1776? Ma no, 1619!

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Una nuova Storia delle origini degli Stati Uniti

di Charles Klopp

 

  1. Tutti sanno che questa data è quella della fondazione degli Stati Uniti d’America. Ma forse no. Forse la data della sottoscrizione della Costituzione dalla parte dei padri fondatori a Filadelfia non è quella giusta per segnalare l’inizio della nuova nazione nordamericana. Una ragione importante per spostare indietro la data dell’inizio della nazione parte dalla costatazione tanto sconcertante quanto importante che la nazione americana è, nelle parole del libro recensito qui, «una repubblica fondata sui principi di libertà e di uguaglianza in cui un quinto della sua popolazione era tenuta in schiavitù» (p. 427). È su questa contraddizione moralmente e intellettualmente scomodissima per molti cittadini statunitensi che si basa il Progetto 1619, un’iniziativa che richiede che il crudele e secolare sistema della schiavitù di milioni di abitanti del paese sia riconosciuto di fondamentale importanza per tutta la storia americana.

Il Progetto 1619 ebbe inizio quattrocento anni esatti dopo l’anno in questione, nell’agosto del 2019, quando il New York Times pubblicò nel suo supplemento domenicale, Il New York Times Magazine, alcuni articoli di storici e giornalisti, di cui molti di colore e alcuni discendenti di individui provenienti dall’Africa e in America tenuti in schiavitù. Questi saggi e altri componenti del supplemento illustravano e discutevano da punti di vista diversi il razzismo storico, ma anche perdurante negli Stati Uniti dal periodo precedente l’unificazione delle colonie britanniche fino ad oggi con l’elezione di Donald Trump e l’assassinio a Minneapolis di George Floyd. La prima pubblicazione del Progetto fu distribuita largamente a New York e altrove ed era seguita da un podcast sullo stesso argomento e dalla disseminazione di materiali didattici destinati alle scuole. Poi, nel 2021, uscì il libro A New Origin Story. The 1619 Project (New York, One World Press/Random House), che raccolse gli articoli originali del NYTM insieme ad altri pensati espressamente per il volume. La nuova pubblicazione accoglie diciannove saggi scritti da professori e giornalisti, più 36 poesie e brani di prosa, 35 brevissime notizie storiche organizzate cronologicamente, e diciotto fotografie sincronizzate con gli argomenti trattati. Ci sono 55 pagine di note. Il tutto è dedicato ai «più di trenta milioni discendenti della schiavitù americana» (v).

La nuova pubblicazione, come tutto il Progetto, sostiene che la vera storia degli Stati Uniti sia cominciata nell’anno in cui per la prima volta una nave pervenuta in America dall’oceano Atlantico sbarcò nella colonia di Virginia una ventina di uomini, donne, e bambini africani destinati tutti ai lavori forzati nelle vaste tenute agricole nelle zone meridionali di ciò che sarebbe diventato gli Stati Uniti. Cominciando nel Seicento e continuando negli anni successivi, gli abitanti bianchi delle colonie, e non solo quelle del sud, derivavano la loro prosperità dallo sfruttamento prima di individui presi per forza alle coste orientali dell’Africa e trasportati in America e poi, dopo la fine dei traffici atlantici nel 1808, allevati da coloro che li possedevano come se fossero animali invece di uomini e donne. Ma questa è solo una parte del messaggio del libro. Secondo il Progetto, gli americani neri che per tanti anni sono vissuti e hanno lavorato prima nelle colonie e poi nella nazione (senza, nei primi anni essere pagati per i loro lavori) non sono stati soltanto dei massimi creatori delle ricchezze americane, sono forse gli unici americani che abbiano veramente creduto — magari ingenuamente — nel “Sogno americano.” Tanti di loro si sono sacrificati per permettere che il paese si muovessi verso la realizzazione di quel sogno anche se loro sarebbero stati fisicamente ed economicamente esclusi dai beni sognati. I neri americani non solo hanno lavorato duramente e per lunghi anni per costruire l’America senza una dovuta remunerazione, essi hanno partecipato in tutte le guerre americane, dalla Guerra Rivoluzionaria per la liberazione dall’Inghilterra alla Guerra Civile che avrebbe posto fine alla schiavitù formale, fino ai due conflitti mondiali e le guerre nella Corea, nel Vietnam, e altrove. Senza i neri, sottolinea il libro, l’America non sarebbe stata la nazione che è, nel bene o nel male. Creatori e creatrici, quindi, di una nazione e di una cultura dove per tanto tempo non avevano il diritto di votare, di servire in una giuria, perfino nei primi tempi, di sposarsi, rimanere insieme ai loro bambini e alle loro famiglie, possedere terreni o armi, addirittura imparare a leggere e scrivere, anche se molti lo fecero clandestinamente e a dispetto dei divieti.

