AI FIORI E AL MINIMU

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Altri spazi espositivi

 

di Roberto Vidali

 

Alberto Saglio Ponci e Maria Giovanna Saletù, titolari dela Trattoria ai Fiori di piazza Hortis, con grande entusiasmo si sono resi disponibili a ospitare mostre di arte contemporanea, svuotando la sala in occasione della vernice, organizzando un rinfresco per gli ospiti, dedicandosi successivamente a fornire, di volta in volta, informazioni ai loro clienti.

Dopo aver accolto le mostre di Carlo Fontana e Giovanni Pulze, attualmente e fino al 30 settembre (orario di visita: da martedì a sabato, pranzo e cena), ospita quattordici fotografie stenopeiche di Luigi Tolotti, appositamente realizzate per l’occasione; titolo: “Trieste > Parigi>Milano”, e cioè un gioco di relazione tra queste tre città. La foto stenopeica, a dispetto della tecnologia più avanzata, viene realizzata senza obiettivo e senza ritocchi al computer: è sufficiente una scatola con un buco, un tempo sufficiente di posa, della pellicola da impressionare e il gusto di inquadrare l’immagine un po’ a caso e a intuito (visto che non esiste un mirino), prendendosi carico di un eventuale fluttuare del soggetto inquadrato a causa dei tempi di posa dilatati. Si ottengono immagini dal sapore antico, un po’ sfocate, ovviamente in bianco e nero: forme evanescenti (quasi dei fantasmi provenienti dal mondo reale) che ricordano il fluire del tempo. Si tratta di fotografie dedicate all’uomo e al suo ambiente, senza alcun artificio, senza nessuna voglia di modificare il reale, di celare per abbellire, essenziali già al momento della ripresa. Non riprendono eventi eccezionali, né catastrofi, ma solo emozioni e sentimenti, su dettagli quotidiani, e proprio perché si soffermano sui piccoli eventi ci parlano in modo immediato del nostro eterno divenire. Queste immagini si definiscono per la loro precisa riconoscibilità, per il deciso understatement: non sono gigantesche, non sono colorate, non sono celebrative, non sono ossequienti, non sono modaiole.

Veniamo adesso al Minimu (uno spazio istituzionale posto sotto l’egida della Provincia di Trieste e proprio per questo votato a un futuro incerto e confuso). Qui, come mostra di fine stagione, troviamo la collettiva “Gardens of Eden” (fino al 15 luglio, con orario di visita il lun / mer / ven dalle 16.00 alle 18.00), con opere di Carlo Fontana, Tjaša Iris, Francesco Lauretta, Andrea Mancini e Giovanni Pulze. Si tratta di modalià diverse di coniugare il tema del paesaggio con proposizioni che convergono sul senso e sul gusto per una pittoricità fedele a una procedura che solo apparentemente può essere definita di tipo ‘tradizionale’. In questi dipinti vive, infatti, l’evocazione iconografica di una storia sì del paesaggio, ma filtrato da colori edulcorati, talvolta cromaticamente aggressivi, come in Iris, in Fontana e Pulze, ma anche con istanze concettuali, come nelle frasi di Lauretta oppure, come in Mancini, con lo scarto e il rifiuto che diventano tema di un incontro tra l’oggetto e lo spazio. Le squillanti cromie – a tratti acide – fanno, infatti, da contrappunto a scenari idilliaci, quasi edènici, ma in eguale misura debitori di certa cultura psichedelica o televisiva. In quasi tutte queste opere possiamo trovare il collegamento con i colori innaturali di Gauguin, e con i contrasti complementari di Matisse, ma anche con la fantasia del motto di spirito duchampiano, il che vale a dire non la raffigurazione in sé, ma l’ironia come valore, il gioco linguistico del titolo come momento di pensiero, la parola come sottolineatura della superficie pittorica. Mancini, spesso opaco nelle tinte, rimane più vicino a una impostazione di renovatio naturalistica.

Il pigmento impiegato da quattro di questi autori è sempre l’acrilico e perciò bisogna pensare all’intera gamma delle tinte artificiali prodotte per sintesi chimica a partire dagli anni Cinquanta e alle possibilità indirette di dilatare lo spettro cromatico, ma anche alla rapida asciugatura del diluente, alla velocità esecutiva, alla facilità del ritocco e della sovrapposizione delle tinte. Solo Mancini continua la pratica della pittura a olio, tecnica meno immediata, e più vicina a effetti di tipo tonalistico. Gli effetti di brillantezza del colore appiattito e frastagliato conduce a un effetto di caotica bidimensionalità, conduce a figure e ambientazioni non solo semplificate, ma anche un po’ irreali o basate su tessiture geometriche o ad accumuli dove l’eroismo dell’immondizia riporta la pittura a una riflessione autoironica. In definitiva, si tratta di una mostra varia ed eterogenea, di confronto e di relazione, di dialogo e di proposta capace di aprire a mondi diversificati e di grande coinvolgimento emotivo.

Carlo Fontana, Casa rossa

Luigi Tolotti, Molo Audace

CLUIGI TOLOTTI_Molo Audace