Sorridenti ironie di Vladimir Bartol

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Patrizia Vascotto ci ha lasciato una traduzione esemplare dei Racconti umoristici, che osservano la società triestina ai tempi del Governo Militare Alleato

di Roberto Dedenaro

 

Ecco, è arrivato il caldo, l’afa, le zanzare, le notti in cui si fa fatica a dormire, insomma tutto quello che chiamiamo estate e soprattutto i libri sotto l’ombrellone, o meglio i libri sotto l’albero nel giardino di casa, visto il necessario distanziamento e tutto il resto ci consigliano un uso timoroso degli spazi esterni. Allora cosa può esserci di meglio da suggerire se non la lettura di racconti ironici ed intelligenti che si svolgono in uno dei periodi più complicati del dopoguerra triestino, cioè durante l’amministrazione alleata della città? Il libro in questione è uscito circa un anno or sono e per una ragione o l’altra se n’è parlato forse meno di quanto meriterebbe. Allora solleviamo il velo e chiariamo che stiamo parlando di Racconti umoristici triestini di Vladimir Bartol. Dobbiamo anche aggiungere che la traduzione del volume, circa duecento pagine, è di Patrizia Vascotto, l’ultimo suo preziosissimo contributo ad una cultura di reale collaborazione e scambio fra le comunità triestine. A quest’opera Patrizia aveva lavorato appassionatamente, fino agli ultimi giorni, aveva anche realizzato una passeggiata a San Giovanni sulle tracce di Bartol e forse questa sua traduzione non sarebbe rimasta l’unica opera di Bartol riscoperta, forse.

Vladimir Bartol, appunto, un autore da scoprire o da riscoprire, di cui esisteva prima di questi Racconti Umoristici, una sola altra opera tradotta in italiano, Alamut, romanzo del 1938, considerato il suo capolavoro, libro di grandissimo successo anche fuori dai confini locali, che si può acquistare, ultima edizione del 2017, da Castelvecchi; uno dei libri “triestini”, di più gran successo e diffusione, fra l’altro. La vita di Bartol, nato a Trieste nel 1903 e morto a Lubiana nel 1967 fu, per altro, una vita inquieta e avventurosa. Nato nel rione, allora un microcosmo separato dalla città, di San Giovanni, Bartol si formò a Parigi dove si laureò in psicologia alla Sorbona, poi visse fino allo scoppio della guerra tra Belgrado e Lubiana,. Partecipò alla guerra di liberazione contro il nazifascismo e alla fine del conflitto tornò a Trieste. Qui avrebbe voluto rimanere se dopo circa un decennio, le nuove autorità italiane, nel 1956 non avessero negato il permesso di soggiorno, costringendolo a spostarsi nuovamente a Lubiana città in cui risiedette fino alla morte. Un altro motivo d’interesse nel libro sta nel fatto che i quattro racconti che compongono il libro si svolgono in un periodo, quello dell’immediato dopoguerra, del Governo Militare Alleato di cui tutto sommato, a livello di opinione pubblica, si sa abbastanza poco e ancor meno sono le opere letterarie che vi sono ambientate.

Il libro di Bartol può contare su una bella ed esauriente introduzione storica di Piero Purich, che ci aiuta veramente ad entrare nel mondo che Bartol ci propone, fornendo anche alcune ipotesi che giustificano la scarsità di cui abbiamo appena detto.

Se vi sembra di non avere ancora ragioni sufficienti per acquistare questo volume e non vi bastano la splendida traduzione di Patrizia Vascotto, l’autore, Bartol da scoprire o riscopre, l’aspetto storico che lo rende quasi un unicum, ve ne forniamo una quarta, che è la più importante: i racconti stessi. I quattro racconti pubblicati per la prima volta nel 1957, almeno in traduzione si offrono con uno stile scorrevole e preciso, da racconto d’azione offrendo, però, un panorama sconfortante, attraverso la lente dell’ironia, della vita e dell’ambiente triestino degli anni quaranta-cinquanta. In tre su quattro dei racconti torna fra i protagonisti Mangialupi, un italiano di origine meridionale, untuoso arrivista che dà ragione a tutti per pura convenienza, mosso, sembra, dalla sola volontà d’arricchirsi, ma nemmeno chi si muove attorno sembra poi meglio, alcune volte già i nomi ce lo annunciano come l’artista Truffaldini, o l’esperto d’arte Furbarelli. Gli anglosassoni occupatori, futili, interessati e alla fine superficialmente estranei, ma anche il mondo slavo o sloveno ha i suoi difetti e le sue divisioni. Il memorabile personaggio del dottor Grad, chiuso nella sua vanagloria, nel suo anticomunismo, ha avuto, possiamo pensare, qualche modello reale, al pari di Jakomin Pertot, giornalista e messaggero di vocazione.

Era proprio così la città o almeno una parte, del G.M.A, una città di furbi avventurieri, pronti a cambiare opinione a ogni colpo di vento? Molto probabilmente in gran parte sì ed erano anche i motivi per cui a un triestino autentico come Bartol era stato negato il permesso di continuare a viverci, forse i Racconti umoristici si possono leggere anche come un’affettuosa vendetta, se mai esiste un tale ossimoro, ma al fondo è questo che traspare, un senso di appartenenza ad una comunità complessa e ferita, che l’ironia, invece di allontanare rende più vicina, quotidiana, potremmo dire. Questi Racconti umoristici si possono leggere, dunque, in diversi modi, e noi suggeriremmo di farlo, potendo, in tutti assieme: soprattutto come un libro umoristico dove si sorride dei vizi umani in un determinato frangente storico, come una testimonianza, seppur trasfigurata dall’essere letteratura, di un periodo, forse poco noto, della storia del Novecento triestino, una finestra per noi italiani, sulla vita della comunità slovena di Trieste, e in altri modi ancora. Perciò sotto il ciliegio che dà poche ciliegie del giardino, abbiamo letto volentieri i Racconti Umoristici di Bartol, abbiamo sorriso ma abbiamo anche pensato a quegli anni, che hanno segnato la vita di tante persone e anche quella di Bartol stesso.

 

 

 

Vladimir Bartol

Racconti umoristici triestini

Traduzione dallo sloveno di

Patrizia Vascotto

Comunicarte, Trieste 2019

  1. 224, euro 18,00