IL RITORNO DI SCOUT

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Più di cinquant’anni dopo, il sorprendente ritorno di Harper Lee

Il seguito del Buio oltre la siepe

di Anna Calonico

 

Avevamo lasciato la piccola Scout alla fine di un anno meravigliosamente intenso, uno di quegli anni che, non fosse per la sua giovanissima età, avrebbero potuto renderla una persona matura, in grado di affrontare la vita con le idee chiare.

Il buio oltre la siepe, romanzo dell’americana Harper Lee, da mezzo secolo ci ha presentato una storia e dei personaggi che, una volta entrati nei nostri cuori, non ne sono più usciti: Scout e Jem, dopo una divertente festa con un ridicolo costume da prosciutto, erano sopravvissuti all’aggressione del malvagio Bob Ewell in cerca di vendetta, ed erano stati salvati proprio da Boo Radley, l’uomo spaventosamente misterioso nel loro mondo di bambini, colui che rappresentava il buio – l’ignoto – oltre la siepe, oltre il loro piccolo mondo. Scout, Jem e il loro amichetto Dill avevano scoperto la mira infallibile di Atticus Finch, avvocato con qualche dote nascosta. Ma soprattutto, avevano scoperto che a volte la verità popolare è la più facile ma non quella giusta. La sfortunata Mayella accusava a gran voce Tom Robinson, il nero, ma lui aveva preso al volo l’oggetto lanciatogli da Atticus con la mano destra, la sola che potesse usare: la verità era sotto gli occhi di tutti, eppure il nero era stato condannato. Romanzo contro la schiavitù, contro il razzismo, contro le verità apparenti, contro i pregiudizi, aveva raggiunto un vertice di grande intensità alla fine del processo, quando Atticus si avviava mesto verso l’uscita e tutto il pubblico nero si era alzato in piedi in segno di profondo rispetto: anche Scout si era sentita esortare ad alzarsi per il passaggio del padre, e anche nel film del 1962 l’emozione è forte quando l’inquadratura si sposta da Gregory Peck di spalle che si allontana con la sua cartella in braccio al pubblico di neri e al viso della bambina, ai suoi occhi grandi che guardano un eroe sconfitto ma senza macchia.

Cinquantacinque anni dopo, la notizia sorprendente: un altro romanzo che, pur scritto per primo, rappresenta il seguito della storia già nota, era rimasto ad impolverarsi nel cassetto di Harper Lee. Finalmente uscito alle stampe, è arrivato anche in Italia Va’, metti una sentinella, che inizia con un nostalgico ma irriverente ritorno a casa di Jean Louise, l’ormai ventiseienne Scout che parte da New York in treno per rivedere il vecchio, saggio Atticus e Maycomb, pittoresca cittadina dell’Alabama. Tornano le note poetiche della Harper, tornano i paesaggi descritti con memorabile bellezza, torna la sua umanità nel ripresentarci alcuni dei personaggi già conosciuti, anche se invecchiati e a volte un pochino malridotti, tornano sagacia e umorismo, perché Scout, anche se cresciuta, è rimasta sempre la stessa bambina pestifera e dolcissima. Il soggiorno di Scout a Maycomb naturalmente è un continuo affacciarsi di ricordi, soprattutto di quel periodo bellissimo che è l’infanzia, passata con Jem, con Dill, con Atticus. Ma inevitabilmente il passato si scontra con il presente e allora sì che Scout deve crescere: una scoperta sconvolgente la porta a ricredersi su tutto quanto aveva creduto fino a quel momento, la porta a vomitare dal disgusto sul retro di quella che era la sua casa in anni felici, e anche il lettore rimane con un peso sullo stomaco fino alla conclusione: cos’è successo a Calpurnia, fidata domestica nera? cosa è successo al vecchio Atticus Finch? Per pagine e pagine seguiamo Scout alle prese con una verità scomoda che non vuole digerire, anzi: nemmeno ascoltare. La Lee dimostra tutta la sua intelligenza, la sua cultura, la sua capacità di comprendere la storia in generale e quel periodo storico in particolare. Dimostra grandi capacità empatiche e, che al lettore piaccia o no, arriva ad una conclusione che alla fine del primo romanzo nessuno si sarebbe aspettato.

