LOTTARE PER LA LIBERTÀ SUL TATAMI

CINEMA

LOTTARE PER LA LIBERTÀ SUL TATAMI

di Stefano Crisafulli

Zar Amir e Guy Nattiv sul Red carpet di Venezia 80 col loro film Tatami

 

Solo alla Mostra del Cinema di Venezia, senza nulla togliere ad altri festival, ci si può immergere nel mondo del cinema in modo così profondo e totalizzante. Il Lido si trasforma così in un’isola galleggiante separata dal reale, che però viene rielaborato e restituito in forma artistica dalla creatività filmica autoriale e dalla capacità di attori e attrici. Ed è stato così per uno dei film visti per l’occasione, sabato 2 settembre alla Sala Darsena, nell’ambito della sezione Orizzonti: Tatami di Guy Nattiv e Zar Amir Ebrahimi. Si tratta di un’opera diretta a quattro mani da un regista israeliano e da una regista e attrice iraniana, che sin da questo accostamento vuole scardinare sia in senso artistico che politico il tabù dell’inimicizia tra i due popoli. Sì, perché il governo iraniano considera lo Stato di Israele un acerrimo nemico, anzi, il diavolo per antonomasia, tanto da dover evitare qualsiasi forma di contatto con persone che provengono da lì, sia pure per eventi sportivi di rilievo.

La storia del film, infatti, è ispirata a un fatto realmente accaduto: nel corso di un campionato mondiale di judo, che nella finzione si tiene a Tbilisi, in Georgia (dove del resto si sono effettuate in gran segreto le riprese), un’atleta iraniana di nome Leila (interpretata da Arienne Mandi), allenata dalla ex campionessa Maryam (Zar Amir Ebrahimi), sta andando molto bene alle qualificazioni, sino a quando riceve pressioni da elementi della propria federazione per fingere un infortunio e abbandonare il torneo. Il motivo è che un’atleta israeliana sta facendo lo stesso percorso positivo e quindi Leila potrebbe ‘rischiare’ prima o poi di affrontarla, magari in semifinale o in finale. Solo che Leila, appoggiata dal marito e dalla famiglia, è determinata ad andare fino in fondo. La sua allenatrice, invece, dopo qualche debole resistenza iniziale, vorrebbe convincerla a ritirarsi, anche a causa delle minacce sempre più violente fatte da membri della federazione nei confronti dei suoi familiari. Il film si struttura come un thriller, in un bianco e nero che funziona molto di più del colore nel descrivere la progressione drammaturgica dei personaggi, utilizzando un crescendo di tensione che si mantiene tale sino alla conclusione. Che non riveleremo, ovviamente, anche perché la speranza è che il pubblico italiano possa vedere questa potente e necessaria opera civile nelle sale cinematografiche.

Una scena dal film Tatami

Il dilemma etico che sottende la trama si sviluppa, infatti, in modo da renderlo universale: che cosa faremmo noi, al posto di Leila? Andremmo avanti, con il pensiero terribile che i nostri affetti possano essere imprigionati, torturati o uccisi? Che la nostra carriera o la vita stessa possano essere in pericolo? L’Iran di oggi, come dimostrano le proteste soffocate dagli arresti e dalle esecuzioni dopo la morte di Masha Amini, la ragazza che è stata catturata e uccisa solo perché portava il velo in modo considerato ‘non consono’, è purtroppo quello raccontato da Nattiv e Ibrahimi, anche se la società civile, gli sportivi come la pugile Sadaf Khadem, e gli artisti, come i registi Jafar Panahi e Saeed Roustaee, stanno continuando a portare avanti il desiderio di cambiamento e di emancipazione delle donne. L’applauso avvolgente ai protagonisti e ai registi di Tatami, scoppiato in sala a fine proiezione, sta lì a ricordarci come tutto questo non debba cadere nell’oblio.