Per caute sopravvivenze

| | |

Un piccolo dizionario

di Malagigio

 

SANREMO

Quando erano chiusi in casa per il Covid, gli italiani cercavano di restare allegri: mentre i bimbi disegnavano arcobaleni, cucinavano torte e soprattutto cantavano canzoni dal balcone per la consolazione di sé, dei condomini e dei followers. E cosa cantavano? Azzurro (1968), Nel blu dipinto di blu (1958), ‘O sole mio (1898!) e naturalmente Vincerò, che in realtà s’intitola Nessun dorma (1926). Questo nel 2020: ora, davvero dal 1968 a oggi non è stata scritta nessuna canzone degna d’una cantatina dal balcone?

Occorre ragionare sull’estinzione delle canzoni: Francesco Guccini, dunque un esperto, in un’intervista ha confidato che non ascolta più canzoni per il semplice fatto che non ce ne sono più. Da tempo Guccini si è riciclato da cantautore a scrittore: una prova d’umiltà da lodare.

Intanto, ogni anno il Festival della canzone italiana, che tutti per sineddoche (contenitore per il contenuto) chiamiamo Sanremo, fa felice la RAI perché può dire che lo vedono tutti, tutti che poi sono 12 milioni di italiani su 60.

Sanremo è l’unica città al mondo che si chiama col nome di un santo scritto tutto attaccato. Lassù in paradiso, San Remo non se la prende a male perché sa di non esistere. È una storia lunga.

Gli abitanti dell’amena cittadina saranno strani ma non scemi: hanno come santo protettore San Romolo, che è stato un vescovo vero, e San Romolo si chiamava il paese. A un certo punto si sono ricordati che entro qualche secolo avrebbero dovuto fare un festival di canzoni: ma un Festival di San Romolo non avrebbe attirato neanche i cantautori di Genova, come si sa depressi, tendenti al suicidio e all’anarchia.

Il passaggio da Romolo a Remo è stato un provvido lapsus: come quello del senatore Berlusconi, che chiamò i primi maneschi fratelli romani Romolo e Remolo. Se, come Mediaset brama, Sanremo passasse a Canale 5, in onore del padrone si potrebbe sempre rinominarlo Festival di Sanremolo.

Questa baraonda sul nome della cittadina ospitante annunciava un destino d’eccezione: vivere di cose improbabili, come fiori, gioco d’azzardo, e naturalmente canzoni.

Il punto – lo notano tutti – è che, quando c’è Sanremo, giornali, social e tv non si agitano per le canzoni: ma per chi presenta, per l’ospite: come si conceranno, prenderanno a calci i fiori? ecc. Da un po’ a Sanremo le canzoni passano e svaniscono. Alla fine, tutti ricordano Morandi e Amadeus, che è un nome impegnativo (Mozart lo detestava), e si chiedono se ci saranno anche l’anno venturo. Pare che Amadeus sia per l’attuale governo un po’ troppo di sinistra. Questi critici però, invece di cianciare, potrebbero confezionare, se sono capaci, un presentatore nuovo, con dichiarate e oneste simpatie per Fratelli d’Italia: i tempi sono propizi. Auspichiamo che si faccia chiamare Johann Sebastian e che si dia da fare per un non più derogabile ritorno al contrappunto.

Torniamo alle canzoni: chi si ricorda chi ha vinto Sanremo tre anni fa (l’anno del Covid)? Difficile, vero? Ha vinto Diodato (tutto attaccato, come Sanremo). Ma che c’era già Amadeus lo sanno tutti. E quando vinse Modugno con Volare, chi presentava? Cosa vuoi che importi, direbbe chiunque. E Nilla Pizzi, quando cantò Lo sai che i papaveri son alti alti alti? Che anno era, e vinse o no, e chi presentava? Stessa giusta risposta.

Se invece oggi le cose stanno così, vuol dire che da anni 12 milioni d’italiani passano ore davanti alla tv a vedere un festival di canzoni inesistenti, come San Remo. Perché sotto la doccia, o al balcone, cantano sempre Neanche un prete per chiacchierar. – Sotto sotto, noi italiani diciamo ai nuovi cantanti di Sanremo la stessa cosa con cui liquidiamo il piazzista di surgelati: grazie, ma abbiamo la dispensa di canzoni già piena, ripassi tra un secolo. Pare che sia un fenomeno mondiale: dappertutto sono ancora a Imagine all the people…

Quanto al Sanremo di quest’anno, tutti riconoscono che il climax è stato il trio Morandi, Ranieri, Albano (230 anni in tre): quando hanno attaccato Andavo a 100 all’ora ye ye ye ye (1963), standing ovation.