8 MARZO Le salvate e la sommersa

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Il riscatto delle “Signore dell’Arte”, la sfortuna di Maryla Lednicka

di Roberto Curci

 

Tante mostre contro il Mostro. è ripartita la sfida al Covid di Comuni, musei, enti, istituzioni che non si sono rassegnati a chiudere bottega e per tempo hanno messo in cantiere fior di rassegne, con la formula del «nonostante tutto» e del «virus permettendo». Da Milano a Parma, da Venezia a Belluno e a Verona, il calendario 2021 degli eventi espositivi è fitto e ricco. Basterebbe il richiamo di Tiziano tra Belluno e Pieve di Cadore, o quello del Surrealismo alla Guggenheim di Ca’ Venier dei Leoni, a consolare quanti a lungo hanno scalpitato, snobbando la formula della mostra- in-streaming giocoforza invalsa e rivendicando il diritto all’emozione che solo l’approccio fisico all’opera d’arte può consentire. Una sfida, appunto. Una scommessa ancora aperta, viste le incertezze perduranti su tempi, cifre e prospettive.

Conforta, comunque, che tra i molti progetti giunti in porto vi sia una mostra che da troppo tempo si attendeva: “Le Signore dell’Arte a Milano (Palazzo Reale, fino al 6 giugno, almeno sulla carta). Riflettori su più di trenta artiste vissute fra ’500 e ’600 e su 150 loro opere, spesso autentici capolavori selezionati tra una settantina di prestatori pubblici e privati italiani (Uffizi, Brera) e stranieri. C’è spazio per una superstar quale ormai è giustamente considerata Artemisia Gentileschi, ma si ritagliano una bella presenza pure pittrici meno note, quali Lavinia Fontana, Elisabetta Sirani, Giovanna Garzoni, Sofonisba Anguissola, della quale – tra le molte opere presenti mai esposte prima d’ora – c’è una Pala della Madonna dell’Itria realizzata in Sicilia nel 1578 e alla sua prima uscita assoluta dall’isola.

Non basta. Trento punta su un’altra pittrice-outsider, Fede Galizia. Amazzone nella pittura. Per l’artista vissuta tra 1578 e 1630 il Buon Intento è quello di un omaggio al Castello del Buon Consiglio, a partire dal 2 luglio. Quanto l’arte del pennello debba alle donne lo confermano pure le scelte effettuate a Venezia per la mostra “Surrealismo e magia. La modernità incantata” (Collezione Peggy Guggenheim, dall’8 maggio). Tra i numerosi artisti rappresentati, accanto a mostri sacri quali Dalì, Ernst, Delvaux, Magritte, figurano infatti – e risultano riscattati da una diffusa sottovalutazione – i nomi di Leonora Carrington, Dorothea Tanning e Remedios Varo, né poteva mancare la presenza di Leonor Fini, con la sua emblematica Pastorella delle sfingi, un olio del 1941 di inquietante impatto in barba alle dimensioni minimali (48×38 cm).

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Di palo in frasca, ma nemmeno tanto. Parlando di arte al femminile, vien da rimpiangere che di un’artista novecentesca di gran talento e di gran successo, seguito da una sfortuna ugualmente grande, non si possa ipotizzare, con la miglior buona volontà, una mostra qualsivoglia. Per il semplice fatto che le sue opere – fascinose sculture di schietta impronta déco – sono andate in massima parte distrutte o perdute, ovvero sopravvivono relegate in misteriose e gelosissime collezioni private.

Fu novant’anni fa, nel luglio del 1931, che a quest’artista fu dedicato, sul quotidiano Il Piccolo, un articolino anonimo, ma senz’altro attribuibile a Silvio Benco, intitolato Due opere d’arte di M. Lednicka sulla Victoria. Maryla Lednicka, in effetti, nata a Mosca da padre polacco nel 1893, era l’autrice di un «grande pannello in legno» (una scena di caccia) e di una «Vittoria rutilante d’oro» collocati in due ambienti della motonave del Lloyd Triestino appena varata e destinata al servizio celere Trieste-Alessandra d’Egitto. In realtà, a detta dell’articolista, il pannello ligneo di questa scultrice «così squisitamente moderna» poteva ben essere chiamato arazzo, «ché il legno, sotto le esperte mani dell’artista, ha acquistato la morbidezza e la varietà di sfumature di una stoffa». Quanto alla Vittoria, si rilevava la bellezza delle sue «linee ieratiche» e l’elegante rielaborazione di un soggetto classico in chiave per l’appunto moderna.

Oggi quasi sconosciuta, ma molto nota in Italia, e non solo, negli anni Venti e Trenta, Maryla Lednicka è stata riscattata dall’immeritato oblio dagli studi di Maria Paola Forlani  e (soprattutto) di Gioia Mori, che ne ha ricostruito il curriculum vitae e lo snodarsi dell’attività fra Parigi e Milano, dove l’artista si era stabilita nel 1924, riuscendo subito a esporre in sedi prestigiose e guadagnandosi la stima dei critici di quegli anni. Di lei scrissero Ojetti, Calzini, Sommi, con lei vollero collaborare due degli architetti di punta dell’epoca, de Finetti e Portaluppi, e a lei si schiusero le porte della Biennale di Venezia nel 1928, nel 1930 e nel 1932.

Confusa spesso con Tamara de Lempicka, che in effetti fu sua amica e che, come lei, si trasferì in America nel 1938, la Lednicka e la sua opera ebbero un destino singolarmente avverso, dopo tanto successo e tanta ammirazione: negli Usa la sua arte non riuscì a imporsi, mentre brillava sempre più la stella (e il glamour) della sua quasi omonima. A New York Maryla finì in miseria e si tolse la vita nel 1947,  gettandosi da una finestra della sua abitazione, mentre Tamara viveva poco distante in un lussuoso appartamento a due piani.

E le sue sculture? Ha scritto Gioia Mori: «Tutte le sue opere più importanti collocate a Milano e a bordo delle navi sono andate distrutte o perdute durante la seconda guerra mondiale». Comprese, dunque, quelle realizzate per la “Victoria”, il “Conte di Savoia”, il “Rex” e l’”Oceania”: navi meravigliose, bombardate o silurate, colate a picco con tutti i tesori d’arte che, come tanti scrigni, contenevano. Le eventuali opere sopravvissute – secondo la Mori – «sono però ancora da ritrovare, conservate presso privati, e tra queste un ritratto di Oscar Cosulich, fatto a Trieste».

Ecco perché alla sfortunata parabola di Maryla Lednicka nessuno mai potrà dedicare una retrospettiva riparatoria. Un’artista sommersa, e non solo metaforicamente.

 

 

Maryla Lednicka

Scena di caccia

realizzata per

la motonave “Victoria”

Pannello ligneo, 1931

Opera perduta