Il volto, la musica e la città

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Nelle sale italiane ‘Ascensore per il patibolo’ di Louis Malle

di Stefano Crisafulli

 

 

All’inizio c’è solo il volto, inconfondibile, di Jeanne Moreau. È al telefono e parla con un uomo. Si scambiano parole d’amore. Poi parte il suono, anche lui inconfondibile, della tromba di Miles Davis. Gli spettatori che nel 1957 hanno visto queste immagini, avranno capito subito che il film di Louis Malle Ascensore per il patibolo (titolo originale: Ascenseur pour l’échafaud) è qualcosa di diverso: rispetto al genere noir, a cui appartiene di diritto, ma anche rispetto al cinema precedente. Sono i primi vagiti di quella nouvelle vague che travolgerà il cinema francese ed europeo nei primi anni ’60, grazie ai lavori di Truffaut, Godard e, anche, dello stesso Malle. Ma, al di là della storia, tratta da un romanzo di Nöel Calef, è anche il modo in cui la storia viene raccontata che rende questo film interessante ancora oggi, tanto da esser stato restaurato dalla Cineteca di Bologna. Ascensore per il patibolo è stato proiettato recentemente nelle sale italiane (compreso il cinema Ariston di Trieste, sempre attento e meritevole), nel suo elegante bianco e nero, per la gioia di cinefili e non.

La storia, a grandi linee, è questa: Jeanne Moreau interpreta la parte di Florence Carala, moglie di Simon, un personaggio ricco e importante invischiato in storie non troppo trasparenti, tanto che si serve di un suo dipendente dal passato turbolento, Julien, per appropriarsi di documenti riservati. Ma Julien è anche l’amante di Florence e si accorda con lei per far fuori il marito. Tutto andrebbe liscio se Julien, dopo aver compiuto l’omicidio, non lasciasse una traccia sul ballatoio che si affaccia sulla finestra dell’ufficio di Simon: la corda che gli è servita per arrampicarsi da un ufficio all’altro. Deve, così, tornare indietro, dopo aver lasciato il luogo di lavoro, per recuperarla. Ma in questo modo fa due gravi errori: il primo è quello di lasciare la macchina incustodita, con le chiavi nel cruscotto e l’impermeabile con i documenti sul sedile di dietro, mentre il secondo, quello fatale, è prendere l’ascensore. Che si blocca a metà strada perché la guardia giurata lascia il palazzo e, ritenendo che non ci sia più nessuno, disattiva la corrente elettrica. Ora Julien è prigioniero e non può uscire, ma Florence, che aveva un appuntamento con lui, non lo sa. E comincia a cercarlo disperatamente per le vie di una Parigi più affascinante che mai.

Ed è proprio in questa disperata ricerca che si fondono la bellezza di una città vista nel suo lato più notturno e insolito, quella di un’attrice, Jeanne Moreau, che, grazie a questo film, sarà proiettata nell’empireo cinematografico e quella di una musica jazz perfettamente integrata con le immagini, suonata da un Miles Davis in stato di grazia. Rifacendosi a Hitchcock e a Bresson per la sua opera prima, Louis Malle ha saputo fondere l’ispirazione giunta da entrambi i registi in qualcosa di originale, anche se imperfetto. Ci sono dei cali di tensione, ad esempio, che Hitchcock avrebbe mal sopportato e le dimenticanze iniziali di Julien sono a dir poco imperdonabili. Ma, alla fine, va bene anche così.