La vertigine del volo nella scultura di Bluer

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Il pensiero cristallizzato nel plexiglas

Due rassegne contemporanee all’Hotel Duchi “Vis à vis” e alla Lux Art Gallery

di Enzo Santese

 

Trieste ospita in due distinte situazioni espositive altrettante rassegne dedicate a Bluer, uno degli artisti italiani che la critica ha più volte indicato come tra i più interessanti della sua generazione. Il suo “nom de plume” corrisponde a Lorenzo Viscidi, nato a Venezia nel 1962, e significa alla lettera “creatore del blu”, il colore a cui è rimasto sempre fedele dato che le sue valenze metaforiche, l’infinito, lo spazio, l’ossimoro intrigante della fisicità dello spirituale, sono condizioni poetiche che innervano da sempre la sua vocazione a un’arte che sappia di immenso, congiungendo la dimensione terrena – a cui non rinuncia neanche nelle esperienze di scrittura (è un narratore originale), tramate in una tessitura di capacità visionaria e tensione etica – con quella celeste; questa per lui, credente in un ordine e in una volontà soprannaturale, è il paradigma dell’“oltre”, al di là dello spazio, dove la temporalità esistenziale si protende nell’eternità. C’è insomma la traccia concettuale del blu che per Kandinskij richiama il “sentimento” archetipico dello spirituale; un colore quindi sganciato dalla fisicità percettibile. Già nella ricerca pittorica, condotta negli anni ’90 in parallelo con quella plastica, il blu diventa spesso la base di partenza per una combinazione con altri colori, che alternativamente connotano la struttura dell’opera. Nel pensiero dell’artista c’è un esplicito moto di reciprocità: l’uomo tende per sua indole alle stanze della realtà metafisica e, per contro, dall’universo “piovono” sulla terra porzioni siderali, nelle quali si racchiude l’enigma di tempi remoti. Bluer è impegnato da sempre ad approfondire il senso dell’esistere nelle sue forme più diverse, spinto da pungoli culturali che portano la sua volontà di conoscenza onnivora ad accostarsi alle tematiche più varie.

Durante il suo soggiorno nel 2000 a New York, nella visita all’American Museum of Natural History, registra nella propria retina gli agglomerati di materia precipitati dal cosmo, quelle meteoriti che sono la sintesi affascinante di una metamorfosi di millenni e di lontananze spaziali, solidificata in un magma cristallizzato nei secoli. L’artista vi intravede qualcosa di arcano che si prospetta al suo sguardo e che viene immediatamente adottato per un progetto poetico, la scultura in plexiglas declinata in vari esiti combinatori partiti dall’accartocciamento. Qui giocano sviluppo casuale della deformazione e consapevole, strategica scelta formale, in una ricerca basata ormai in un processo che arriva al cuore della materia; l’artista ne sente il “respiro”, ne intercetta le potenzialità atte a tradurre i suoi umori, le sensazioni, le vertigini creative.

Il plexiglas si ondula per un processo chimico, avvolgendo presenze capaci di richiamare tante realizzazioni iconiche, presenti nella pittura di Bluer, piccoli ectoplasmi danzanti, fiori improbabili di un immaginario giardino astrale. Tali opere, appartenenti a una vasta serie di corpi plastici denominati “accartocciati”, rivelano come l’autore veneziano si misura con la consistenza della materia, con la sua capacità di piegarsi in specifiche scansioni spaziali secondo l’intervento di calore impiegato, dei tempi di raffreddamento e di definitiva conformazione; ancor prima Bluer studia il sistema di equilibri interni, la dislocazione dei ritagli, l’inserimento delle immagini, delle cose, delle realtà vegetali che vanno a complemento dell’opera medesima. Scompagina poi il senso della visione producendo un accartocciamento del supporto che diviene scultura vera e propria, aggettante dalla parete come un’infiorescenza.

Il plexiglas è una resina sintetica che consente alle radiazioni luminose non solo di passare, ma di diffondersi amplificando gli effetti ottici secondo un indice di propagazione che è direttamente proporzionale all’intensità della fonte luminosa nell’ambiente. Suono e luce possono definirsi in questo lavoro materia della scultura, che si articola nello spazio affermando la sua fisicità proprio su un supporto di riflessi, trasparenze, rimandi e trapassamenti che la indicano come cristallizzazione di una sostanza liquida, disposta a interferire con il luogo di installazione.

Nella sala conferenze dell’Hotel Duchi “Vis à vis” di Trieste si è aperta la sezione espositiva “La vita è volo”; qui sono preminenti gli “accartocciati” dove le piegature della lastra di plexiglas sono metafora del complesso groviglio esistenziale, in cui un temperamento portato all’ottimismo come quello di Bluer intravede peraltro itinerari luminosi, punti di fuga dai nodi del quotidiano, imprigionando la luce stessa che modula le proprie emissioni secondo le caratteristiche dell’ambiente. La logica costruttiva della scultura sfrutta a pieno il fenomeno della rifrazione e dell’interferenza, creando una dialettica fitta di segnali riflessi all’esterno oppure trasmessi all’interno per un gioco di rimandi, capaci di illudere movimenti molteplici in virtù di angolature, colori, fluorescenze. Questo avviene anche per i “totem” che nella loro verticalità racchiudono un piccolo universo pittorico con strati di colore inglobati nella materia plastica insieme a bolle d’aria (immesse nella materia ancora calda, prima del processo di solidificazione), autentici suggerimenti a interpretare la salda fisicità della materia come un corpo fluido la cui dinamica costitutiva è stata fermata in un improvviso fenomeno di cristallizzazione.

Per alcuni “totem” lo scultore usa il titolo di “Serendipity”, per cogliere quel senso di stupore provato alla fine di una realizzazione per i cui esiti il progetto mirava ad altro. Ma l’“altro” talora è ancor più stupefacente per l’autore stesso che, ammaestrato dall’esperienza, attende sempre di potersi meravigliare di fronte all’opera finita. Una delle acquisizioni più recenti sono gli “Universi”, dove scie e sgocciolature con vino liquido all’interno del plexiglas – anch’esso allo stato fluido – si solidificano nella materia con effetti diversi da un’opera all’altra. La serie di sculture intitolata “Volo” presenta fiori e farfalle innestate nel corpo “vivo” dell’opera, che sono un canto alla bellezza della natura celebrata dalla luce che l’attraversa e diventa simbolo di condizione illuminante durante il percorso di ogni individuo nella ricognizione della propria anima in un empito di ebbrezza nell’incontro tra il fisico e lo spirituale. La serie “La vita è volo” ingloba farfalle, simboli di levità dell’essere e immortalità dell’anima, che vagolano su fiori e piante; queste, nelle loro infinite varietà rappresentano in parte le numerose opzioni offerte dalla vita nel suo corso. In una sala della Lux Art Gallery infine sono contenuti i dipinti “Four hands two brains one soul”, realizzati insieme al pittore inglese Michael Eldridge: rivelano un comune afflato verso l’apertura di un varco sempre ulteriore nella percezione di ciò che è mistero nella realtà. Il lavoro a quattro mani esprime la cifra di un marcato dinamismo informale concepito per evocare l’energia vitalistica della natura.

Le due rassegne, aperte in contemporanea fino alla metà di novembre, nel loro complesso, sono anche un invito pressante di Bluer a illuminare i punti opachi o addirittura oscuri del mondo attuale con quel filo di speranza che può neutralizzare con il potere vivificante della luce sofferenze e disagi, anche a lungo covati nel chiuso dell’incomunicabilità.