Ancora oggi, con tutti questi diritti elementari assicurati almeno dalle leggi, rimane sempre tanto da fare come ribadiscono con grande forza i diciannove saggi del volume. Essi includono un saggio introduttivo scritto da Nikole Hannah-Jones, curatrice del libro e autrice dei due saggi che aprono e chiudono il volume intitolati, rispettivamente, Democrazia e Giustizia, due contributi che offrono delle prospettive comprensive delle direzioni prese dai saggi degli altri collaboratori. Questi hanno i titoli Razza, Zucchero, Paura, Espropriazione, Capitalismo, Politica, Cittadinanza, Autodifesa, Punizione, Eredità, Medicina, Chiesa, Musica, Assistenza sanitaria, Traffico, e Progresso; sono tutti focalizzati su problemi di grande attualità come pure di grande problematicità. Per la maggioranza di questi saggi è chiaro già dai titoli quali sono gli argomenti trattati, ma in alcuni casi forse conviene fornire spiegazioni. Zucchero, per esempio, è una discussione della cultura e della lavorazione dello zucchero di canna in tenute agricole nello stato di Louisiana, un’attività tanto pericolosa per gli uomini, donne, e bambini che lavoravano nei campi e nelle imprese quanto fonte di grandi profitti per i bianchi che erano i proprietari non solo dei campi ma anche della gente stessa che ci lavorava. Traffico, per parte sua, dimostra come le abitazioni della città di Atlanta nella Georgia sono state appositamente divise in zone in maniera da tenere i suoi abitanti neri ad una distanza dai bianchi come pure da molti posti di lavoro, costringendoli a vivere in ghetti urbani forniti di scuole e di altri servizi sociali di qualità inferiore a quelli altrove nella città, con il risultato, fra tanti altri, di creare feroci congestioni giornaliere del traffico cittadino che mettevano a disagio tutti gli abitanti della metropoli e dei suoi sobborghi. Di particolare interesse, inoltre, per coloro che seguono la storia culturale e artistica americana è il saggio sulla Musica che mette in evidenza non solo il predominio della musica di origine afroamericana in tutto il mondo, ma dimostra come questa musica sia stata spesso appropriata da musicisti bianchi e sviluppata storicamente perfino da musicisti neri costretti nei primi anni delle minstrel shows a fingersi essi stessi “neri” colorando col trucco i volti di nero per corrispondere agli stereotipi idealizzati da un pubblico bianco. Anche oggi quando i minstrel shows e il blackface sono soltanto elementi di un passato per molti aspetti superato, non è detto che tutti i musicisti e cantanti contemporanei neri anche di grande successo siano riusciti a liberarsi totalmente dagli stereotipi creati e mentalmente coccolati dai bianchi.

Altri saggi forse un po’ meno originali per quanto riguarda gli argomenti considerati presentano delle notizie ormai tristemente note un po’ ovunque come l’assassinio di George Floyd e altri massacri e linciaggi di neri dalla parte di cittadini e autorità bianche. Certi contributi al volume che non piacevano a tutti i suoi lettori mettono in dubbio le reputazioni di non pochi dei padri fondatori del Paese, fra cui George Washington, Thomas Jefferson, e James Madison. Come si sa, molte statue dedicate a queste figure storiche insieme a quelle di militari e altri leader degli stati ribelli durante la Guerra Civile come Robert E. Lee e moltissimi altri sono state oggetto in tempi recenti di proteste, polemiche, e rimozioni dai loro piedistalli. Il libro fornisce ampia evidenza per le motivazioni di queste proteste.

