La donazione Malabotta

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di Walter Chiereghin

 

Inizia sotto i migliori auspici la direzione di Laura Carlini Fanfogna, neo-direttrice del Servizio Musei e Biblioteche del Comune di Trieste, che il 9 giugno ha fatto la sua prima comparsa in pubblico in occasione dell’inaugurazione della mostra “La donazione Malabotta al Museo Revoltella”, curata da Susanna Gregorat, che sarà visitabile fino al 20 agosto al quinto piano del Museo. Nonostante tale felice esordio della dirigente, tuttavia, non è stata lei la festeggiata: l’affettuoso intenso saluto delle persone che, gremendo per l’occasione l’auditorium del museo, ritte in piedi, hanno voluto tributare un deferente grato omaggio alla signora Franca Fenga Malbotta, autentica protagonista della serata assieme alla straordinaria collezione che lei ha voluto, superando anche problemi ed intoppi, regalare alla città.

Più volte, in passato, difficoltà analoghe hanno contrastato la volontà della signora Malabotta di condividere con i triestini le collezioni d’arte create da Manlio Malabotta, il che ha impedito ad esempio, per insipienza della parte pubblica, che un importante nucleo di opere di Filippo De Pisis fosse dirottato nel 1996 dal Revoltella, che non aveva saputo accoglierlo, a Ferrara, dove invece quei dipinti fanno parte integrante delle collezioni del Museo intitolato all’artista che a nella città emiliana ebbe i natali. Ha rischiato analoga sorte anche la donazione della quale stiamo scrivendo, a causa dell’inadempienza del Comune relativa alle clausole del contratto stipulato nell’agosto del 2015, per l’assoluta inazione che ha attraversato sia la precedente che l’attuale amministrazione, anche se alla fine, in buona misura per la tenace buona volontà della donatrice, la cosa è andata felicemente in porto.

È così che Trieste potrà fregiarsi di un piccolo ma assai cospicuo fondo di opere di autori d’area giuliana che hanno costituito parte integrante della prestigiosa raccolta che Manlio Malabotta, collezionista, critico d’arte, scrittore, poeta e fotografo curò con appassionata competenza a partire dagli anni Trenta.

È stato possibile ammirare le ventuno opere oggetto della donazione in una pluralità di occasioni espositive anche recenti, grazie alla generosità della proprietaria che le ha concesse in prestito, dimostrando con ciò che il suo attaccamento ad esse non limita la condivisione con chi ne apprezzi la qualità.

Il pezzo forse più notevole e sicuramente più noto della donazione è il dipinto di Arturo Nathan Solitudine, un autentico capolavoro del Realismo magico, acquistato da Malabotta, che lo segnalò in una sua nota critica fin dalla sua prima esposizione al pubblico a Udine nel 1931, per entrarne poi in possesso, dato che l’opera era sicuramente di sua proprietà fin dal 1935.

C’è poi un piccolo olio di Arturo Fittke, del 1907, Donna buranese con scialle sul capo, un ritratto delicato eseguito all’aperto in una giornata luminosa. Vittorio Bolaffio, presente anche con uno schizzo a matita su carta, Uomo col carro, che grazie a una dedica a Malabotta vergata dall’autore testimonia probabilmente di un pensiero riconoscente del pittore goriziano pochi mesi prima della scomparsa, per una entusiastica recensione della Cinesina, che entrerà a sua volta nella collezione e che ora fa bella mostra di sé tra le opere donate al Revoltella.

Importante anche per la quantità di opere il nucleo di opere di Giorgio Carmelich, che fu a Trieste tra i fondatori del futurismo giuliano e qui presente con Bottiglie, una natura morta d’ispirazione cubista, che è anche l’unico dipinto a olio che ci sia pervenuto di questo autore, risalente con ogni probabilità al 1925; uno straordinario gruppo di disegni a pastello, eseguiti tra il 1926 e l’anno successivo, in parte in bianco e nero in parte a matite colorate, testimoniano di una direzione nuova intrapresa dal giovane artista, attratto, come non mancò di rilevare il Malabotta, dalla duplice fascinazione di Rosseau il Doganiere e soprattutto di Marc Chagall. Completa l’area riservata a Giorgio Carmelich una serie di sette elaborazioni fotografiche che testimoniano dell’ansia di sperimentazione del giovane artista fin nella fase più tarda della sua breve ed intensa esperienza umana. Due intensi ritratti del collezionista, opera di Mario Lannes e Adolfo Levier, concludono l’elenco delle opere donate.

Completa la mostra la pubblicazione di un bel catalogo, notevole sotto diversi aspetti. Innanzitutto il volume era pronto e disponibile fin dalla sera dell’inaugurazione della mostra, cosa che può sembrare scontata soltanto a chi non sia al corrente di quanto normalmente avviene, negli ultimi anni, in occasione di mostre organizzate dal Revoltella. Fuor di polemica, il catalogo è interessante per i contributi di alcuni studiosi che approfonditamente conoscono la pittura di area giuliana e in particolare le collezioni Malabotta. L’introduzione della curatrice Susanna Gregorat prefigura il felice inserimento delle opere nelle collezioni del Museo, tale da perfezionare il patrimonio preesistente con alcuni tasselli fondamentali che vengono ad aggiungersi, contribuendo a un ulteriore approfondimento della narrazione di quanto è qui avvenuto nella storia dell’arte del Novecento.

Un’attenta disamina delle collezioni appartenute al notaio e intellettuale triestino è poi dovuta a Enrico Lucchese, impegnato fin dagli anni dell’università a lavorare su quanto ci ha lasciato Malabotta, compresa la ricchissima biblioteca; autore tra l’altro del volume su Arturo Nathan della collana edita dalla Fondazione CRTrieste, Lucchese è, assieme a Ester Coen, fiduciario del nucleo di opere di De Pisis approdato a Ferrara ed ha assistito la signora Malabotta anche nella non facile trattativa col Comune di Trieste per la felice conclusione di questa donazione al Revoltella.

Lorenzo Nuovo, curatore della monografia Manlio Malabotta critico figurativo: regesto degli scritti (1929-1935), edita dalla Società di Minerva, firma nel catalogo un contributo che intende restituire un’immagine del grande collezionista nella sua complessità di intellettuale e critico militante.

Conclude la serie degli interventi in catalogo Maurizio Lorber, storico dell’arte (che una deliberazione quantomeno bizzarra del Comune ha allontanato del Revoltella per confinarlo dallo scorso settembre alla Risiera di San Sabba), che ricostruisce con la sua comprovata capacità di analisi e di efficace narrazione l’ambiente culturale che attorniava Malabotta concorrendo a fornirgli suggestioni funzionali in qualche maniera all’edificazione della collezione.

Gli autori di questo catalogo sono la testimonianza dell’intelligente opera di conservazione e valorizzazione delle opere attuata dall’erede di Malabotta, che negli anni ha saputo attorniarsi di entusiasti giovani studiosi, aprendo loro le porte di casa perché carte dipinti e sculture continuassero a parlare e a rimanere vivi rifuggendo da una claustrofobica segregazione che li avrebbe ridotti a un interminabile silenzio.

Anche di questo dobbiamo essere grati alla munifica donatrice.

Fig: Adolfo Levier, Manlio Malabotta