Ancora su La manutenzione dei sentimenti

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Rimbalza da Parigi un commento sulla poesia di Gabriella Musetti

Fin dalla prima lettura del libro capiamo subito che l’autrice mette in scena il resoconto di una vita matrimoniale, che viene congiunta alle esperienze vissute in città diverse, apprendendo da ognuna di esse qualcosa che merita di essere ricordato, che si lega ancora di più al ricordo del vissuto

di Cinzia Demi

 

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Gabriella Musetti, con alcune memorabili pagine de La manutenzione dei sentimenti può essere annoverata in quella schiera di autori che hanno voluto con la poesia testimoniare l’amore per i propri cari e trovare, al tempo stesso, quella quiete consolatoria che da personale si trasforma sempre, quando i testi sono di così alto livello, in universale.

Gabriella Musetti è nata a Genova, ha vissuto in molte città italiane e straniere, ha insegnato Lettere nei licei italiani e al Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico di Duino, ha realizzato pubblicazioni rivolte al mondo della scuola; femminista, da sempre vicina all’elaborazione culturale del pensiero delle donne, fa parte della Società Italiana delle Letterate e collabora a diverse riviste letterarie; da oltre venti anni organizza a Duino “Residenze estive. Incontri residenziali di poesia e letteratura”. Impegnata da lungo tempo nel campo dell’editoria, si è occupata di molte pubblicazioni saggistiche e di narrativa, prima con le edizioni “Il ramo d’oro”, per cui ha tra l’altro curato Sconfinamenti. Confini passaggi soglie nella scrittura delle donne (2008) e, più recentemente, per la casa editrice indipendente “Vita Activa”, di cui è direttrice editoriale e che ha fondato a Trieste, città in cui vive da molti anni, insieme ad altre donne. Rendono conto, di questo suo ultimo impegno, alcuni titoli di valide pubblicazioni che ha curato direttamente, quali Guida sentimentale di Trieste (2014), Dice Alice (2015), Oltre le parole. Scrittrici triestine del primo Novecento (2016) e il recentissimo Storie de Fausta del poeta triestino Claudio Grisancich. Le sue pubblicazioni più recenti sono: Obliquo resta il tempo, LietoColle (2005); A chi di dovere, La Fenice (2007); Beli Andjeo, Il ramo d’oro (2009); Le sorelle, La Vita Felice (2013); La manutenzione dei sentimenti, Samuele Editore (2015).

Conosco Gabriella Musetti da diversi anni come autrice, per la sua forza della sua poetica e per il suo impegno in ambito letterario, editoriale e organizzativo di eventi. Personalmente ci siamo incontrate a Trieste, una volta che mi aveva invitato ad un incontro presso un bellissimo caffè letterario della città, e a seguire ad una cena a casa sua con altri autori. è una persona gentile e ospitale, piena di risorse umane ed energie positive, nonostante le gravi problematiche in ambito familiare che ha dovuto affrontare, legate alla malattia del marito a cui il libro che presentiamo nell’articolo, La manutenzione dei sentimenti, è dedicato. Sono lieta quindi di averla con me a Bologna, alla rassegna Un thè con la poesia, nel prossimo appuntamento di dicembre.

Sono tanti gli autori che, a un certo punto del loro percorso, hanno dedicato poesie – splendide per altro – ai propri compagni o compagne, mariti o mogli o altro che fossero. Viene subito in mente il Montale dei testi dedicati alla moglie Drusilla: Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio/non già perché con quattr’occhi forse si vede di più./Con te le ho scese perché sapevo che di noi due/le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,/erano le tue; o il Caproni dei testi dedicati alla moglie Rina: Amore mio, nei vapori d’un bar / all’alba, amore mio che inverno / lungo e che brivido attenderti!; o quell’Alda dei versi dedicati al marito Ettore Ieri sera era amore,/io e te nella vita/fuggitivi/e fuggiaschi/con un bacio e una bocca/come in un quadro astratto:/io e te innamorati/stupendamente accanto.//Io ti ho gemmato e l’ho detto… naturalmente potremmo continuare a lungo in questo elenco ma ci limiteremo a dire che Gabriella Musetti, con alcune memorabili pagine de La manutenzione dei sentimenti può essere annoverata in questa schiera di autori che hanno voluto con la poesia testimoniare l’amore per i propri cari e trovare, al tempo stesso, quella quiete consolatoria che da personale si trasforma sempre, quando i testi sono di così alto livello, in universale. Con questo non voglio dire che l’opera della Musetti non sia ricca di altrettanti spunti di indagine e ricerca, di cui a breve parlerò, ma solo che si sofferma in particolar modo sui sentimenti – prova ne sia il titolo del lavoro – ricongiungendo la sua poetica sull’amore e sulla figura del marito a una sorta di bene comune, da non perdere, da conservare ben saldo nella memoria, da non permettere che il passare del tempo o la violenza di una malattia possano distruggerlo.