Forse chi ha amato Il buio oltre la siepe dovrebbe tenersi i bei ricordi di quella storia senza leggere questo secondo libro, o forse dovrebbe leggerlo proprio per capire fino in fondo quegli eroi: la vita non è semplice, né giusta, nemmeno nelle pagine di un romanzo, e un personaggio non è mai tutto d’un pezzo ma fatto di mille sfaccettature come capita nella realtà. Anche i protagonisti, come le persone vere, possono deludere, ma anche loro si possono parimenti perdonare. Jean Louise Finch dovrà mettersi in discussione, capire se è lei ad essere cambiata, in modo sbagliato, o se sono tutti gli altri: Tutto ciò che ho sempre accettato come giusto o sbagliato me lo hanno insegnato queste stesse persone. Dunque si tratta di me, non di loro. Dev’essermi successo qualcosa. (p. 167) In tante pagine di spiegazioni l’autrice non arriva né a biasimare né a parteggiare per una delle sue creature: certo, la protagonista è Scout, ma la ragazza viene spesso ridicolizzata, anche se in maniera assolutamente simpatica, nei racconti dell’infanzia e non solo, e in quest’ultimo soggiorno a Maycomb molte volte risulta sicuramente testarda e irragionevole, la si scopre “integralista” e “daltonica”, capace di insultare le persone a lei più care, incapace invece di ascoltare le motivazioni altrui. Atticus, invece, da eroe assoluto in grado di rispondere a qualsiasi domanda e in grado di affrontare qualsiasi problema ci viene presentato come un uomo ormai anziano, raggiunto dagli acciacchi dell’età che a volte gli tolgono quasi quella dignità che esprimeva sempre la sua persona: deve lasciarsi vestire dalla sorella, si rovescia il bicchiere di latte addosso, mangia con delle strane posate, le uniche che le sue mani sofferenti d’artrite possono impugnare. Ideologicamente, diventa molto più simile al padre della Lee, che aveva modi di pensare ben diversi da quelli dell’autrice, e questo distacco tra l’avvocato Finch e la figlia Scout, così simile a quello tra la scrittrice e suo padre, ci porta a chiederci il significato del titolo. Se per il primo romanzo era stato abbondantemente chiarito sia dal libro che dal film, sia nell’originale To kill a mockingbird sia nella traduzione italiana Il buio oltre la siepe, per quest’ultimo viene citato Isaia, XXI, 6: “Perché così mi ha detto il Signore: Va’, metti una sentinella che annunzi ciò che vede”. Più avanti, però, sarà lo zio dottor Jack Finch a dare a Scout una soluzione: L’isola di ogni uomo, Jean Louise, la sentinella di ognuno di noi, è la sua coscienza. Non esiste una cosa come la coscienza collettiva (p. 256). Soltanto alla fine, alla risoluzione della storia, si può capire chi è la sentinella e cosa deve fare. Forse per questo il romanzo è rimasto ad impolverarsi per mezzo secolo: forse la Harper ha voluto presentarci soltanto la parte buona della storia, quella ottimista, quella, tutto sommato, a lieto fine, e nasconderci invece la parte più cruda della realtà. O forse è stato pubblicato il primo come segno di ribellione verso il padre, mentre il secondo, quasi una confessione di amore filiale e sottomissione al volere paterno, è rimasto segreto come l’intimità della scrittrice. Comunque siano andate le cose, è curioso che con l’altro lavoro abbia ottenuto nel 2007 la Medaglia presidenziale della libertà con questa motivazione: “ Ha influenzato il carattere del nostro paese in meglio. È stato un dono per il mondo intero. Come modello di buona scrittura e sensibilità umana questo libro verrà letto e studiato per sempre”. Forse, se Va’, metti una sentinella fosse stato pubblicato prima, questo onore le sarebbe stato negato, con la motivazione di essere troppo realista e di conoscere troppo nel profondo le persone.

 

Copertina, Harper Lee, Va’, metti una sentinella, Feltrinelli, Milano 2015, pp. 270, euro 18

WASHINGTON - NOVEMBER 05:  Pulitzer Prize winner and "To Kill A Mockingbird" author Harper Lee smiles before receiving the 2007 Presidential Medal of Freedom in the East Room of the White House November 5, 2007 in Washington, DC. The Medal of Freedom is given to those who have made remarkable contributions to the security or national interests of the United States, world peace, culture, or other private or public endeavors.  (Photo by Chip Somodevilla/Getty Images)