TRIESTE E TANTE DONNE

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A Palazzo Costanzi un’antologica “rosa” per Ugo Borsatti

Storia e femminilità narrate da un obiettivo

di Anna Calonico

Una fotografia, spesso, vale più di mille parole.

Basterebbe, ad esempio, la foto del bacio in stazione nel 1954: una ragazza in lacrime sta salutando il suo soldato che parte con i commilitoni americani. Altri due militari, sulla banchina, la sollevano sino al finestrino e i due si scambiano le ultime effusioni. Ugo Borsatti, fotografo triestino, è presente a quel bacio e riesce a immortalarlo nella foto che campeggia sulla copertina di questo numero del Ponte rosso. All’inizio sembra uno dei tanti baci d’addio: le truppe militari inglesi e americane in quei giorni stavano lasciando Trieste dopo oltre nove anni di amministrazione e scene come quella in stazione centrale non erano insolite, ma quella foto ebbe un lungo seguito. Quattro anni dopo, un cliente dello studio fotografico riconosce due zii nei protagonisti di quel bacio esposto sul bancone: sono la zia, triestina, e lo zio Jim, sposati, abitano in California, e il mese successivo arriveranno a Trieste. Il fotografo incontra così i due amanti e la loro storia, con quella foto, comincia a girare, prima nei giornali locali e poi in quelli nazionali e americani. Sarà una giovanissima Antonella Clerici ad intervistarli a Roma per un programma televisivo, segnando un’amicizia tra Borsatti e gli sposi che ancora oggi resiste, nonostante la scomparsa di Graziella. La storia di un amore d’oltre oceano, la storia di tre vite che si sono prima sfiorate e poi legate indissolubilmente, la storia di un lavoro, quello di fotografo, che continua: all’inizio dell’anno è uscito infatti un nuovo libro fotografico, Leica e le altre, mentre ai primi di marzo è stata inaugurata a Palazzo Costanzi una mostra con una selezione di una trentina di fotografie.

S’intitola, con chiaro riferimento alla silloge di Umberto Saba, Trieste e una donna perché le protagoniste sono due: la donna, naturalmente, in tutte le sue sfaccettature: eleganti attrici e popolane che lavorano, ragazze allegre e anziane con le lacrime agli occhi. E poi Trieste, visto che le istantanee in esposizione sono tutte legate alla città e rappresentano ognuna un pezzettino della sua storia. La storia vista attraverso volti femminili, come sottolinea Ornella Urpis, presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Trieste che ha voluto e realizzato la mostra, e vista attraverso la sensibilità di un uomo che ha saputo ritrarre con la stessa precisione Sofia Loren, bellissima, ospite d’onore al teatro Verdi sotto lo sguardo ammaliato di Marcello Mascherini; o una signora, anonima, che durante una gran mareggiata nel 57 cammina lungo il molo Audace affondando scarpe e polpacci nell’acqua alta, incurante degli spruzzi alzati dal vento. Entrambe, nel loro piccolo, ricordano una giornata particolare degli ultimi sessant’anni del capoluogo. La donna con i colombi, invece, ricorda sia una quotidianità tutta triestina, sia un momento storico nazionale: alle sue spalle, i manifesti gridano “domenica 28 marzo la parola al popolo: referendum sul divorzio”. È il 1971, e appena cinque anni dopo un’altra stampa ricorda un episodio importante della società non soltanto locale: nel 76 si svolge nella città la prima grande manifestazione femminista e Borsatti inquadra in primo piano una ragazza giovane, dal viso fresco e pulito e il sorriso aperto: regge un cartello con il classico slogan “L’utero è mio e me lo gestisco io” e i suoi capelli al vento ricordano l’entusiasmo che si poteva provare nel vivere un momento storico decisivo per i diritti delle donne. Trieste, poi, si fa storia nazionale con l’arrivo di Togliatti nel ’55 allo stadio Grezar, ma nella foto in mostra, scattata con una Rollei e stampata su tutti i giornali con il titolo Il malore del Migliore, è ancora una donna, Nilde Jotti, a rubare la scena: sta sostenendo il compagno debole dopo il comizio, e dimostra la sua forza, la fedeltà, l’importanza della sua presenza.

Su una parete di Sala Veruda c’è una carrellata di donne famose, come Silvana Mangano che nel 58 vorrebbe passare il confine per interpretare La tempesta in Iugoslavia: ha un volto limpido, deciso ma dolce. Nella sua fascinosa semplicità soltanto due oggetti distraggono l’attenzione del visitatore dallo sguardo di lei, perso lontano dall’obiettivo: una sigaretta accesa nella mano sinistra e la collana con quattro fili di perle trasparenti. La poetessa triestina Lina Galli viene ritratta a colloquio con un giovane Fulvio Tomizza, in una bella immagine che trasmette franchezza e interesse, Milva invece è fermata dall’obiettivo mentre canta nel ’59 dopo la sua vittoria al concorso “Voci nuove”. Per non parlare della Cardinale, di una bellezza altera come quella della protagonista di Senilità per la cui anteprima era ospite al Verdi nel 1962.

