Frida: abuso di un nome

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di Walter Chiereghin

 

Devo confessare una mia preconcetta diffidenza nei confronti delle mostre definite “sensoriali”, col peggiorativo “multisensoriali”, oppure talvolta “emozionali” o peggio ancora “immersive”. Tale aprioristica diffidenza è stata ampiamente confermata da una visita – per la verità molto breve – alla mostra “Frida Kahlo. Il caos dentro”, promossa dal Comune di Trieste, che ingombrerà di sé il Salone degli Incanti fino al prossimo 23 luglio, al netto di eventuali proroghe. Necessario avvertire i lettori che non si tratta di una mostra d’arte, come taluno potrebbe essere indotto a credere dal materiale promozionale messo in campo dagli organizzatori: di opere della povera Frida Kahlo non c’è che un unico dipinto, per di più attribuito alla mano dell’artista, chissà da chi, copia di un perduto originale del quale rimane soltanto una fotografia in bianco/nero.

A supplire a questo imbarazzante vuoto tanto di opere quanto, soprattutto, di progettazione culturale che connotano l’evento, una pletora di immagini digitali di autoritratti proiettati nel semibuio con effetti illusionistici, fotografie (molte, per la verità, opera del colombiano Leo Matiz), lettere, pannelli illustrativi che raccontano disgrazie, vita e amori della sfortunata pittrice messicana, ma offrono anche generosamente informazioni sul testo di canzoni popolari messicane del tipo La cucaracha, o di Cielito lindo, ma c’è anche, per la gioia dei filatelici, una collezione di quarantun francobolli, debitamente incorniciati e appesi, che celebrano la buonanima, una dozzina di manichini acefali che esibiscono fantasiosi coloratissimi vestiti femminili dalla disegnatrice di moda messicana (fashion designer la chiamano, chissà perché) Milagros Ancheita, un’altra inquietante collezione di busti ortopedici in gesso dipinti da pittori non citati nel comunicato stampa, ma anche una ricostruzione della camera da letto e dello studio della pittrice, suoi (o copie dei suoi, non so bene) gioielli di bigiotteria, riproduzioni di idoli precolombiani, una sedia a rotelle. Il tutto confluisce in un’opulenta bottega di souvenir dove è possibile, alla fine del percorso, acquistare libri, collane, accendini, dischi, magliette, posacenere, adesivi, portachiavi e quant’altro, tutto rigorosamente effigiato con l’icona dell’artista nominata nel titolo della mostra.

Prodotto e commercializzato da un’impresa palermitana, la Navigare srl, l’evento è stato proposto a Roma, Milano e Napoli, presumibilmente incentrato com’è, prevalentemente, su effetti speciali. Basta scorrere del resto la home page della società (https://www.navigaresrl.com/) per rendersi conto di quanto l’impresa intende proporre, assicurando di «donare allo spettatore una nuova esperienza coinvolgendolo attivamente», invitando a «un vero viaggio multisensoriale in un mondo di luci e suoni in cui le opere d’arte sembrano prendere vita”, assicurando anche che «i quadri anziché essere trasportati fisicamente nello spazio espositivo si manifestano tramite proiezioni iper-definite e iper-cangianti, che permettono di riprodurre l’opera su pareti di dimensioni incredibili, che letteralmente avvolgono lo spettatore», così che «il visitatore viene davvero contornato dai pixel d’autore, vivendo un’esperienza diversa e forse sorprendente». In definitiva, la società si presenta onestamente per quello che propone come impegno programmatico, che ha praticamente assai poco di culturale: «Le mostre multimediali immersive si presentano dunque come una grande occasione per generare facili profitti, arrivata per giunta in un momento propizio visto che i consumi culturali sono in crescita e i privati sono i più propensi ad investire».

Prevedibilmente, all’iniziativa arriderà il successo commerciale che si profila fin dall’inizio, ma, anche per trasparenza, sarebbe opportuno che costi e ricavi fossero attribuiti a una voce di spesa del tipo “tempo libero” o “attività ludiche”, assai più pertinenti di “cultura” e ciò valga anche per le iniziative che hanno preceduta questa negli spazi del Salone degli Incanti (“Lego” e “Videogiochi”).

L’ingesso “interi” è di euro 12,00 o 14,00, nei fine settimana o festivi.