Le amiche che sono tempesta

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Il Premio Andersen a storie di donne e di amicizia nei bei libri di Beatrice Masini e di Michela Murgia

di Anna Calonico

 

Nell’ultima edizione del Premio Andersen la giuria ha voluto premiare due italiane di merito indubbio già trattate da Ponte rosso: Beatrice Masini con Le amiche che vorresti e dove trovarle, autrice già nota al giovane pubblico, e Michela Murgia con Noi siamo tempesta che, complice anche la sua perfetta risposta ad un “politico” che la derideva, in questo momento non ha certo bisogno di presentazioni.

Entrambe le opere si possono inserire in un filone economicamente fortunato degli ultimi anni, quello delle biografie di personaggi importanti. Certo, raccontare le vite dei grandi è sempre stata volontà degli autori, basti pensare alle Vite di Vasari, o, ancora prima, a Svetonio, tanto per dirne uno, con le sue Vite dei Cesari. Nella letteratura per ragazzi si tende a far partire questa “moda” dalle Storie della buonanotte per bambine ribelli di Francesca Cavallo ed Elena Favilli che ha avuto uno strepitoso (e meritato) successo dal 2017 in poi, ma credo si possa andare ancora più indietro, con un nome importante: nel 2008, infatti, era uscito Le tue antenate di Rita Levi Montalcini, che parlava di settanta donne eccezionali. Perché, quindi premiare due libri che sono in qualche modo prosecuzioni di testi già letti, già amati, già digeriti? Francamente, comincia ad essere pesante la scelta fra titoli simili: ogni editore ne ha già pubblicato uno o più! E perché sono state scelte proprio la Masini e la Murgia? Perché, per esempio, non Elena Sforza, con il suo Racconti di amicizia? Personalmente, trovo che il libro della Sforza sia un po’ troppo frettoloso e che le storie narrate, pur vere, siano un po’ troppo “inventate”. Ciò non toglie che sia un ottimo spunto per conoscere numerosissimi personaggi tratti da ogni ambito: storico, letterario, sportivo, cinematografico… c’è davvero di tutto, e se lo avete regalato ad un figlio o nipote di certo lo apprezzerà e vi troverà magari anche qualcuno dei suoi beniamini.

Ma le altre due vincitrici sono riuscite ad esprimere molto di più.

Le amiche che vorresti e dove trovarle, titolo che forse non a caso strizza l’occhio ad Animali fantastici e dove trovarli scritto dalla Rowling che è stata ampiamente tradotta dalla Masini, narra ventidue donne di carta: sono tutti personaggi femminili, tutti di grandi storie della letteratura. È una sorta di bio-bibliografia per lettori in età scolare. Le protagoniste di questo libro vengono da grandi romanzi per ragazzi (Pippi Calzelunghe, Matilde di Dahl, L’incredibile storia di Lavinia della Pitzorno, Jo di Piccole donne…) e per adulti (Jane Eyre, Madame Bovary, Cime tempestose), e non sono narrate soltanto per esaltare le eroine. Vengono raccontate per esaltare chi legge: chi vorresti come amica? Di certo, una speciale, una intramontabile, immortale (anche se a volte muore). È questo che eleva il libro della Masini dagli altri suoi simili del filone biografico. Credo sia un libro meno emozionante del suo solito, ma non è una critica, dato che per la Masini il “solito” è molto, molto, molto emozionante! Credo sia la velocità con cui ha presentato le ventidue amiche a togliere un pizzico di intensità, che però viene comunque moltiplicato per quattro: infatti, oltre ad una paginetta di narrazione, per ogni donna ci sono anche una scheda di presentazione in cui si parla del libro da cui è tratta, una citazione dal romanzo, e un ritratto eseguito da Fabian Negrin, il cui nome, non a caso, appare anche sulla copertina accanto a quello dell’autrice. Le protagoniste sono rappresentate in maniera magistrale, e con tecniche sempre differenti: per esempio, la Calpurnia di Jacqueline Kelly non vi ricorda l’art noveau di Mucha? Pippi Calzelunghe non vi sembra disegnata da Andy Wahrol? Tanto per fare altri due esempi, confrontate Bradamante e i ritratti di Piero della Francesca, oppure l’immagine di Orlando di Virginia Woolf e i quadri di Matisse. Per non parlare del fascino esotico che vedete nella Marianna di Sandokan o in Sharhazad, o della bellezza pulita di Jane Eyre o di Susan di Stargirl che è diventata anche la copertina del libro. Davvero, se una delle quattro parti non vi ha entusiasmato, ci pensano le altre tre.

