Le costellazioni di Franco Vecchiet

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di Walter Chiereghin

 

Entrare in un’area espositiva nella quale è allestita una mostra di Franco Vecchiet significa sempre addentrarsi in uno spazio onirico, ma anche in un’area ludica, dove si percepisce con immediatezza la fascinazione che l’artista subisce dal pensiero di poter disporre di strumenti che mettono in moto un’inesauribile fantasia e lo inducono a valersi delle più eterogenee tecniche per dar conto di sempre nuove o rinnovate declinazioni del suo agire espressivo. Si tratta, ovviamente, di giochi che presuppongono molta serietà e rigore, oltre che un’assoluta padronanza dei mezzi e una cultura visiva, fattori tutti che consentono all’artista di conseguire gli obiettivi creativi che di volta in volta si era prefissati.

Non fa eccezione la mostra “Costellazioni personali”, curata da Federica Luser e ospitata dalla Galleria Trart di Viale XX settembre, 33 a Trieste, aperta fino al prossimo 13 aprile, che presenta un ragguardevole numero di produzioni dell’artista triestino, articolate in più sezioni. Si tratta, in tutti i casi, di opere uniche, con l’esclusione quindi delle calcografie, che pure rappresentano una quota cospicua del lavoro di Vecchiet, che in tale ambito si esprime anche come didatta, essendo docente alla “Scuola libera dell’acquaforte Carlo Sbisà”.

Quanto più rievoca le opere grafiche è, in una sezione della mostra della Trart, una quantità di tecniche miste di piccolo o piccolissimo formato che, mediate varie tipologie di interventi successivi all’elaborazione di un’immagine di sfondo, paiono aumentare per ciascuna di esse un correttivo rilevato sulla superficie del foglio, costituente sovente un arricchimento materico di sapientemente dosata tridimensionalità, che si fonde in un’armonica composizione di variegato toccante lirismo.

Si passa quindi a formati di ampia dimensione, dove s’incontrano sullo sfondo nero costellazioni o anzi galassie intere dove il bianco di tali elementi, che si distribuisce puntiforme o in agglomerati contrastanti con lo spazio scuro della base di tela, appare quasi dotato di luce propria: non si tratta tuttavia di usuali tecniche pittoriche, non è acrilico, né olio quello che percepiamo con tale nitidezza, ma si tratta “semplicemente” di sale, a testimonianza dell’assillo di sperimentazione che da sempre anima l’operare di Franco Vecchiet.

Grande spazio viene dato dalla rassegna della Tart al ciclo dei Diari, composizioni che da tempo costituiscono un inconfondibile stilema di questo autore, realizzati con un accostamento a collage di frammenti rettangolari di ritagli di riviste, giornali, libri, vecchie incisioni. Come c’informa il bel catalogo che accompagna la mostra, così ne parla Vecchiet: «Costruisco i collage giorno per giorno, parallelamente al resto del lavoro che porto avanti nel laboratorio […] I collage non sono solo un mio esperimento personale ma anche una documentazione del mondo che mi circonda, sono una fotografia dello spazio e del tempo».

E rimane lo spazio per altro ancora, le scacchiere, la tentazione della scultura, della tridimensionalità riscoperta nel legno, in una versatile ricerca di materiali e di sintesi nuove, in un’inesausta ricerca che supporta l’inesauribile voglia di giocare con colori e materiali, col pensiero, con le emozioni e, in definitiva, con se stesso.