Tutti al mare

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Fra turismo e navigazione, l’immagine del mare nella Venezia Giulia e in Dalmazia

 

 

Fin da quando l’Adriatico si chiamava Golfo di Venezia, ma anche molto prima, le popolazioni che abitavano la sua sponda orientale avevano imparato, da secoli, a trarre dal mare occasioni di lavoro che spesso segnarono la sopravvivenza, ma anche il florido arricchirsi di una parte almeno degli abitanti della costa: erano attività legate alla pesca, alle saline, alla costruzione e riparazione d’imbarcazioni, al piccolo cabotaggio, al commercio verso paesi limitrofi o anche molto lontani. In epoca più recente, negli anni a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo, iniziò a prendere piede anche un’ulteriore forma di sfruttamento delle risorse marine, quella legata alla balneazione, che oggi costituisce per molte località costiere la risorsa principale dello sviluppo economico. Parallelamente al rapido sviluppo del turismo balneare, per far fronte alle accresciute esigenze di mobilità delle persone, si incrementò in quelli stessi anni il trasporto passeggeri via mare, ulteriore fonte di reddito sia grazie allo sviluppo dell’industria cantieristica che all’allargarsi delle esigenze di personale nella marineria.

Una mostra vivace e interessante organizzata dall’I.R.C.I., (Istituto Regionale per la Cultura Istriano Fiumano Dalmata) in collaborazione con la Modiano S.p.A., curata da Piero Delbello, esibisce fino al prossimo 16 ottobre nelle sale del Civico Museo della Civiltà istriana, fiumana e dalmata di Trieste una documentazione straordinariamente ricca e articolata, composta da fotografie d’epoca, manifesti pubblicitari, depliant, menù, cartoline, dipinti, disegni e bozzetti, un patrimonio documentale che accompagna il visitatore in un accattivante percorso che, partendo dalla laguna di Grado, segue le coste istriane, da Portorose (“Stazione climatica e balneare. Bagni di spiaggia – Stabilimento di cura. Bagni d’acqua madre salso-iodici… “ come recita il cartiglio di un manifesto di Argio Orell del 1920) a Brioni, che aveva ritrovato negli anni Venti e Trenta l’antico fascino che già in epoca romana ne aveva fatto il buen retiro di fortunati patrizi; quindi Pola, capitale dell’Istria e, affacciandosi sul Carnaro, ormai in prossimità di Fiume, Abbazia, “perla della riviera adriatica”, meta ambita di nobili e ricchi borghesi austriaci e magiari in epoca asburgica, che ha saputo rigenerarsi dopo la tragedia del primo conflitto mondiale, fino a risorgere negli anni Trenta come una delle più rinomate località balneari dell’Alto Adriatico. E poi, naturalmente, le isole, a partire da Lussino, preludio alla costa dalmata. L’itinerario qui esposto è naturalmente riassuntivo, perché mancano all’appello decine di località “minori”, che tali non sono per chi ne fa – anche oggi – meta di una vacanza “mordi e fuggi” o di più lunghi fortunati soggiorni estivi.

Il periodo esaminato si estende su mezzo secolo di storia recente, com’è programmaticamente dichiarato dal titolo dall’esposizione: “Mare. Fra turismo e navigazione, l’immagine del mare nella Venezia Giulia e in Dalmazia”.

Se in molti casi, dolorosamente, sono andate perdute le tracce di quella “belle epoque” nella facciate liberty che la contraddistinsero, spazzate via da due guerre mondiali e poi dalla prolungata presenza di un regime non sempre rispettoso della tutela dovuta ai beni architettonici e paesaggistici, la sopravvivenza della carta rispetto alla pietra ben ci consente oggi di ricordare con limpida precisione tutto il fascino di quegli incantamenti con i quali i nostri nonni si lasciavano irretire dalle malie della nascente industria della pubblicità.

Accanto alle fotografie che narrano di una società abbronzata e a mollo, all’interno di una visione salutistica che magnificava le risorse dei bagni di mare e di sole, anche mettendo in campo nuove scienze o prassi mediche, quali la talassoterapia, la mostra triestina presenta l’opera di grafici e pittori, richiamati da una committenza che si procurava attraverso il loro lavoro ulteriori profitti. Questi artisti si sono cimentati nella produzione di manifesti, depliant, bozzetti, crescendo ovviamente di numero e d’importanza via via che progrediva l’espansione del settore, fino alla Grande guerra e poi a ripartire dagli anni Venti. Nomi di artisti celebrati e tuttora richiesti famelicamente dal mercato, quali Glauco Cambon ,Guido Grimani, la genovese Adelina Zandrino,Vito Timmel, Aldo Raimondi, Argio Orell,grafici e illustratori di fama, quali Plinio Codognato, Gigi Vidrich, Leopoldo Metlicovitz, Urbano Corva, Edoardo Ricci, Antonio Quaiatti, l’austriaco Franz Lenhart, ma molti sono qui omessi per mere ragioni di spazio.

La mostra, comunque, può essere goduta con un occhio alla storia dell’arte, vivacissima nel periodo considerato, con opzioni di gusto che variano dal realismo naturalista al post-impressionismo, dal déco, al futurismo, dal cubismo al costruttivismo, ma il visitatore può adagiarsi anche nel vento di una immaginaria crociera, lasciandosi cullare dalle onde della contemplazione di paesaggi tra i più adescanti, o a quelle della nostalgia.

In fin dei conti, anche ora, l’estate sta finendo.

Walter Chiereghin

 

 

Didascalie:

 

 

Fig. 1

Argio Orell

Portorose

Manifesto

Istituto italiano di Arti grafiche

Bergamo, 1920