ALLE RADICI DI UN’IDENTITÀ

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A cent’anni dalla scomparsa di Scipio Slataper sul fronte dell’Isonzo, riflettere su questa straordinaria figura d’intellettuale, su quanto ha rappresentato nella cultura italiana e in quella triestina (giuliana per meglio dire) in particolare, significa andare alle radici dell’identità giuliana, tanto letterarie che sociali e culturali. Prima di lui, per limitarsi all’ambito letterario, c’era stato Svevo, è vero, coi suoi primi due romanzi, che però erano ignorati dai più, tanto in Italia che, a maggior ragione, altrove, mentre dopo Slataper, grazie al solco che lui ha tracciato, c’è stato chi ha avvertito la necessità di parlare di una letteratura triestina, che nel Novecento s’è formata su connotazioni comuni ai suoi principali autori. Si trattò di un azzardo critico, formulato per la prima volta da Pietro Pancrazi, eppure anche nel presente in alcuni autori triestini sono rinvenibili tracce degli elementi che l’illustre critico toscano indicò come distintivi di quest’area letteraria: autobiografismo, antiletterarietà, introspezione, dimensione cosmopolita e, prima di ogni altra cosa, l’assillo etico.
Tutto ciò è già avvertibile in Slataper, e tuttavia non è principalmente per i suoi meriti letterari che intendiamo ricordarlo con queste pagine. Il giovanissimo intellettuale, giunto a Firenze e immediatamente cooptato nel gruppo dirigente della Voce di Prezzolini, ebbe un duplice merito: quello di far conoscere agli Italiani la realtà sociale e culturale di Trieste, in una prospettiva anticonformista e consapevole delle particolarità di popolazione e territorio, ancora sotto il dominio austriaco e, dall’altro lato, quello di portare, coadiuvato da un manipolo di giovani conterranei tra i quali assunse immediatamente il ruolo di leader naturale, elementi di conoscenza di letterature e culture dell’Europa centrale e settentrionale in un ambiente prima di lui rivolto soprattutto a conoscenze linguistiche, letterarie e ad esperienze artistiche che provenivano fondamentalmente dalla Francia.
Sul problema di Trieste e del suo destino, per come esso poteva essere preconizzato nel 1909 e negli anni immediatamente successivi, la lucidità delle sue analisi politiche e la visione della realtà politica ed economica della sua città natale gli fecero immaginare (prima che l’approssimarsi della Grande guerra lo inglobasse in quell’ansia irredentistica militare che pervase quasi per intero la classe intellettuale italiana) un futuro in qualche modo simile al ricomporsi dell’Europa nei faticosi tentativi di’integrazione interstatuale che tormentano anche il nostro presente. Non che abbia, questo paragone, la minima pretesa di stabilire un effettivo rapporto tra le condizioni del continente di cent’anni fa con quelle odierne, ma può forse giovare a riconoscere l’esistenza di fili sotto traccia che attraversano il divenire storico, collegandoci più direttamente di quanto non sembri al pensiero e all’azione di quell’antenato solo apparentemente remoto.
D’altra parte la personalità e il pensiero di Slataper si compongono di così tante sfaccettature e – per quanto riguarda segnatamente il suo agire politico – appaiono così potentemente condizionati dal tumultuoso succedersi degli eventi nel suo breve percorso biografico da renderlo idoneo a rappresentare, di volta in volta, il ruolo di critico malevolo e ingeneroso, persino quello di rinnegato e poi quello di eroico patriota immolatosi sul Podgora per conquistare alla patria la sua città. Quanto è accaduto nel nostro Paese dopo il 1918 ha lungamente impedito una serena valutazione sulla funzione – indiscutibilmente di primo piano – che il giovane, perennemente giovane, intellettuale triestino ha esercitato sulla stessa identità della sua città.
Il secolo che è trascorso da quel fatale 3 dicembre 1915 consente, almeno in parte, di ricostruire oggi la storia e la personalità di Slataper con una più pacata riflessione: è auspicabile che le considerazioni che svolgiamo in questo fascicoletto contribuiscano a tale doverosa riflessione e a far conoscere meglio una personalità saldamente collocata alle radici dell’identità giuliana.