I colori di San Biagio

| | |

Un capolavoro rinascimentale in mostra a Udine

di Nadia Danelon

 

Recentemente, il Museo del Duomo di Udine ha presentato al pubblico l’esito di un importante restauro, che ha avuto come protagonista la statua lignea di san Biagio: un importante capolavoro del Rinascimento friulano, collocato fino al 2013 all’interno dell’atrio nord della Cattedrale udinese. Per celebrare un così gradito ritorno, oltre ad una interessante conferenza riepilogativa (10 luglio 2017), è stata allestita anche un’affascinante esposizione nelle Sale Superiori del Museo: i visitatori possono quindi cogliere l’occasione anche per visitare questi ambienti, che raccolgono opere risalenti prevalentemente al periodo storico compreso tra il XV e il XVIII secolo (fatta eccezione per una serie di lacerti medievali).

La storia della statua di san Biagio è molto complessa: le vicende storico-critiche, approfondite dagli studiosi, hanno portato anche ad un acceso dibattito tra gli esperti del settore, che nonostante le nuove scoperte è ben lontano dal dirsi concluso. Nell’ambito della mostra, viene spiegato come l’opera provenga dalla chiesa udinese di Santa Maria di Castello: l’edificio, caratterizzato da un’architettura d’epoca medievale, è stato oggetto di alcune modifiche attuate tra il 1797 e il 1801. Realizzate allo scopo di adattare l’interno della chiesetta allo stile neoclassico, queste installazioni hanno nascosto per lunghi anni le strutture architettoniche e gli affreschi medievali del piccolo edificio: un grande stravolgimento, che ha reso necessaria una modifica anche alla statua rinascimentale. Dopo la ridipintura del 1709, il san Biagio ligneo viene ancora una volta rielaborato: dopo averlo coperto con una base di gesso e colla, viene dipinto di bianco con venature grigie. Pertanto, la ridipintura d’epoca neoclassica della statua viene attuata nel tentativo di farla sembrare marmorea. Per fortuna, poco più di cent’anni dopo viene presa la decisione di ripristinare l’aspetto originale della chiesa di Santa Maria di Castello: il santo, a quel punto, viene collocato in Cattedrale. Nel 2014, la Provincia di Udine finanzia un primo intervento di restauro conoscitivo, che va a buon fine. Prende il via, a quel punto, il restauro ufficiale della statua lignea: attuato da Esedra, grazie al contributo di alcuni mecenati locali. La mostra, curata da Maria Beatrice Bertone (direttore e conservatore del Museo), è corredata da un importante apparato critico: gli studi più recenti hanno permesso di esplorare la storia della statua di san Biagio, arricchendola di una serie di scoperte del tutto inedite che possono contribuire a far luce in una memoria storica incerta e per molti versi lacunosa. Dall’archivio della confraternita di Santa Maria di Castello è emerso un documento che ci parla della commissione di una coppia di pale con figure (di cui una destinata all’altare di San Biagio) a Giovanni Francia, artigiano e artista attivo nella Udine del XV secolo: celebre per essere stato il maestro di Domenico Mioni da Tolmezzo, il più importante scultore del primo Rinascimento in Friuli. La statua, che grazie all’ultimo restauro ha ritrovato la policromia perduta, può essere oggi correttamente analizzata dal punto di vista espressivo: riemergono così i tratti gravi, composti e seri del san Biagio vescovo.

L’esposizione è corredata anche da due opere pittoriche degne di nota: un dipinto del Ruggeri (XVIII secolo) e la grande pala del Zuppelli (XIX secolo). Riemerge così il tema del santo protettore dai mali della gola, prodigioso miracolo posto alla base della devozione nei suoi confronti: un culto, quello collegato alla figura di san Biagio particolarmente diffuso in Friuli. Nell’ambito della mostra viene sottolineato come il santo vescovo sia uno tra i più venerati a livello regionale: una devozione che parte dall’epoca medievale, ma che viene osservata ancora oggi.

L’ambiente scelto per l’allestimento della mostra è altrettanto importante: si tratta della sala Arcoloniani, ricavata da un’antica cappella e impreziosita da due capolavori degni di nota. Si tratta di un trittico (corredato dallo stemma della famiglia, quasi certamente opera di Domenico da Tolmezzo) e del ciclo di affreschi illustrante le storie di sant’Eustachio attribuito al Bellunello. La parete affrescata, oggetto di studi anche piuttosto recenti, è un vero e proprio documento relativo al paesaggio friulano del XV secolo: è importante ricordare come l’epoca a cavallo tra i due secoli (Quattrocento e Cinquecento) sia celebre per dei grossi sconvolgimenti, che hanno stravolto il territorio del Friuli per mezzo di episodi bellici e di una catastrofe naturale (il terremoto del 1511). Infatti, nel contesto del ciclo di affreschi è possibile osservare una bellissima raffigurazione della città di Udine in cui è facilmente riconoscibile l’imponente struttura architettonica del Duomo. Insomma, un contesto d’eccezione che permette di assaporare un breve saggio dell’arte in Friuli nel periodo rinascimentale: il Duomo di Udine, d’altra parte, ha lo straordinario privilegio di racchiudere capolavori d’ogni epoca. La riforma Manin di inizio Settecento, relativa alla zona del presbiterio e accompagnata da un riallestimento dell’aula con le relative cappelle, non ha distrutto ma piuttosto preservato le opere d’arte dei secoli precedenti: un tesoro che ancora oggi è ammirato dai visitatori, che si recano nelle sale inferiori del Museo per ammirare la celebre arca del Beato Bertrando e gli affreschi di Vitale da Bologna. Questi capolavori condividono lo spazio con altre opere degne di nota, come appunto il magnifico san Biagio, provenienti da altre chiese cittadine: dipinti e statue che ci raccontano la storia della città di Udine, attraverso gli occhi degli artisti che ne hanno abbellito gli edifici di culto. Una devozione che riconduce al culto dei santi patroni Ermagora e Fortunato, ma anche a tutte quelle figure che da secoli vengono venerate dai fedeli udinesi, memori di un passato glorioso e tumultuoso allo stesso tempo.