O melhor ShorTS do mundo

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La diciasettesima rassegna dei “corti” a Trieste

Scegliere il meglio del meglio non deve essere stato facile, ma per fortuna i premi in palio erano tanti

di Anna Calonico

 

Se vi chiedessero qual è secondo voi il suono più bello del mondo?

Cosa rispondereste? La canzone preferita, il motore della vostra moto, la voce di vostro figlio, lo strappo di una carta da regalo, un applauso che vi viene offerto dopo un successo, il timer del forno con la torta pronta, il cinguettio degli uccelli, il battito del cuore del vostro amato mentre lo abbracciate, lo squillo del telefono mentre eravate in trepida attesa, la risata di un amico, Bruno Pizzul che grida “gol”?

Qualunque sia la vostra risposta, concorderete che si tratta di una risposta data con il cuore, e questa è la motivazione per cui la giuria della XVII edizione di ShorTS International Film Festival ha premiato il brasiliano Pedro Paulo de Andrade per il suo O melhor som do mundo: “Il messaggio d’amore è grande”.

Ma andiamo con ordine: per la diciassettesima volta questo festival cinematografico ha intrattenuto il pubblico triestino sotto le stelle (e i gabbiani) di piazza Verdi e al cinema Ariston, risultando ancora una volta un appuntamento graditissimo, ben organizzato e coinvolgente. Per nove giorni siamo stati affascinati, divertiti, commossi, inquietati, rapiti, impressionati, svagati, turbati, incantati da ben 94 cortometraggi e sette “nuove impronte”, per non parlare della rassegna SweeTS4kids dedicata ai più piccoli, gli otto documentari di Andrea Segre e tutti gli “extra”. Ce n’era per tutti i gusti, sono stati affrontati i temi più vari anche se, naturalmente, tra i classici come l’amore, la morte, la famiglia, la guerra si è puntato su tematiche attuali come il razzismo e l’omosessualità, ma in genere sull’accettazione del “diverso”. I paesi in gara con i loro lavori erano quasi una trentina e si sono aggiudicati un posto a ShorTS dopo una selezione tra circa 1400 cortometraggi; molti erano anteprime italiane, addirittura c’era un’anteprima assoluta (l’italiano Rubando bellezza, del trio Wetzl, Bagnoli, Biancardi, incentrato sulla famiglia Bertolucci); la maggior parte aveva attori veri e propri, ma molti erano anche i corti di animazione, tanto per rendere ancora più variegata questa kermesse: insomma, a Trieste è arrivato “o melhor”!

Scegliere il meglio del meglio non deve essere stato facile, ma per fortuna i premi in palio erano tanti: vincitore supremo è stato, appunto, O melhor som do mundo (premio Enel per il miglior corto in assoluto), invece il Premio Maremetraggio per il miglior corto d’animazione è andato ad Iraqi superman di Sajjad Abba “per la forza di un pugno nello stomaco. È una sfida vinta, un primo passo importante molto intimo e personale dai tratti essenziali a volte accennati che individuano le emozioni. L’idea, la lotta, l’amore rendono questo corto potente aldilà dei mezzi”. Per la miglior produzione risulta vincitore un corto duro e sincero: Hole del canadese Martin Edralin che ci sbatte in faccia “immagini quasi documentaristiche dai colori definiti che non temono le ombre colpiscono e fanno vivere l’esperienza senza edulcorarla con immediatezza insolita”. Bagni, dell’italiana Laura Luchetti ottiene però una menzione speciale: di tutt’altro genere, eseguito a cartoni animati con pupazzi buffi e teneri, ha colpito per la sua “semplicità sognante”: due opere brevi che non potrebbero essere più diverse, ma che riescono a far emergere grande umanità. Il premio per il miglior montaggio italiano viene attribuito a Quando a Roma nevica di Andrea Baroni che mette in luce la violenza dei sobborghi romani e l’intrecciarsi delle vite, mentre si aggiudica il premio Studio Universal per il miglior corto italiano Dove l’acqua con altra acqua si confonde di Gianluca Mangiasciutti e Massimo Loi, vincitori anche del premio Oltre il muro: “la narrazione lineare si fonde con un forte ribaltamento di prospettiva, che stupisce lo spettatore abbattendo il muro fra realtà e immaginazione, riportandolo ad una dimensione di libertà fanciullesca”. Onirico, inquietante ma divertente, pur nella sua serietà, quest’opera ha incuriosito notevolmente anche il pubblico che se fino ad un attimo prima della fine non sembrava particolarmente interessato alla semplicità del filmato, ad un tratto viene colpito da una rivelazione inattesa che lo lascia a sorridere perplesso.

