Sangue fra le primule

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Il primo romanzo di Giuseppe Mariuz è un romanzo storico che parla delle agitazioni agrarie degli anni Venti

di Marina Silvestri

 

Il mondo contadino della pianura friulano-veneta è al centro del romanzo Sangue tra le primule di Giuseppe Mariuz, un autore che ha al suo attivo numerose pubblicazioni di storia contemporanea, alcune biografie, fra cui tre libri su Pier Paolo Pasolini, raccolte di poesie, racconti e programmi radiotelevisivi. Questo è il suo primo romanzo. Un romanzo storico che parla delle agitazioni agrarie degli anni Venti, delle divisioni fra leghe bianche e rosse e all’interno del mondo cattolico e della stessa Chiesa; e poi il paternalismo dei proprietari terrieri, le paure della borghesia e la violenza del nascente regime; un romanzo che scava in profondità nella mentalità, nei costumi e nelle tradizioni. L’autore mette a fuoco tanto il periodo storico con le sue macro dinamiche economiche, politiche e sociali, quanto i riflessi degli scontri ideologici nella comunità e all’interno delle stesse famiglie. «Teste calde stavano su un fronte e su quello opposto – scrive – e attendevano un niente per scoppiare; la guerra aveva reso precario il senso della vita agli uni e agli altri, specie a quelli con la pancia vuota. Le guardie comunali provenivano dalla stessa terra dei dimostranti, parlavano lo stesso dialetto, […] però intascavano un salario sicuro quantunque eroso dall’inflazione […] I reali carabinieri erano volontari per fame, analfabeti o quasi, provenienti in gran parte dal Meridione […] i soldati della caserma di fanteria non erano altrettanto sicuri per il governo e per la corona, ma la loro condizione d’origine di contadini li rendeva comunque sottomessi e disciplinati verso i loro superiori, così com’era stato in guerra. Quanto ai dimostranti s’era visto in quei mesi che erano accomunati da una grande rabbia e ribellione per lo stato di indigenza in cui erano precipitati. Avevano scoperto il nemico non più sull’altra trincea o negli eserciti di occupazione, ma all’interno; […] in chi annunciava l’imminente licenziamento dei lavoratori occupati in opere pubbliche di ripristino, in chi impediva di emigrare, in chi negava i sussidi, in chi non forniva nemmeno più le minestre per i poveri e gli ammalati. […] e poi c’erano i padroni delle fabbriche e i loro caporioni, gli agrari e i loro fattori, i commercianti che incettavano i prodotti e vi speculavano; e i preti».

Nato a Valvasone, illustrando le fonti Mariuz sottolinea: «Questo romanzo è rimasto sulla penna per vari decenni. Suoi complici sono molti parenti, a partire dai più vecchi, nonna e prozii, che frequentavo abitualmente da giovane.[…] La curiosità che mi hanno instillato si è poi arricchita nel tempo con studi, ricerche e letture di vari autori di storia, memorialistica, antropologia culturale…». Segue un lungo elenco rigorosamente in ordine alfabetico che dimostra come siano preziosi tanto la documentazione storica quanto le frequentazioni intellettuali e amicali. Perché la storia ha bisogno della memoria tramandata, e la memoria della storia, per non spegnersi in un confuso accumulo di destini privati.

Il titolo del romanzo, Sangue fra le primule, suggerisce un immediato indiretto rimando al testo di Nico Naldini sugli anni giovanili di Pasolini a Casarsa, il «paese di temporali e primule», e all’essere le vicende narrate anche lo sfondo per un misterioso delitto. L’incalzare degli eventi porta all’uccisione del figlio di un «noto amministratore di tenute e abile affarista, divenuto da poco proprietario terriero grazie alla fifa delle eredi Fratina, che si erano disfatte della campagne di Sant’Urbano», delitto «che fu per molto tempo al centro di innumerevoli chiacchiere e di un certo sgomento». L’uomo venne trovato la mattina delle Ceneri del Ventidue «fra il fossato e la riva coperta di primule, dove una scaletta in pietra portava al lavatoio». Il popolo si interrogava: «Politica o donne, o magari le due cose mischiate…» Perché il morto aveva cercato la copertura del fascismo. E non è l’unico sangue a essere versato. Una filandina muore dissanguata, «rimasta gravida prese due lunghi ferri da calza…», di un’altra giovane violata rimane lo «scarpet che emerse su un olla sorgiva del Sile, poche centinaia di metri a occidente della casa dove abitava. La trovarono ancora sommersa, con un cordino stretto alla gola e legato, all’altra estremità, su una grossa pietra»; muore un ragazzo che «si avventura a recuperare ferraglie di guerra ed esplosivi sul greto del Tagliamento all’altezza del ponte della Delizia»; e poi la Vanna, mistra alla filanda, «che grazie al suo periodo triestino si trovava a suo agio fra i signori…». Morti oscure e disperate.