Alcuni saggi mettono in risalto il fatto forse non conosciuto a tutti che in molte regioni del sud del paese, specialmente nel periodo coloniale, gli abitanti neri erano in maggioranza—il caso, ad esempio, della Carolina del Sud. Dalle loro posizioni minoritarie, ma sempre dominanti, i padroni delle terre dove si coltivavano il cotone, il riso, e il tabacco in queste zone stavano molto attenti ad un pur minimo suggerimento di ribellione da parte dei loro lavoratori e guardavano anche con sospetto gli inglesi e gli americani del Nord che erano favorevoli all’abolizione del traffico umano transatlantico con l’Africa. In un passo risultato controverso dai critici del libro, Nikole Hannah-Jones suggerisce addirittura che uno dei motivi della rivoluzione americana contro la Gran Bretagna nel tardo Settecento era, appunto, la paura che il traffico umano sarebbe stato soppresso dalle autorità inglesi. È stato per difendere questa pratica che almeno alcuni dei padroni delle terre e della gente che lavorava le terre pensavano che sarebbe stato meglio creare una nuova nazione indipendente, invece di vedere la schiavitù abolita e per questa ragione erano favorevoli dell’indipendenza dall’Inghilterra e la creazione di una nuova nazione.

Infatti in una prima versione il libro aveva suggerito che non solo una minoranza ma tutti o almeno molti possidenti di terre nel Sud auspicassero la Rivoluzione perché vollevano difendere l’istituzione della schiavitù. Queste asserzioni sono state criticate da storici e professori anche di rilievo. Altri hanno obiettato che il ritratto, qui insolitamente dissacratorio, del Presidente Lincoln non dipingesse l’autore della Proclamazione di Emancipazione del 1862 con sufficiente complessità. Mentre queste critiche in effetti favorivano la continuazione della discussione ed erano in questo senso reazioni positive, altre critiche attaccavano tutta l’iniziativa accusando il Progetto 1619 di avere come fine la corruzione dell’insegnamento della storia nazionale. C’erano stati addirittura tentativi, da parte di alcuni componenti del Congresso degli Stati Uniti, di proibire la discussione sul razzismo endemico nazionale da parte di insegnanti e professori nelle scuole e università. Si era cercato infatti di varare delle leggi federali in questo senso anche se, alla fine, queste iniziative non ebbero successo. Su queste stesse linee, nel settembre del 2020, il Presidente Donald Trump creò la 1776 Commission in opposizione ai suggerimenti del Progetto per una nuova storia delle origini nazionali. La relazione della Commissione fu divulgata al pubblico proprio il giorno della festa nazionale in onore di Martin Luther King, Jr., ma non ebbe un’accoglienza favorevole da parte di studiosi o del pubblico. In più, in aggiunta a queste critiche provenienti dalla destra politica c’erano altre che provenivano dalla sinistra. Queste erano mosse da un gruppo di storici di ispirazione marxista che obiettavano che l’insistenza sul razzismo come componente fondamentale per la storia americana non desse sufficiente importanza alla lotta di classe, che loro consideravano più importante dei dissidi fra bianchi e neri.

È chiaro, in ogni caso, che lo scopo del Progetto 1619 non sia tanto identificare ed accusare i colpevoli dopo i lunghi anni di soprusi spesso molto crudeli e disumani. Invece mira a documentare con chiarezza e tranquillità ciò che è successo, magari da prospettive nuove create da una nuova generazione di giornalisti e studiosi — donne e uomini di colore e non esclusivamente uomini bianchi come nel passato  — che non avevano partecipato nelle stesure delle storie tradizionali delle origini degli Stati Uniti. In questa maniera la curatrice e gli autori dei saggi, delle poesie, delle prose, e delle fotografie hanno cercato di aprire una discussione più allargata che si auspica provocatoria sì, ma anche produttiva dopo secoli di silenzio e disattenzione.

(Chi voglia leggere di più sul Progetto 1619 e le controversie che ne circolano intorno può consultare il seguente portale in lingua italiana: http://www.historialudens.it/didattica-della-storia/441-il-1619-project-riscrive-la-storia-degli-stati-uniti.html).

 

 

 

A New Origin Story

The 1619 Project

a cura di Caitlin Roper

Ilena Silverman e Jake Silverstein

One World Press/Random House

New York. 2021

  1. 1040, euro 35,60