Ma i premi non sono finiti: la carica dei 101 ragazzini dagli 8 ai 13 anni che formavano la giuria di SweeTS4kids ha premiato Paniek, opera olandese di Joost Lieuwma e Daan Velsink; le votazioni on line sul sito del quotidiano Il Piccolo invece hanno decretato vincitore il triestino Davide Salucci. Può sembrare una scelta campanilistica, ma il suo Il principe è stata davvero una visione divertente e originale, che fa riflettere oltre gli stereotipi.

Ma il pubblico di piazza Verdi, invece, cosa ha votato? La gente ha riso sinceramente e ha apprezzato la verità che si nascondeva dietro i luoghi comuni di Il potere dell’oro rosso. Il regista pugliese Davide Minnella aveva avvertito: il suo lavoro era ironico ma prendeva spunto dal quotidiano; c’è da sperare che adesso il quotidiano prenda spunto dal suo corto per il lieto fine.

Per quanto riguarda invece le opere prime che venivano proiettate al cinema Ariston la vittoria è andata a I talk otherwise di Cristian Capucci : “attraversando nove lingue, otto paesi e sette anni di lavorazione, I talk otherwise rappresenta un’opera poetica, una riflessione storica che scorre sul Danubio in un racconto dallo stile moderno e visionario. Con i postumi di Brexit nell’aria e la NATO che si riunisce oggi per rafforzare il contingente ad Est, il film di Cristian Capucci ci sembra oltre che un viaggio nell’animo europeo, un lavoro importante per riscoprire la gioia e il valore della diversità culturale in Europa, come vera ricchezza del continente e del Mercato Unico”. Il miglior attore risulta Corrado Sassi con un personaggio “complesso, ingenuo, a volte stralunato”: è lo zio Arduino in Arianna di Carlo Lavagna, mentre proprio l’interprete di Arianna, Ondina Quadri, vince il premio come miglior attrice, avendo affrontato con coraggio un personaggio difficile. L’opera prima più votata dal pubblico invece è stata I racconti dell’orso di Olmo Amato ed Samuele Sestieri; infine, gli ultimi due premi, premio della critica e miglior produzione, vanno entrambi a I cormorani di Fabio Bobbio, lungometraggio acclamatissimo e lodato in ogni sua parte, un omaggio a quella parte dell’esistenza che sta ancora in sospeso tra l’infanzia e l’adolescenza, tra la fantasia e la realtà.

Magari non tutti sono d’accordo con queste scelte, ma i partecipanti alla gara erano davvero tanti e, anche quelli che affrontavano uno stesso tema lo facevano in modo “diverso”: per esempio, il vincitore Hole, sulla disabilità e il bisogno di amore, appena visto mi ha ricordato un corto della sera precedente: anche Prends-moi di Anaïs Barbeau-Lavalette trattava la difficoltà e il desiderio di intimità in situazioni di svantaggio, ma chi andava in aiuto dei protagonisti era un infermiere che lo faceva per lavoro e anzi si chiedeva quanto fosse giusto farlo. Entrambe le opere, a mio parere, fanno riflettere e toccano nel profondo la sensibilità dello spettatore. Sempre sul tema dell’handicap colpisce anche La smorfia che inserisce in meno di venti minuti anche l’ironia e il colpo di scena finale: senza sottovalutare la serietà dell’argomento, l’italiano Emanuele Palamara lascia lo spettatore a riflettere con un sorriso amaro. Anche Unary (Luìs Avilès Baquero) parlava del diverso, della difficile accettazione di chi non è conforme alle regole: il protagonista, uscito dal carcere, trova un mondo che lo respinge e non gli permette nemmeno di portare avanti la routine più banale (viene cacciato da un supermercato). Anche qui, lo spettatore applaude un inquietante colpo di scena finale: il corto si chiude facendo vedere una stanza uguale a quella con cui era iniziato perché, non riuscendo a vivere nel mono libero, l’uomo preferisce costruire nella sua casa una stanza “rassicurante” come quella del carcere.