Le storie si intrecciano: il vecchio mondo in disfacimento, gli ideali di riscatto sociale, le spedizioni punitive dei fascisti; e ci sono in primo piano storie di donne che cercano con determinazione un ruolo e una dignità nuovi: l’Albina che va a vivere con Elio, figlio di Zuan Giurizzan, bìntar come il padre e Caterina, maestra, figlia dell’ingegner Locatelli che dirige la filanda, che si unisce a Paolo, attivista politico comunista, sospeso dalla scuola per la sua attività sovversiva.

La guerra ha lasciato il segno. I contadini, siano mezzadri o braccianti stagionali, sono ritornati dal fronte con la coscienza di essere stati trattati come carne da macello, ma hanno respirato nuove idee e anche gli echi della rivoluzione; non si sentono più sotans, e chiedono di contare, mentre le famiglie nobiliari vendono ai mezzadri per paura dei bolscevichi. Cambiano i rapporti umani e i personaggi tratteggiati da Giuseppe Mariuz raccontano questo cambiamento; personaggi e vicende ambientati nell’immaginario paese di Sant’Urbano, frutto della fantasia dell’autore, ma con una stretta attinenza ad accadimenti avvenuti a San Vito al Tagliamento, e nel circondario.

Il romanzo si apre con «la scomposta e rumorosa brigata dei taglialegna dopo otto ore di manera e segone insaporite da una fetta di polenta fredda e un’unghia di lardo». Gli «uomini a opera discutevano con concitato fervore dei giorni a venire, scaricando la paura di una nuova fame con ingiurie, bestemmie, lazzi e mimi al commissario prefettizio, all’ingegnere capotecnico, ai reali carbonieri, a tutti gli sfruttatori del popolo e ai servi del padrone e del capitale che impedivano la dignità della loro vita…». Quando i «giorni a venire» si saranno compiuti poco resterà del Friuli ‘piccolo compendio dell’universo’ delle pagine di Ippolito Nievo; le grandi famiglie contadine saranno scomparse e disperse da un’emigrazione non tanto ormai solo da lavoro, quanto politica, che riguarda anche la borghesia. Lontano dalla «patria infida» scrive una delle protagoniste in una lettera al fratello rimasto, che al regime ha aderito: «In questi anni, la vita di fuoriusciti ci ha escluso dalle normali relazioni sociali e familiari; siamo stati assorbiti dai grandi ideali lasciandoci alle spalle come zavorra gli affetti del passato». Grazie all’interessamento di don Oreste «che va drio ale parole dei Vangeli» famiglie intere e singoli emigreranno verso il Sudamerica, in particolare le fazende del Brasile, o il Midì francese, attraversando il confine clandestinamente, perché «alle guardie non interessava guantarli, in fondo i Taliani avevano troppe braccia e poca terra e i Francesi il contrario».

L’autore facendo propria la lezione pasoliniana in merito alla forza espressiva delle parlate dialettali, dei gerghi e della lingua madre, rispetto all’uso di un neo italiano ‘medio’ che spegne le identità, usa una prosa in cui termini ed espressioni in lingua friulana, incastonati non solo nei dialoghi, ma nella narrazione, concorrono a contestualizzare le vicende sullo sfondo linguistico del territorio in cui si svolgono. Termini sedimentazione di storia vissuta, e trasmessa, portatori di cultura viva, reale non assimilata e difficilmente assimilabile. Come scrive: «Nel mondo contadino ogni parola trovava il suo corrispettivo concreto, non v’era spazio per alcuna astrazione».

 

Copertina:

 

Giuseppe Mariuz

Sangue tra le primule

Gaspari editore, 2017

  1. 348, Euro17.50