Gioconda rapita e alfin ritrovata

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Il libretto dell’opera riassunto dall’autore

di Severino Zannerini

 

Parigi, 13 dicembre 1913, Teatro dell’Opéra Italien, stagione d’opera 1913. Prova ante generale pubblica de Il campanello dello speziale di Donizetti. Direttore, Compagnia di canto italiana, Orchestra e Coro italiani con alcuni elementi aggiunti parigini. Maestro di palcoscenico e regista francese, ma con antenati italiani. Prova del brindisi “Mesci, mesci”, ancora incerto per l’ingresso in scena della solista con il Coro. Consuete discussioni tra regista, direttore e costumista, e in fine si ripete per la seconda volta l’inizio della scena. Quando tutto sta andando per il meglio scenicamente, due strilloni di giornali, entrano sulla scena al grido: “La Gioconda ritrovata a Firenze! Scoperto il ladro!!”. La notizia provoca l’immediata reazione del Coro e dell’orchestra i quali gridano e inneggiano “La Gioconda fu rapita, e alfin è ritrovata, a Firenze il suo sorriso, bella come il Paradiso ecc..Viva l’Italia!”.

La prova è interrotta, ma entrano poco dopo in scena il prefetto della Gendarmeria di Parigi assieme al direttore del Museo del Louvre, il quale intima a tutti di rimanere in scena, tranne il Coro, per una importante comunicazione.

Il prefetto si presenta e spiega ai presenti la notizia, raccontando le indagini che ha svolto fin dal furto avvenuto nell’agosto del 1911, cioè due anni prima del ritrovamento del quadro. Confessa il fallimento, fino al momento, delle indagini a tappeto svolte fin nelle soffitte e abbaini della città, ma inutilmente. Conferma la notizia che a Firenze il ladro è stato arrestato, ma è riuscito a fuggire e che probabilmente tornerà a Parigi, forse, al Teatro dell’Opéra Italien. dove spesso prestava l’opera di violinista aggiunto all’orchestra. Confidando nel suo intuito poliziesco, il prefetto lo sta aspettando con pazienza.

Il direttore del Louvre, Michelle Homolle, raffinato uomo di cultura e appassionato di musica, anche di jazz, racconta che il 12 dicembre (1913) era partito per le sospirate vacanze in Costa Azzurra, a Saint-Tropez. Riunendo tutto il personale del Museo aveva avvisato tutti che durante le sue vacanze non voleva essere disturbato per nessun motivo, neppure se fosse stata ritrovata la Gioconda. Poi, con evidente imbarazzo racconta che nonostante il suo divieto, un telegramma lo avvisò del furto, ma credendo in uno scherzo, lo lesse appena, per scoprire poco dopo che la firma era quella del Presidente della Repubblica francese, Felix Faurè, e quindi si precipitò a Parigi a gran velocità rischiando di perdere il suo posto di direttore del Museo. Il direttore del Louvre successivamente erudisce il prefetto sulla figura e la vita di Leonardo chiamando sul palcoscenico una neo “Amarilli Etrusca”, poetessa in ottava rima toscana, e illustrando con una Ballata la storia della famiglia della Gioconda.

Giunge, il ladro con un violino sottobraccio, in ritardo per la prova dell’orchestra. Interrogato dal prefetto, confessa di essere lui il ladro della Gioconda. Poi durante l’interrogatorio sempre più stringente da parte del prefetto e del direttore, egli confessa i motivi per i quali aveva rubato il dipinto: uno politico e l’altro sentimentale. Il primo è che, per spirito patriottico, voleva riportare il quadro in Italia, pensando che Napoleone stesso lo avesse fatto rubare per appenderlo nella sua camera da letto. L’altro motivo era molto particolare: la perfetta somiglianza del viso di Monna Lisa, e soprattutto del sorriso con quello della sua ragazza rimasta in Italia, che lui amava ancora profondamente e somigliante a Monna Lisa, “come due gocce d’acqua”.

Finita la confessione del ladro – che dialoga con la voce dietro scena di Gioconda – Vincenzo verrà accompagnato in carcere, e con la chiamata del direttore del Teatro di scena palcoscenico, la prova interrotta riprenderà con l’esecuzione – stavolta senza interruzione – del brindisi per soprano e coro “mesci mesci nel bicchiere”, del Campanello dello Speziale di Gaetano Donizetti.