tra loro in un periodo che va dalla fine della Repubblica al primo secolo dopo Cristo.

Tra i vari reperti fu trovato e catalogato diverso materiale edilizio, come mattoni e tegole, da non sottovalutare, perché si trattava di laterizi bollati con dei nomi che, forse, potevano riferirsi ai committenti dei lavori di ristrutturazione o di ampliamento degli edifici stessi.

Fra questi nomi quello di Calvia Crispinilla, marchiato su una dozzina di tegole e mattoni. Troppo poco per ricondurre a lei la proprietà della villa, ma sufficiente per avanzare alcune suggestive ipotesi.

Per identificare questa signora è necessario partire dal capitolo delle Historiae di Tacito (I,73) in cui ne viene tratteggiato un succinto e poco lusinghiero ritratto.

Nei tumultuosi anni della fine dell’impero di Nerone Calvia Crispinilla sfuggì alla morte ricorrendo a una serie di espedienti con discredito del principe, il quale fingeva di non vedere (adversa dissimulantis principis fama). Abile organizzatrice delle dissolutezze di Nerone (magistra libidinum Neronis), si trasferì in Africa con l’intento di indurre il legato Clodio Macro alla ribellione contro Galba (ad instigandum in arma Clodium Macrum) e tramò per ridurre alla fame il popolo romano (famem populo Romano haud obscure molita). In seguito ottenne il favore dell’intera cittadinanza per gli appoggi derivanti dal matrimonio con un ex console (consulari matrimonio subnixa). Passò indenne sotto Galba, Ottone, Vitellio (apud Galbam Othonem Vitellium illaesa) e divenne assai potente perché ricca e senza eredi, vantaggi sempre validi nei tempi buoni e in quelli cattivi (quae bonis malisque temporibus iuxta valent).

La ricchezza di Calvia derivava dai lauti guadagni accumulati come magistra libidinum dell’imperatore e dalla distribuzione dai beni confiscati da Nerone sia in Grecia nel 67 d.C., sia in Africa.

I suoi possedimenti terrieri erano distribuiti in diverse parti dell’impero, in Tunisia e in Egitto, in Puglia e lungo la fascia costiera del territorio tergestino, da Sistiana fino a Parenzo. In essi si svolgeva un’intensa attività produttiva: allevamento di ovini, lavorazione della lana, produzione di olio e di vino e la commercializzazione dei prodotti nell’Italia settentrionale, nel Norico, nella Pannonia e lungo le coste adriatiche e dalmate. Va anche ricordato che nelle residenze produttive dell’Istria pare funzionavano fornaci per la fabbricazione di anfore destinate al trasporto dell’olio e del vino e l’ipotesi è avvalorata dalla scoperta di numerose anfore bollate con il suo nome.

Da magistra libidinum a magistra negotiorum, diremmo noi, una intelligente e spregiudicata imprenditrice che, come altri facoltosi imprenditori, poteva permettersi una lussuosa residenza in una cornice naturale di suggestiva bellezza.

E tale doveva essere la villa marittima di Barcola, che si affacciava sul mare con un fronte di 140 metri e che Calvia Crispinilla, divenutane probabilmente proprietaria, contribuì a ingrandire e abbellire con preziosi marmi, raffinati mosaici e un ampio giardino porticato.

Alla sua morte tutto il suo patrimonio fu incamerato dall’erario imperiale.