Laura Stor tra immagini e parole

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In una personale alla Biblioteca statale Stelio Crise incisioni e libri d’artista di accattivante richiamo

di Walter Chiereghin

 

La Biblioteca statale Stelio Crise, di Largo Papa Giovanni XXIII n. 6 a Trieste, ospita dal 17 maggio all’11 giugno, nelle belle sale del primo piano, una mostra nella quale Laura Stor esibisce la sua più recente produzione di opere calcografiche e di libri d’artista.

Ritornata in anni recenti nella sua Trieste dopo un lunghissimo soggiorno romano, l’artista si era già ripresentata alla fine del 2017 al pubblico triestino per mezzo di una grande rassegna di incisioni ospitata nella sala della Piccola Fenice (v. Il Ponte rosso n. 29), proseguendo poi con alacrità il suo lavoro nella sua nuova casa triestina, che ospita in una grande luminosa stanza anche il suo studio, dove può esibire agli amici che le fanno visita, tra matrici, torchi e altri ferri del mestiere, i lavori in corso di completamento, presentati sempre con sorridente semplicità e modestia, quando invece ci starebbe anche un più che giustificato orgoglio. Forte di un’esperienza delle tecniche calcografiche acquisita in quarant’anni di assiduo impegno, Laura Stor ha addirittura intensificato il suo attivismo nei mesi che l’hanno vista costretta in casa, come tutti noi, dalla segregazione imposta dalle norme di contrasto alla pandemia. Non del tutto un male, considerata la cura che ha potuto dedicare alle opere più recenti e alla selezione di quelle, numerose e significative, destinate a questa esposizione alla Statale triestina.

Nel loro insieme, le grafiche proposte al visitatore testimoniano di un “movente” del fare artistico di Stor da ricercarsi, oltre che nella sensibilità e nell’interesse ad esprimerla attraverso le opere, anche nella sua istintiva e non sopita curiosità (denunciata esplicitamente anche dal titolo della mostra:”Curiosando tra segni e colore”), che l’ha indotta, nel tempo, a sperimentare tutte le tecniche incisorie, dall’acquaforte alla puntasecca, dall’acquatinta alla linoleografia, dalla ceramolle a tecniche sperimentali su presspan, all’abbinamento di tecniche diverse, all’uso dell’acquerello sull’incisione, alla commistione di generi diversi, ibridati per corrispondere con duttilità alle esigenze espressive dell’artista. Ma la curiosità non si limita alle tecniche utilizzate: un continuo entrare e uscire tra generi diversi, spaziando dalla natura morta al paesaggio, dal ritratto all’illustrazione di particolari contesti urbani o monumentali, ogni materia sembra idonea a manifestare graficamente dell’interesse e dell’empatia che scaturiscono da emozioni che ingiungono di esprimersi nel segno e nel colore, per necessità frutto di interventi meditati e laboriosamente portati a compimento com’è proprio delle opere calcografiche.

Vien da pensare che sia proprio in questa laboriosa operatività, dall’intervallo che di necessità intercorre tra l’ideazione e la realizzazione di un progetto visivo elaborato e complesso che risiede la rasserenante ricostruzione di ricordi e la estrinsecazione di stati d’animo filtrati attraverso una sensibilità che consente di restituirli su carta con efficacia e naturalezza.

Nella mostra sono posti in evidenza lavori articolati in un florilegio che si estende attraverso un lungo percorso emozionale dove trovano posto episodi e luoghi, incontri e memorie che spaziano da esperienze di viaggio, come in istantanee lungamente rielaborate (vedi l’immagine di copertina, nata in un viaggio in Bretagna e realizzata nello studio romano della Stor), o più semplicemente nella quotidiana osservazione di cose, eventi e personaggi che circondano l’operosa giornata dell’artista.

Non paga delle attività di creazione di opere da appendere alla parete, la creatività di Laura Stor si è anche esercitata nella creazione di una quantità di libri d’artista, curati con gusto e raffinata tecnica esecutiva che amplificano la percezione grafica consentendo, pagina per pagina, l’individuazione di una serialità chiamata a confrontare il segno e il colore con la parola scritta. Vedono così la luce piccoli preziosi camei che sottolineano, parte con il disegno, parte con la cura nella rilegatura ingegnosa o nell’allestimento compositivo della piegatura dell’elaborato, la corrispondenza tra i versi (Pascoli, Prevert, Grisancich tra gli altri) e la lettura che ne ha fatto l’artefice della deliziosa operazione editoriale. Sono, questi volumetti, l’area dove s’intersecano due poesie, quella dei singoli autori e quella disegnata dalla Stor, in un muto eloquente colloquio e in un reciproco riconoscersi di parole e figure che si compongono in un’armonia che ha qualcosa della musica. Della buona musica.

 

 

Laura Stor

Marea

Acquatinta, 2005