Il mondo fuori della mia porta

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Grande retrospettiva di Willy Ronis alla Casa dei Tre Oci di Venezia

di Michele De Luca

 

“è l’occhio l’obiettivo da raggiungere. Ed è anche l’occhio della macchina fotografica. Questa, però, non pensa, è il cervello del fotografo a farlo”; sono parole del grande fotografo francese Willy Ronis (Parigi, 1910 – 2009; figlio di un fotografo ritrattista originario di Odessa e di una pianista di origine italiana), la cui attività iniziò a contatto con figure mitiche della fotografia come Capa, Cartier-Bresson, Doisneau, Kertèsz, rispetto ai quali, però, sviluppò una sua personale originalità, contraddistinta dall’attenzione alla quotidianità e alla gioiosità collettiva.

In un bel volume realizzato dalla serie “Motta fotografia” (1995) curata da Giovanni Chiaramonte, veniva concentrata l’attenzione del fotografo sul tema della domenica, che i francesi sogliono tradizionalmente trascorrere in scampagnate e momenti di relax lungo gli argini dei fiumi. In questa sequenza di straordinari scatti si evidenziava prepotentemente la capacità del fotografo, sempre pronto a inquadrare momenti di coralità con forte senso della composizione dell’immagine. Scriveva per l’occasione Noël Simsolo – attore, regista e scrittore francese -: “Comincio a pensare che Ronis detesti il folclore e il suo sciame di effetti pittoreschi. Preferisce cogliere frammenti di realtà che, una volta spogliati delle informazioni temporali (abiti, acconciature, particolari dell’arredo urbano), restano prova della persistenza degli atteggiamenti e dei sentimenti che l’essere umano assume e prova di fronte a ciò che è più potente di lui”. Una “filosofia” e una pratica della fotografia che irradia tutta la sua produzione.

Si è inaugurata il 6 settembre e potrà essere visitata fino al 6 gennaio 2019, alla Casa dei Tre Oci di Venezia, alla Giudecca, la più completa retrospettiva mai tenuta in Italia, che rende omaggio al grande fotografo francese Willy Ronis.

L’esposizione, curata da Matthieu Rivallin, coprodotta dal Jeu de Paume di Parigi e dalla Médiathèque de l’architecture et du patrimoine, Ministry of culture – France, con la partecipazione della Fondazione di Venezia, organizzata da Civita Tre Venezie, presenta centoventi immagini vintage, tra cui una decina inedite dedicate a Venezia, in grado di ripercorre l’intera carriera di uno dei maggiori interpreti della fotografia del Novecento e protagonista della corrente umanista francese, insieme a maestri quali Brassaï, Gilles Caron, Raymond Depardon, Izis, André Kertész, Jacques-Henri Lartigue e Marc Riboud.

Pur non essendo un movimento codificato da un manifesto programmatico, quello umanista dimostrava il suo interesse verso la condizione umana e la quotidianità più semplice e umile, per scoprirvi un significato esistenziale universale, Attraverso le sue immagini, Ronis sviluppa una sorta di micro-racconti costruiti partendo dai personaggi e dalle situazioni tratte dalla strada e dalla vita di tutti i giorni, che lo portano a estasiarsi davanti alla realtà e a osservare la fraternità dei popoli.

Se è vero che le sue fotografie corrispondono, in una certa misura, a una visione ottimista della condizione umana, Ronis non ne cela l’ingiustizia sociale e s’interessa alle classi più povere. La sua sensibilità nei confronti delle lotte quotidiane per la sopravvivenza in un contesto professionale, familiare e sociale precario, rivela che le sue convinzioni politiche, militante comunista, lo conducevano a un impegno attivo, attraverso la produzione e la circolazione di immagini della condizione e delle lotte operaie. È quello che la mostra veneziana evidenzia, meritoriamente, perché ci fa approfondire il rapporto e l’impegno che il fotografo incessantemente profuse in questo campo del suo lavoro fotografico, che assume una forte e motivato valore etico. Scandagliò il mondo del lavoro e dell’industria con il suo solito “fare” fotografia; come ha detto, infatti: “Non esiste un genere minore. La fotografia industriale si rivela una categoria fortemente segnata quanto le altre dalla personalità e dall’abilità creativa di chi la pratica”. Come ha scritto Michele Smargiassi in Fotocrazia, “i suoi lavoratori delle fabbriche in sciopero nelle sue foto non sono mai eroi di marmo, sono gli stessi che poi torna a incontrare mentre sbuffano in bicicletta sui pavé, o bevono al banco dei bistrot, o si riposano sdraiati al sole sulle rive della Senna”.

Sebbene la maggior parte delle sue immagini più riprodotte siano state scattate in Francia, sin dalla sua giovinezza Ronis non ha smesso di viaggiare e fotografare altri luoghi. Non esitava, infatti, a rievocare la sua vita e il suo contesto politico e ideologico. I suoi scatti e i suoi testi raccontano un artista desideroso prima di tutto di esplorare il mondo, spiandolo in segreto, aspettando pazientemente che esso gli sveli i suoi misteri. Non manca un omaggio alla città lagunare con alcuni suoi strepitosi scatti. Ai suoi occhi è più importante ricevere le immagini che andarle a cercare, assorbire il mondo esteriore piuttosto che coglierlo e, da qui, costruire la sua storia. Quel “mondo fuori della mia porta”, per dirla con le parole quell’altro grande fotografo americano di nome Paul Strand!