Dunque, se da una prima lettura del libro capiamo subito che l’autrice mette in scena il resoconto di una vita matrimoniale, non possiamo non cogliere che questa viene congiunta alle esperienze vissute in vari luoghi, in città diverse, apprendendo da ognuna di esse qualcosa che merita di essere ricordato, che si lega ancora di più al ricordo del vissuto. Non sto parlando di un resoconto diaristico, è chiaro, ma di un lavoro che fa immergere il lettore in una dimensione ampia, calandosi in una prospettiva dove le trasformazioni dell’esistenza di ognuno possono comunque diventare condivise e utili per comprendere sé stessi e gli altri. E, in questo modo, ogni luogo assume un ruolo fondamentale, fondante si potrebbe dire, per la vita e per l’esistenza stessa dell’autrice: Genova è la sete dei vent’anni; Manchester, Parigi, Novara, Salisburgo, Lubiana, Kioto… sono i passaggi e l’intercalare dell’esperienza dell’amore coniugale con il viaggio – inteso in tutti i sensi -; Trieste è l’approdo, il porto sicuro che non entusiasma ma rassicura una barriera di miti consacrati/un po’antiquati forse… ma stiamo qui da tempo e oramai/è diventata l’ultima stazione. In questo percorso fatto di tante tappe – anche e soprattutto interiori – ci colpisce l’atmosfera sempre tesa alla premura, alla pazienza, alla comprensione che Gabriella Musetti è capace di ricreare sia che si tratti di momenti esaltanti dettati dall’ardore della giovinezza, sia che si tratti di sacrifici effettuati comunque con responsabilità e serenità per la famiglia, sia che si affronti il tema dell’invecchiamento, della malattia del marito che devasta il corpo e l’anima e, la chiosa della prima parte del libro che esplicita quanto sia difficile confessare questioni così private, quanta energia richieda quest’atto, conferma come tutto si poggi sulla necessità di dire, quasi un obolo che la vita stessa ci chiede, e che in particolare – dice l’autrice – viene richiesto alle donne adulte, a quelle di un’epoca passata che ripensando al tempo che avanza lo connettono, inevitabilmente, con il pensiero della morte.

A questo proposito, nella sezione Passaggi Ibridati, notiamo come vengano evidenziati alcuni punti focali che attraversano i cunicoli più profondi di ogni esperienza di vita: la Musetti parla qui di tempo e extratempo, che alcuni chiamano morte ma lo fa soprattutto per dire che in tutte queste fasi, anche quelle che attraversano la malattia o la seguono, sia possibile afferrare qualcosa di bello, di imprevisto che ci connette col mondo, ed è L’attimo (che) rivela una comprensione più allargata, supera l’io, esce fuori dal circuito limitato della esperienza singola per sfiorare l’assoluto… e possiamo verificare questa verità in alcuni versi che l’attestano, come restando sui limiti/si arriva/a dare spazio dentro/l’isolamento/non sembra perdita/semmai ricerca/slancio di frammento. Singolare a questo punto, ma forse neanche tanto, quella capacità inserzionistica di frammenti di prosa tra i versi, dove si concentrano i contenuti più alti rispetto all’inganno in cui tutti cadiamo – quello che Calderon de la Barca descrive bene in La vita è sogno – laddove finisce la realtà e comincia l’illusione o viceversa. E se la poesia è capace di entrare nella vita, a lei viene affidato il compito di effettuarne anche la manutenzione, se pure la crudeltà del mondo, la durezza del vissuto, la non facile realizzazione di quanto chiesto a quest’arte possono essere davvero grandi ostacoli per ottenere un risultato accettabile, specie ascoltano il monito lanciato dalla Dickinson che apre e chiude la raccolta: Degli attimi fuggenti è fatto il sempre/non è un tempo diverso/se non per l’infinità/o l’ampiezza della casa