Sul lato opposto, spiccano la grande immagine del bacio in stazione e quella di una ginnasta rumena a Grado che, su richiesta di Borsatti, scatta un salto da ferma: il risultato è un capolavoro, non soltanto di atletica. Nel suo volo verso l’alto, in una perfetta posa plastica, la ragazza riesce a voltarsi verso il fotografo e a sorridergli: egli stesso ammette che tra i suoi tanti lavori che predilige c’è anche questo, proprio per quel sorriso naturale che sembra provenire da una ragazza seduta tranquillamente sul divano.

Restano nella mente anche tutte le istantanee sulle donne negli anni 50: la fioraia che nell’attesa dei clienti legge il quotidiano locale, le donne del latte che camminano a passo spedito lungo la strada e segnalano la loro intenzione di svoltare alzando il braccio sinistro, oppure le donne nella neve, anche loro con bidoni del latte ed enormi zaini; le venderigole in piazza Ponterosso, sferzate dalla bora ma intente a soddisfare le clienti, o ancora le mussolere, ormai “estinte” venditrici dei gustosi molluschi. Anche per questi scatti si può parlare di Trieste come protagonista della mostra: sono immagini che rappresentano una città che non c’è più se non nel passato di chi l’ha vissuta, ma grazie a queste fotografie i ricordi di alcuni diventano visibili a tutti. Ancora un fotogramma di storia: uno scatto del ’58 ha colto una ragazza in bikini. Si tratta di uno dei primi visti a Trieste, e Borsatti nel commentarla ricorda come in quegli anni alle donne fosse vietato persino andare in bicicletta in calzoncini corti!

E che dire delle foto degli anni più drammatici di Trieste? Nel 54 Borsatti si trova a riprendere un soldato inglese che nei dintorni di Muggia segna il nuovo confine: accanto a lui, una donna anziana è in lacrime perché ha appena visto dividere in due la sua casa, e quel dolore nascosto da un fazzoletto vale davvero più delle pagine scritte da tanti storici sull’argomento. Gli si contrappone la folla davanti alla Prefettura, nello stesso anno: il 26 ottobre le truppe italiane rientrano dopo undici anni di incertezza e di dominazione straniera e una ragazza del pubblico, sollevata in alto, esprime tutto il suo entusiasmo con un largo sorriso di gioia. Ancora nel 54, in viale Miramare, viene fermato su pellicola l’incontro di un gruppo festante che va incontro all’esercito italiano che ha passato il vecchio confine di Duino. Tra la gente spiccano alcune donne: una con l’impermeabile nero e un’espressione radiosa, una vestita di bianco con la bandiera tricolore in mano, altre due, di età differenti, che avanzano tenendosi abbracciate; tutte hanno in comune grandi sorrisi. Altre lacrime, invece, si trovano in uno scatto di due anni dopo: si tratta della partenza per l’Australia della nave “Flaminia”. Sul molo restano, numerosi, i parenti e gli amici: alcuni sorridono, altri sono preoccupati, molti, sapendo che l’Australia si trova quasi in un altro mondo, piangono. Anche qui, ad attirare l’attenzione è un volto femminile, quello di una donna anziana che sa bene, quindi, di non poter più rivedere i suoi cari. Si potrebbe descrivere questa situazione con parole come “tristezza”, “angoscia”, “paura”, invece Borsatti ha usato soltanto un “clik” sulle lacrime di una madre.

Molte di queste fotografie erano già state pubblicate in Ugo e noi e nell’ultimo libro, Leica e le altre, con un’introduzione di Claudio Ernè intitolata significativamente “Un racconto per non dimenticare”. La Leica in questione non è una donna, ma è comunque uno degli amori di Borsatti: si tratta infatti di una delle sue macchine fotografiche, che troviamo anche in esposizione: piccolina, ma importante, ricorda anni in cui il lavoro di fotografo significava ore di camera oscura. Proprio con quella Leica sono state scattate alcune delle riproduzioni esposte che mettono in luce tanti aspetti della femminilità e, allo stesso tempo, la “scontrosa grazia” di cui parla Saba in una delle poesie della raccolta dalla quale è tratto il titolo della mostra: ne sono un’ultima testimonianza il ritratto nella vecchia birreria Dreher, per tanti anni frequentata da gente di ogni estrazione sociale e di ogni età, che proprio in primo piano ci fa vedere due signore mature, serie ma eleganti, quasi “preziose”; e, altrettanto distinte, anche se con abiti semplici, tre ragazze belle nella freschezza dei loro vestiti, ma senza alcun sorriso. Contrapposto a pose tanto morigerate si trova invece il salto gioioso in piazza Unità di Silvana Pampanini e Paolo Gozlino. Anche se è lui in primo piano, è soprattutto l’attrice recentemente scomparsa, con la sua bianchissima risata e una mano in alto quasi a raggiungere il piccione in cielo, a portare un’aria solare alla fotografia: la gravità delle signore in birreria e delle tre fanciulle viene scardinata da un salto che sembra quasi un volo, nel più tipico scenario triestino, che è anche motivo ricorrente nella poetica di Ugo Borsatti.

 

Le immagini che corredano questo articolo sono conservate presso i Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste – Fototeca – Archivio Borsatti – Proprietà Fondazione CRTrieste

 

Claudia Cardinale

all’ anteprima al teatro Verdi del film Senilità

28 febbraio 1962