Il cuore frammentato di Ofelia

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di Francesca Schillaci

 

«Credi che togliersi la vita esiga preparazione?»

«Non è così?»

«Oppure credi che arrivare a togliersi la vita sia, in parte, una mancanza di preparazione?»
Sedute di psicoterapia, incontri con un gruppo di persone che si preparano al suicidio, un viaggio in macchina per andare in vacanza, l’incontro con una donna che si siede sotto un ponte. L’amore, l’amicizia e la famiglia: uno sfondo che determina il cuore frammentato e a tratti indecifrabile di Ofelia. Ma chi è Ofelia? In Temevo dicessi l’amore di Mattia Grigolo, Ofelia è la bambina, l’adolescente e la donna che viene narrata in cinque storie diverse racchiuse in quattordici racconti. Conosciamo un’Ofelia che crea cavalli con pezzi di scarto; un’Ofelia che appoggia il suo orecchio sul capezzolo dell’amica per sentire il battito del cuore; un’Ofelia che parla con un cane fantasma di nome Nerone; un’Ofelia che ha perso un bambino di morte bianca. È sempre la stessa Ofelia?
La cifra narrativa di tutta l’opera di Grigolo si svela nella ricerca stilistica del dialogo. Pochissimi sono i frammenti che introducono una storia, quasi tutti i racconti sono strutturati in una forma di botta e risposta rapida, brutale e scarna. I temi sono trattati con una sorta di estraniazione da parte dell’autore che, diligentemente, sa come distanziarsi dai personaggi per lasciar loro lo spazio di espressione. È una lettura che richiama immediatamente la letteratura angloamericana, un connubio tra Raymond Carver e Thomas Pynchon, il primo per la rapidità della parola e la ricerca ossessiva della precisione nella sintesi, il secondo per il talento straziante di enunciare la drammaticità dell’esistenza come fosse un dato di fatto quotidiano. Mattia Grigolo ci mette nelle mani dei suoi personaggi, costringendoci ad una riflessione sull’assenza, sulla morte, sul lutto e sulla perdita, la stessa che porta Ofelia a guardare un ponte, il ponte crollato che si è inghiottito il padre e il suo cane nell’auto. Parla con loro, e loro rispondono. La perdita come stato di sospensione dalla realtà, assenza di giudizio e di prospettiva su sé stessi. La perdita che sconfina in una tristezza inconsolabile, dove fermare l’auto per fotografare un gatto nero morto in autostrada, forse è l’unico riflesso in cui riesce a riconoscersi, tanto da far diventare la foto la schermata principale del cellulare. Il suicidio come preparazione ad una morte scelta e non imposta, un gruppo di persone che la impongono alla vita stessa come diritto inalienabile. O ancora il sesso promiscuo con chiunque le vada bene, maschio o femmina, dipende dai gusti del momento. E poi l’arte, il colore, la creazione. La solitudine di ogni opera conclusa, vuota come vuota resta Ofelia, a osservare i frammenti della sua vita, di qualcosa che non torna, della morte che diventa una certezza. «Chiara dice che anche lei ha qualcosa da dire sull’immortalità. “Ti ascolto”, risponde Ofelia. Prende coraggio: “Sai cos’è veramente immortale? “Cosa?” “La morte.” “Temevo dicessi l’amore”».
Ad accompagnare questa saga di una, nessuna, centomila Ofelia è la presenza costante degli animali: volpi, fenicotteri, cani, gatti. Un bestiario vivo che, se muore, vive comunque sotto forma di fantasma, o in una fotografia. Animali che determinano incontri e relazioni; loro, con la loro natura istintiva fatta di grazia e ancestrale disillusione, diventano fondamentali nella narrazione di Grigolo tanto quanto la precarietà dell’esistenza umana, la disperazione degli uomini, l’incapacità di esprimerla e il terrore di affrontarla. Gli animali diventano un alter ego, una proiezione della mancanza, la risposta in silenzio di quello che Ofelia non riavrà mai più. Almeno fino a quando non deciderà di guardare il ponte di nuovo, da più vicino, prendendosi la responsabilità di difendere la casa di una donna che ogni giorno arriva con una sedia e si siede nel parcheggio dove una volta, prima del crollo, c’era la sua casa. È l’unico dei quattordici racconti in cui è Ofelia a parlare. Non più gli altri che dialogano con lei, ma lei che dialoga attivamente con la donna. O forse solo con sé stessa, per la prima volta. Resta sempre la stessa domanda: la donna esiste veramente? Chi è Ofelia?

 

 

 

Mattia Grigolo

Temevo dicessi l’amore
Terrarossa edizioni, 2023
pp. 134, euro 15,00