Ed è a questo punto che l’autrice avverte la necessità di mettere da parte il proprio io – e lo fa con un altro passaggio in prosa – di cominciare ad osservare non più direttamente ma da un’altra angolazione, che sia di lato, che metta a fuoco ciò che accade senza il proprio intervento, senza la propria presenza: ed è in quella sospensione che è più facile cogliere la bellezza di ciò che succede ed esplicitarla attraverso la propria arte, attraverso la poesia che diventa casa, appoggio, leva per sorreggere ciò che siamo, ciò che vorremmo essere, ciò di cui abbiamo bisogno e vogliamo dare.

 

Città

I di tutte le città rimane Genova dov’è cominciato il primo passo la sete dei vent’anni l’ingordigia che fa tremare i polsi

un caso – è sempre un caso che scombina       Un autobus perduto l’affanno di rincorsa andavamo – ignari – a una gita comune

poi giorni di scoperta come l’annusarsi dei cani ti vedo – non ti vedo – non lo so

ma prepotente un punto prende Diverse le università diverso l’occhio a osservare le cose

tu battagliero calato negli scontri nei moti studenteschi in piena azione io più sui margini – ritrosa aspettavo i cambiamenti       E insieme sorteggiavamo i fili di una vicenda ancora sconosciuta

si è quel che si è non c’è remissione o scampo saperlo non è facile – accampo un’ideuzza peregrina: se non ignori lo stato che incarni maturi giorni più distesi – pur senza arrivare all’armonia

 

Spostamenti

I sperimentiamo ogni giorno come stiamo al mondo tentando strade che non arrivano nei luoghi cercati ma non è inutile il percorso se schiude l’attimo incompiuto se germina dalle prove il tempo che trasforma

dalla mia finestra vedo l’università tanti studenti al freddo con la bora come fiumane umane giù dall’autobus si stringono i cappotti alzano i colletti tengono fermi i libri sotto braccio e contro bora sfidano la strada       Adesso ristrutturano una casa proprio davanti all’università prima della curva di Piazzale Europa Chissà se alcuni ne potranno usare se è per loro – così vicina – questa grande casa gialla da anni vuota – disfatta – con l’enorme gru che svetta dentro il cortile

 

Tre immagini di un epilogo

I tra Roma e Caprera con i licheni da un lato solo batte il vento di Bonifacio piega i ruvidi asfodeli a cielo aperto fischia tra i bassi ulivi e i sughereti fino alla piana e guarda il mare

ho visto Antonella dagli occhi neri

 

 

Riquadro:

 

Cinzia Demi (Piombino – LI), lavora e vive a Bologna, dove ha conseguito la Laurea Magistrale in Italianistica. è operatrice culturale, poeta, scrittrice e saggista. Dirige insieme a Giancarlo Pontiggia la Collana di poesia under 40 Kleide per le Edizioni Minerva (Bologna). Cura per Altritaliani la rubrica “Missione poesia”. Tra le pubblicazioni: Incontriamoci all’Inferno. Parodia di fatti e personaggi della Divina Commedia di Dante Alighieri (Pendragon, 2007); Il tratto che ci unisce (Prova d’Autore, 2009); Incontri e Incantamenti (Raffaelli, 2012); Ero Maddalena e Maria e Gabriele. L’accoglienza delle madri (Puntoacapo , 2013 e 2015); Nel nome del mare (Carteggi Letterari, 2017). Ha curato diverse antologie, tra cui “Ritratti di Poeta” con oltre ottanta articoli di saggistica sulla poesia contemporanea (Puntooacapo, 2019). Suoi testi sono stati tradotti in inglese, rumeno, francese. è caporedattore della Rivista Trimestale Menabò (Terra d’Ulivi Edizioni). Tra gli artisti con cui ha lavorato figurano: Raoul Grassilli, Ivano Marescotti, Diego Bragonzi Bignami, Daniele Marchesini. è curatrice di eventi culturali, il più noto è “Un thè con la poesia”, ciclo di incontri con autori di poesia contemporanea, presso il Grand Hotel Majestic di Bologna.