Anche il testo della Murgia, Noi siamo tempesta (Salani, 2019, € 16,90, pp.123), presenta uno schema simile: una prima parte è la narrazione letteraria di storie vere, una seconda è la scheda di presentazione del fatto storico, e una terza è la grafica, parte fondamentale e indissolubile del libro: le immagini completano i racconti, vi si fondono insieme, diventano il racconto stesso. E non soltanto nel caso di Le streghe della notte eseguito in forma di fumetto da Paolo Bacilieri. Le immagini, le tonalità, le semplici righe colorate che uniscono i vari paragrafi delle storie fanno parte del libro non meno che le parole. Il plauso va a The World of DOT, uno studio di grafica milanese specializzato in editoria e molto più conosciuto di quanto si pensi: la maggior parte delle copertine italiane recenti porta questa firma.

Cosa distingue quindi il lavoro della Murgia da quello della Masini? Il numero.

Infatti, le sedici storie della Murgia non sono storie di singoli, sono storie di gruppo che proprio nel gruppo trovano forza ed esistenza fino a diventare la Storia. Per la serie “l’unione fa la forza”, va contro alla fortunata tendenza delle biografie, sostenendo che la cooperazione tra più persone aiuta a risolvere i problemi e a guardare verso il futuro. La forza di squadra porta al cambiamento, perché il libro è anche un atto politico, sostiene l’autrice, e anche fare libri è opera di più persone: nel caso di Noi siamo tempesta, il testo non avrebbe avuto senso senza l’aiuto di Bacilieri e del DOT. È un libro molto bello, esteticamente ben curato nei suoi continui dialoghi tra parola e immagine, con storie scritte bene, coinvolgenti e a volte poco conosciute o del tutto nuove che portano i lettori a ricercare e ad approfondire. Faccio due soli esempi: tra i capitoli più emozionanti c’è Primo secondo terzo, un triplice, forte flusso di pensieri che si riferisce al podio dei 200 metri piani alle olimpiadi del ’68 a Città del Messico, quando oro e bronzo andarono a due atleti afroamericani che alzarono il pugno inguantato di nero per difendere i loro diritti. Sono sicura che molti lettori, esattamente come me, andranno su internet a cercare il video di quel momento. Oppure seguiranno con più attenzione le cronache dei nostri giorni dopo aver letto #Abbiamo una nave, la storia di Mediterranea Saving Humans.

Apparentemente, Le amiche che vorresti e dove trovarle e Noi siamo tempesta sono in antitesi uno rispetto all’altro: il primo sembra quasi incitare a chiudersi in se stessi e a trovare sfogo e consolazione nella letteratura, in un luogo tutto nostro, mentre il secondo apre al mondo, agli altri, chiunque essi siano. Non credo siano veramente in conflitto: insieme, possono aiutare i ragazzi a formare la loro identità, che è fatta sicuramente di lati solitari e di bisogni collettivi in egual misura. Del resto, anche le storie di “singoli” eroi in realtà mostrano spesso che in compagnia si lavora meglio: la bionda Alice non è da sola nel Paese delle Meraviglie, Jo March attira l’attenzione perché è la più espansiva, ma cosa farebbe senza Meg, Beth ed Amy, e la mamma e Laurie? E anche Catherine Earnshaw non è mai sola: prima perennemente in compagnia di Heathcliff, poi tutta presa da Edgar e Isabella Linton, e comunque tutta la vita in confidenza con Nelly.

Terminata la lettura di questi due libri (lettura che non dura molto, perché le storie sono belle e succose come le ciliegie: una tira l’altra e arrivati alla fine si spazia con la fantasia a cercarne altre) restano suggestivi pensieri di amicizia, di amore, di libertà, di gioia, di vittoria: Connie Chatterley ci fa sognare: E vederla libera, Connie, alla fine, libera di vivere come vuole, nella naturalezza semplice congiunta di corpo e anima che ha fatto sua, porta con sé un sollievo enorme: ma allora è vero, si può essere come lei; Anna Karenina sembra portarci in una canzone di Lucio Dalla: Anna balla, balla. Quando può balla. […] Anna che balla anche quando la musica è finita. E poi non balla più. Così anche il suo suicidio ci sembra fatto di poesia; e poi Jo March…e poi basta, perché Piccole donne bisogna proprio leggerlo. E ancora, quante emozioni leggendo la caduta del muro di Berlino, quanta speranza nella storia delle madri di Plaza de Mayo, che si riuniscono con un velo bianco in testa per protestare contro il silenzio sulla sorte dei loro cari desaparecidos: perché un gruppo di donne alla fine che fastidio può dare ad una dittatura? E chi non si commuove durante la lettura di Un angelo per capello, sentendo che tutti gli alunni e professori di una scuola si sono fatti tagliare i capelli per farne parrucche per i malati di cancro, sostenendo così una loro giovanissima compagna. Un gesto che ci fa uscire una lacrimuccia, ma che ci fa entrare in testa una grande lezione: se la vita ti porta via qualcosa e ti rende fragile, non è la forza dell’altro che ti serve, ma sapere che la tua debolezza è accolta e capita, che nessuno la teme o la sfugge.