TFF 2021: Odissea nello spazio virtuale

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di Stefano Crisafulli

 

Diciamolo subito: il trentaduesimo Trieste Film Festival, che si è svolto interamente in streaming sulla piattaforma ‘Mymovies’ dal 21 al 30 gennaio, dovrà, auspicabilmente, rimanere un’eccezione dovuta a cause di forza maggiore. Le cause le sappiamo: il virus, l’emergenza sanitaria e le chiusure conseguenti che hanno sigillato le porte di cinema e teatri per un lungo periodo (e continuano a farlo) e quindi la soluzione, volendo mantenere più o meno le stesse date di sempre, non poteva che essere quella messa in campo dai direttori Fabrizio Grosoli e Nicoletta Romeo, i quali hanno comunque annunciato che in primavera ci sarà una coda fisica del festival dedicata alla retrospettiva sul trentennale dell’inizio delle guerre balcaniche (anche se un delizioso assaggio lo abbiamo già potuto gustare con il film di apertura, Underground di Emir Kusturica, e il film di chiusura, Lo sguardo di Ulisse di Theo Anghelopulos). Ma il cinema non può che essere in sala. Certo, gli spettatori del festival hanno potuto vedere molti film interessanti dell’Est e del Centro Europa, come avviene per ogni edizione, eppure la modalità di visione, non essendo la stessa, ha notevolmente modificato anche la qualità della fruizione e la dimensione sociale dell’evento. Perché, con tutto il rispetto per il grandissimo lavoro di organizzazione che è stato fatto dallo staff, c’è stata una perdita netta sia dell’una che dell’altra.

La qualità di visione dipendeva, ovviamente, dalla dotazione tecnologica di ogni singolo utente e quindi esulava dalla responsabilità degli organizzatori, ma questo ha portato a delle disparità dovute, ad esempio, all’efficacia della connessione o alla grandezza dello schermo casalingo. La dimensione sociale, poi, è stata quasi azzerata proprio dalla pandemia (se non vogliamo chiamare socialità il surrogato comunicativo via internet con ologrammi di parenti, amici e conoscenti) e quindi anche l’atto di vedere un film assieme ad altre persone in una sala è completamente saltato. Ma ciò che è mancato è proprio questo, assieme allo spostamento fisico verso i luoghi di proiezione classici del festival, che restituiva al pubblico la possibilità di uno stacco dalla quotidianità per entrare, fisicamente, in un mondo altro, fatto di immagini, certo, ma anche di persone in carne e ossa. Purtroppo non si è tenuto conto del fatto che l’aumento vertiginoso dello ‘smart working’ (che è tutto meno che ‘smart’…) avrebbe potuto provocare una crisi di rigetto (e in parte l’ha fatto, per quanto mi riguarda) a causa di un’ulteriore porzione della propria vita, sia pure dedicata ad un evento artistico, passata davanti a uno schermo di computer.

Dopo queste (amare) riflessioni, che non tolgono nulla alla grande qualità dei titoli presentati quest’anno, non resta che dare i nomi dei film che sono stati premiati durante la serata conclusiva. Il Premio Trieste assegnato dalla giuria al miglior lungometraggio in concorso è andato a Beginning della regista georgiana Dea Kulumbegashvili, che ha vinto, dunque, la 32esima edizione del Trieste Film Festival. Il premio Alpe Adria Cinema al miglior documentario in concorso è stato assegnato a Acasa, my home di Radu Ciorniciuc. Il premio al miglior cortometraggio in concorso è andato a Beyond is the day di Damian Kocur. I premi del pubblico sono andati a: Father (Otac) di Srdan Golubovic (miglior lungometraggio e anche Premio CEI); Town of glory di Dmitrij Bogoljubov (miglior documentario) e Love is just a death away di Bára Anna Stejskalová (miglior cortometraggio). Il Premio SkyArte è stato assegnato a Le regard de Charles di Marc di Domenico e il Premio Corso Salani 2021 a Ultimina di Jacopo Quadri.