Mladen Machiedo oltre i confini

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di Fulvio Senardi

 

Se una figura appare assolutamente necessaria in questa Europa dall’identità fragile, di Paesi che si sgambettano per una boccata di gas (giusto per alludere all’ultima delle ragioni del contendere), è quella del mediatore culturale. E, se penso all’Italia e alla Croazia – stati non adiacenti se non per il confine marittimo, ma con un passato comune di civiltà condivisa e di popoli separati da antagonismi feroci nell’età dei nazionalismi – mi viene in mente Mladen Machiedo, il più assiduo, coraggioso e competente tramite di diffusione della cultura italiana in Croazia in questa fase della nostra storia, fin già da prima della dissoluzione della Jugoslavia.

Certo, ridurre Mladen Machiedo al ruolo di docente, conferenziere e traduttore dall’italiano in croato e viceversa, è perdere di vista una gran parte della sua creatività. Membro dell’Accademia croata delle scienze e delle arti, dalmata d’origine (il cognome però tradisce una provenienza più lontana e più intrigante) e zagabrese di residenza, Machiedo è poeta, critico letterario, aforista, memorialista, artista (nella forma moderna e provocatoria dei “collages”). Solo il terreno della prosa narrativa  è quello che calca con più rare incursioni. Una minima zona grigia in un percorso di maestro della parola che, quanto a generi attraversati, non conosce confini. A cavallo degli anni del Covid, che hanno imposto nuovi ritmi e modalità alla nostra attività intellettuale, obbligandoci a praticarla privatamente come gli eremiti nelle epoche delle grandi epidemie, Machiedo ha rimesso meno ai suoi quaderni di traduzioni nei due volumi di Pronađeni u prijevodu – osobni podsjetnik (Ritrovati in traduzione-promemoria personale), apparsi presso la casa editrice Alfa di Zagabria (vol. I, 2020; vol. II, 2021). Piccola aggiunta ad una bibliografia già poderosa (risparmiamo al lettore titoli e date rimandandolo, per la sua curiosità, al sito: https://mladen-machiedo.com/knjige_ita.html), particolarmente interessante però per il doppio risvolto di traduzioni in italiano di autori croati poco noti anche alle persone colte (ma l’italiano è un popolo disattento a ciò che avviene, in campo culturale, oltre i confini della Repubblica, e l’arte della traduzione ha da noi dignità e remunerazione assolutamente umilianti) e di traduzioni in croato di poeti della nostra tradizione.

Non negheremo che qualche nome – Nazor, Kamov, Andric, Krleža, Šop, e pochi altri ancora – suoni familiare alle orecchie di noi, gente di confine (ma, oltre Isonzo?). Ma per il resto siamo al biancore frustrante dell’hic sunt leones delle antiche carte geografiche. Mancano, in aggiunta alle date di nascita e morte, indicazioni contestualizzanti e note critiche, ma, com’è facile comprendere, volumi di oltre 300 pagine non avrebbero potuto essere ulteriormente appesantiti.

Il primo dei due volumi si presenta come una vera antologia della poesia italiana da Francesco D’Assisi a Pierluigi Cappello (basterebbe quest’ultimo nome – si tratta del poeta friulano che ci ha lasciati, qualche anno fa, appena cinquantenne – per testimoniare della sensibilità e finezza con la quale Machiedo si muove sul terreno della lirica italiana per cogliere i suoi fiori). E sensibilità, finezza e competenza nell’individuare i rapporti di forza tra i diversi poeti: nulla gli sfugge, ma tutto viene pesato secondo i meriti. Se di Enrico Morovich – per restare nel cortile di casa – traduce una poesia, per complessive due pagine, a Cergoly dedica uno spazio doppio, e a Saba il doppio ancora: c’è ovviamente La capra, ma poi In riva al mare e La prima fuga. Una piccola antologia insomma (dove Machiedo gioca su un terreno che conosce a menadito: triestino d’adozione egli di Saba si occupa da sempre sia come traduttore che da saggista) che, in nome del mare che ci unisce e ci separa, non poteva chiudersi che con Ulisse… «U mladosti svojoj oplavio sam / dalmatinske obale […]»