Espressionismi a Pordenone

In una mostra alla Galleria Sagittaria, la Fondazione Concordia 7 esibisce parte significativa del proprio cospicuo patrimonio artistico

 

La Galleria Sagittaria ospita per buona parte dell’estate, dal 9 giugno al 1 settembre – ma con una chiusura dal 31 luglio al 15 agosto – un’importante collettiva di autori del territorio fra Friuli e Veneto orientale. Curata da Giancarlo Pauletto, l’esposizione propone una cinquantina di opere, tutte provenienti dalle collezioni della Fondazione Concordia Sette, frutto delle donazioni di artisti e collezionisti dapprima al Centro Iniziative Culturali Pordenone, confluite nel patrimonio della Fondazione nel 2010 e da allora continuamente in crescita, grazie alla generosità dei donatori.

Già in precedenti occasioni s’erano utilizzate le opere della Fondazione per occasioni espositive a volte identificando un tema, un genere o un determinato lessico espressivo – come nel caso della mostra “Abstracta” del 1996, che proponeva opere non figurative – oppure lasciando libera la selezione delle opere, come nel caso di “Figure dell’arte” del 2007, che aveva consentito l’esposizione di opere, tra gli altri, di Mascherini, Veronesi, Spacal, Mirko e Cagli.

La collettiva attualmente aperta si intitola “Espressionismi”, e così Pauletto giustifica tale scelta nel breve saggio sul pieghevole che introduce alla visione delle opere: «il termine “espressionismo” nel suo uso abituale […] indica sia pitture figurative come pitture non figurative, e indica inoltre lavori che sono in bilico tra le due partizioni, tenendo in qualche modo dell’una e dell’altra. Resta che la deformazione o il sintetismo con cui sono tracciate le figure, la loro allusività, il caricamento dei cromatismi, l’inserimento di dati materici o una gestualità per così dire “eccitata”, insomma un’intenzione che spinge verso la sottolineatura di dati d’emozione – sua psicologici che sensualmente “tattili” – ci autorizza a comprenderli appunto sotto il titolo di “espressionismi”.

La quantità delle opere esposte e la qualità degli artisti che le hanno create consentono di avere almeno un’idea dell’articolato clima artistico che maturò dalla seconda metà del secolo scorso nel territorio circostante Pordenone.

Bruno Aita, nato a Udine nel 1955 ed operante a Buja, ospitato alla Sagittaria per una personale, “Scenografie del possibile” nel 2010; Sergio Altieri, nato nel 1930 a Capriva del Friuli, dove tuttora vive e lavora, presente con un suo dipinto appartenente al ciclo Una musica distante; Bruno Barborini, scomparso novantaduenne a Pordenone nel 2016, dopo aver vissuto lungamente in America, tra Messico e Stati Uniti e per un periodo anche a Roma; Giulio Belluz, nato ad Azzano Decimo nel 1943, sensibile ed attento osservatore della natura, presente alla Sagittaria nel 2019 con una personale intitolata “Creature della Vita”; Giorgio Bordini (1927-1999), pordenonese, fumettista, con una solida preparazione all’Accademia di Venezia, fu anche importante esponente della pittura del suo territorio, agendo sia in ambito figurativo che astratto; Mirella Brugnerotto (Treviso, 1957), anche lei diplomata all’Accademia di Belle Arti di Venezia, presente con nature morte in cui oggetti d’uso quotidiano “accennano, nel loro assieparsi, ad una sorta di ansia” (Pauletto); Max Busan (Gorizia, 1968), che agisce artisticamente nell’area dell’informale di cui offre due prove anche nella mostra della quale stiamo parlando, combinando segno e colore in un sapiente ragionato bilanciamento; Marco Casolo, presente in mostra con due dipinti che descrivono il viaggio per mare di un’imbarcazione, navigante in un tono suadente di blu; Tonino Cragnolini, (Tarcento, 1937-2014) anche lui dotato di una solida preparazione accademica acquisita a Venezia, in mostra nel drappello dei figurativi, esibisce per l’occasione tre acquaforti acquarellate della serie Purcità, rappresentazione drammatica della macellazione di un maiale; Bruno Fadel, nato a Pasiano di Pordenone, dove vive e lavora, ha iniziato la sua ricerca artistica negli anni ’60 avendo come riferimento Afro e Vedova, la Galleria Sagittaria ha ospitato nel 2012 una sua antologica ed espone ora una sua opera di grandi dimensioni, Pensiero pesante; Angelo Giannelli, (Pasiano di Pordenone, 1922-Pordenone, 2005), noto e affermato artista è presente con due dipinti figurativi, Monologo e Incertezza che ritraggono due momenti della realtà giovanile, lasciando intravedere dietro la perizia esecutiva del maestro anche un’acuta capacità di indagine psicologica; Giancarlo Magri (Pordenone, 1937), operante anche come restauratore, cui si deve un’importante recentissima donazione, dalla quale sono state tratte le opere informali presentate nella mostra; Mario Moretti (1917-2008), nato a Reggio Emilia, ma giunto giovanissimo a Pordenone con la famiglia, del quale è esposto un lavoro “materico” ricco di suggestione, risalente agli anni ’60; Edo Murtić (1921-2008), importante artista croato del secondo dopoguerra, tra i protagonisti della stagione informale europea degli anni Cinquanta e Sessanta, del quale è presentata una serie di litografie inedite; Paola Paronetto, maestra ceramista pordenonese con atelier a Porcia, che accosta, con grande sensibilità, sei moti diversi della materia, riuniti in una fascinosa composizione; Mario Pauletto (1925-2018), attivo per oltre cinquant’anni prevalentemente nell’area tra Portogruaro e Pordenone, ispirato da un assillo di ricerca che si è esercitato tanto in campo artistico che in interessi più genericamente umanistici, è presente in mostra con opere su carta poco conosciute o mai esposte; Franco Pedrina (1934-2017), è vissuto negli anni ’60 a Roma, prima di trasferirsi a Milano, ma è stato attivo tra il capoluogo lombardo e Portogruaro, il suo dipinto Ceppaia, dai toni drammatici, è stato assunto quale immagine rappresentativa dell’intera rassegna “Espressionismi”.

Diciassette autori di significativo livello, chiamati ad esibire «parecchie opere inedite, altre viste in tempi lontani: una mostra che a noi sembra assai significativa di un patrimonio che ha ancora tanto da raccontare», come conclude Giancarlo Pauletto nella sua presentazione.

 

Edo Murtić

senza titolo

litografia, 1970