L’irriducibile Crali

| | |

Ancora una mostra a Monfalcone per l’«aeropittore, sempre futurista»

di Roberto Curci

 

Gli aeropittori? «Meritano di essere sepolti e dimenticati per l’eternità, o tutt’al più di essere esposti per ciò che sono: documenti di barbarie». Parole feroci e ultimative del critico d’arte del Guardian, Jonathan Jones, al tempo (2005) di una mostra sull’aeropittura futurista italiana allestita all’Estorick Collection di Londra. Per Jones restava valida l’equazione futurismo = fascismo, da cui un basilare pregiudizio, d’altronde molto diffuso e non del tutto bugiardo: lo stesso che, per i primi decenni del secondo dopoguerra, impedì che si guardasse alle molte declinazioni del futurismo con occhi non offuscati dalle ideologie e le si recuperasse con una certa serenità di approccio e di giudizio.

Non la pensano certamente come il critico londinese quanti adesso hanno ideato, organizzato e allestito due mostre curiosamente affini e contestuali: “Dall’alto. Aeropittura futurista” al Labirinto della Masone della Fondazione Franco Maria Ricci, a Fontanellato (fino al 18 settembre) e “Crali aeropittore, sempre futurista” alla Galleria comunale d’arte contemporanea di Monfalcone (fino al 25 settembre).

È quest’ultima, per ovvie ragioni, a toccarci da vicino e, anzitutto, a suscitare un interrogativo. Come mai Crali concede un bis a soli tre anni dal focus a lui dedicato nella medesima sede (“Crali e il futurismo. Avanguardia culturale”, 2019)? La ragione sta, a monte, in una controversia giudiziaria tra il Mart di Rovereto, cui Crali stesso aveva donato (in “donazione modale”) un’ampia selezione delle opere da lui giudicate migliori, e le eredi dell’artista, insoddisfatte per il mancato rispetto di certe clausole concordate. Alla fine le eredi l’hanno avuta vinta. Ed è proprio la quarantina di opere a loro restituite il pezzo forte della nuova rassegna monfalconese, curata ancora da Marino De Grassi con ricco catalogo delle Edizioni della Laguna (purtroppo privo, negli Apparati, di una scheda biografica dell’artista).

In mostra a Monfalcone c’è davvero il “tutto Crali”, il percorso di un’inesausta creatività alimentata fin quasi alle soglie dei novant’anni (1910-2000 le date), nel segno non solo di una totale fedeltà al tema portante della sua produzione pittorica (il volo, lo spazio), ma pure alla curiosità quasi fanciullesca per certe “trovate” argute e ludiche, espresse con materiali poveri: sassi, legni, metalli, sugheri.

In mostra e in catalogo si procede correttamente per capitoli tematici: Crali aeropittore, Crali futurista, Il nostro territorio, Architettura, Bassorilievi, Polimaterici, Sassintesi. E se il curatore, anziché affidarsi a un saggio onnicomprensivo, preferisce accompagnare quasi per mano il visitatore soffermandosi sui vari momenti e le varie mutazioni, è la storica dell’arte Barbara Martorelli ad affrontare il tema delle opere non pittoriche: sculturine e assemblaggi in cui Crali dà via libera alla propria fantasia visionaria, da bricoleur, giocando (e divertendosi) a comporre suggestive composizioni minimaliste, cui regala titoli spiazzanti. Con una pietra e un aggeggio metallico evoca Marinetti che declama la guerra; a un montaggio di pietra, vetro e metallo offre l’impegnativo titolo di Guerra e pace. E basta un fil di ferro opportunamente ritorto per evocare la silhouette di una Signorina al bar.

Colpisce la coerenza concettuale che sottende l’intero tragitto di Crali. A 17 anni realizza due acquerelli su cartone già pienamente futuristi, Incubo e Ossessione, e dello stesso 1927 è un terzo acquerello, Rombi d’aereo. La strada maestra, dunque, è già imboccata, anche se il Manifesto dell’Aeropittura Futurista apparirà appena due anni dopo, sottoscritto da Marinetti, Benedetta, Balla, Depero, Prampolini, Dottori, Fillia, Tato e Somenzi.

All’espressione del mito modernista della macchina e della velocità si aggiunge dunque l’entusiasmo per il dinamismo del volo, che sempre ispirerà Crali: a vent’anni dipinge Squadriglia in volo; del medesimo 1930 è, stavolta in chiave espressionistica, Risveglio di metropoli: presente l’anno dopo alla goriziana Esposizione dei pittori futuristi, riscuote gran successo e lo stesso autore annota: «In pochi giorni il mio quadro è venduto per due volte e devo fare una terza versione per me». Anche di quello che è considerato il suo capolavoro esistono almeno due copie. Il vertiginoso In tuffo sulla città, ovvero Incuneandosi nell’abitato, del 1939, è in mostra a Monfalcone, dove troneggia solitario, ma è presente altresì, tale e quale, nella rassegna di Fontanellato.

Un fascino particolare emana dalle opere del periodo francese, gli anni Cinquanta in cui Crali insegna al Liceo italiano di Parigi. Accostandosi a stilemi cubisti e abbandonando i virtuosismi delle visioni aeree, «Crali a Parigi scende a terra», come scrive in catalogo Barbara Martorelli: e nascono opere di grande suggestione quali Neve alle Tuileries, Bois de Boulogne, Place Fürstenberg. All’esperienza francese seguirà, dal 1962 al ’66, quella egiziana, come insegnante nella scuola d’arte del Cairo, ma il filone prediletto ritroverà vigore col rientro definitivo in Italia, a Milano, dove vivrà fino alla morte, nel 2000.

Saranno anni in cui Crali si batterà in ogni sede per riscattare il futurismo dalla damnatio memoriae in cui sembrava relegato. Lo farà con le opere e con le parole, da buon declamatore quale sempre fu. Ritornerà ai temi aerei, riuscendo a rendere omaggio tra anni Ottanta e Novanta alle acrobazie delle Frecce Tricolori. Ma si concederà pure qualche nostalgico ripiegamento, tornando alle terre e alla città in cui tutto nacque con dei piccoli olii niente affatto futuristi: Isonzo e il Sabotino, Casoni in laguna, Castello di Gorizia e Santo Spirito e la serie dei Grebani carsici.

Gorizia appunto. La città dell’incontro e dell’innamoramento giovanile per il futurismo, la città delle prime esperienze di volo. La scintilla scoccata verso il 1928 giungeva una decina d’anni dopo che Sofronio Pocarini e Mario Mirko Vucetich avevano stilato il Manifesto del Movimento futurista giuliano. Particolare curioso: Crali nato in Dalmazia, a Igalo; Vucetich di padre dalmata. Entrambi in qualche misura debitori di Gorizia. Sennonché alla “fede” nel futurismo Crali avrebbe creduto sempre, mentre per Vucetich – un geniale eclettico a tutto campo, di cui bisognerebbe riparlare – l’esperienza futurista fu una semplice “sbandata” giovanile, prontamente rinnegata.

 

 

Tullio Crali

Festa tricolore in cielo

olio su tela, 1986

collezione privata