Molti corti, invece, parlano di infanzia, di adolescenza e di crescita, con tutte le difficoltà che comporta: My younger older sister (Leah Johnston) tratta lo shock duraturo di una ragazza che compiendo 19 anni si rende conto di essere diventata più vecchia della sorella maggiore, morta a 18 anni; Non senza di me il rapporto impossibile con un padre padrone che impone le sue scelte e la sua vita al figlio fino al tragico limite; Before the bomb (Tannaz Hazemi) vede una bambina farsi carico della casa e del fratellino per colpa di una madre incapace che scorda persino l’arrivo degli assistenti sociali: la bimba che fa l’adulta, pur strappando qualche sorriso per la sua naturale ingenuità, mette una profonda tristezza e una gran rabbia. Invece lascia un buon ricordo Rabie Chetwy (Mohamed Kamel) dove un padre che non sa come gestire da solo la figlia si accorge, dopo litigi e sospetti, che sta crescendo e decide di scusarsi e dimostrare le sue mancanze regalandole una boccetta di smalto che le lascia sul comodino mentre dorme: un gesto di assoluta tenerezza che manda un messaggio di positività e speranza, come in Alike (Daniel Martìnez Lara, Rafa Cano Mèndez) film a cartoni animati di grande dolcezza: cos’è giusto nella vita? Cosa bisogna insegnare ad un figlio? La risposta è davvero deliziosa: i colori, la musica, la natura, i sorrisi, gli abbracci. Anche il finale di Zawadi (Richard Card) è delicato e gradevole: nonostante la vita dura che lo costringe a raccogliere bottiglie tra i rifiuti, un bimbo trova la forza per comperare una cioccolata da dividere con l’amichetta del cuore. I bambini sono, nel bene e nel male, i protagonisti di questa edizione di ShorTS: Stag (Kevin Newbury), Fernweh (Ena Sendijarevic) e Den Lille Døden (Simon Tillaas) hanno come protagoniste delle ragazzine, Boogaloo and Graham (Michael Lennox) e La graine (Barney Frydman) due fratelli, Tuck me in (Ignacio F. Rodò) un bimbo che vuole essere rassicurato, The present (Jacob Frey) e O melhor som do mundo (Pedro Paulo de Andrade) un ragazzino alle prese con i suoi passatempi preferiti.

Una caratteristica di quest’anno sembravano essere i corti a finale aperto: il regista non faceva capire con certezza quale sarebbe stata la conclusione e restando nel dubbio lo spettatore era portato a riflettere ancora di più. Non sempre però questa tecnica è riuscita bene: in Carapace la tematica dell’incapacità di amare non decolla e non coinvolge, così la fine coglie davvero impreparati e impossibilitati a dare un giudizio; non convince nemmeno Otto (Salvatore Murgia, Dario Imbrogno) che in soli due minuti non offre sufficienti spunti, Gownojady (Agata Wojcierowska), troppo onirico per un tema così concreto, 5 segundos (David Gonzàlez Rudiez) che lascia un pochino infastiditi, e Obiekt (Paulina Skibinska), forse troppo “di nicchia”. Molto divertenti, invece, Help point (AndrewMargetson), il brevissimo Une poignee de main historique (Aurèlien Laplace) sulla storica stratta di mano tra Rabin e Arafat in presenza di Bill Clinton, e Sous les soutanes (Michel Zarazir) che senza cattiveria ma con tanta ironia ha voluto essere irriverente nei confronti delle cariche ecclesiastiche.

Un corto che, a mio parere, meritava qualche menzione è l’americano Zelos (Thoranna Sigurdardottir), l’ultimo ad essere proiettato, che parla di un clone ordinato a domicilio: l’altra donna è proprio uguale alla protagonista, che finalmente può sdoppiarsi e lasciare alla sua “altra me” le incombenze domestiche per poter essere libera di vivere al meglio la sua vita. Peccato, però, che il suo doppio sia una persona proprio come lei, che può ottenere l’affetto di suo marito e dei suoi figli, peccato che vincendo una gara a cui teneva molto e a cui ha potuto partecipare relegando altri compiti alla sua “gemella” si renda conto che non è la sola ad aver acquistato un sosia. Torna a casa riflettendo su come questi “altri sé” abbiano invaso la vita di tutti, rendendo impossibile distinguere la realtà dalla copia, e resta allibita e senza parole ad osservare come, mentre si trovava occupata con qualcosa di per lei importante, la sua sostituta sia entrata nell’intimità della sua famiglia rubandole il piacere di una giornata “normale”.

ShorTS, del resto, è anche questo: divertimento ma anche riflessioni. Insomma, tante emozioni.