Aquileia capitale del lusso

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Inaugurata una sezione del rinnovato Museo Nazionale di Aquileia (MAN) dedicata a lusso e ricchezza

di Viviana Novak

 

È nel periodo che intercorre tra il III e il II secolo a.C., quando le guerre di conquista si susseguono con un ritmo serrato, che la società romana subisce una profonda trasformazione nel suo rapporto con il lusso e la ricchezza. Saranno visti come elementi positivi, specie se acquisiti in modo legittimo, mentre lo sperpero dovrà essere limitato con apposite leggi.

Con il controllo di nuovi territori, Roma importa modelli socio-culturali dapprima di tradizione greca ed etrusca, poi orientale, che fanno apparire sempre più lontani gli ideali della virtuosa paupertas e della parsimonia di un’antica età repubblicana, con le sue varie leggi suntuarie, progressivamente emanate nel corso dei secoli, a limitare forme di ostentazione del lusso del privato cittadino (basti ricordare la Lex Oppia del 215 a. C. che imponeva alle donne pesanti limitazioni).

Ancora Augusto, nella sua politica moralizzatrice, proverà ad emanare l’ennesima legge suntuaria, la Lex Jiulia de vestitu et habitu, nel tentativo di limitare il lusso nell’abbigliamento delle matrone. Ma il consolidarsi delle ricchezze della classe dirigente romana porterà inevitabilmente ad una profonda trasformazione della società, sempre più attratta dai raffinati modelli greci e orientali. È quell’insieme di costumi contro i quali, più di un secolo prima, si era concentrata la politica censoria di Catone, nell’anacronistico tentativo di ricondurre il cittadino ad un modello di vita improntato alla rettitudine e alla modestia, in ossequio ai principi del mos maiorum.

Con le conquiste, frutto di una ormai evidente politica imperialistica, si crea un flusso di uomini, merci e schiavi, nonché di idee, che orientano la società romana verso nuovi orizzonti consumistici, nell’appagamento di bisogni sempre diversi e nella gratificazione individuale attraverso il possesso e l’esibizione del superfluo. L’affermarsi di nuovi modelli socio-comportamentali accentua così progressivamente il discrimen tra le classi egemoni e quelle subalterne.

La città di Aquileia, fondata nel 181 a. C. come colonia latina a controllo dei territori nord-orientali, diventerà nel corso di pochi secoli uno snodo commerciale di vitale importanza per un impero ormai globalizzato. Qui arriva e da qui parte, una volta lavorata, l’ambra del Baltico, così come giungono e transitano, oltre ad altre merci, l’oro, le pietre preziose, le spezie, i profumi, tutto ciò che rappresenta un universo voluttuario, destinato ad una ricercata eleganza da parte dell’aristocrazia.

«Vultis inaurata corpora veste tegi, vultis odoratos positu variare capillos, conspicuam gemmis vultis habere manum» (Volete che vesti d’oro coprano i vostri corpi, volete pettinature sempre diverse ai capelli profumati e la mano vistosa di gioielli) recita un frammento del Medicamina faciei feminae di Ovidio riprodotto su una parete del rinnovato Museo Nazionale di Aquileia (MAN).

Ed è infatti questo contesto socio-culturale che si è voluto rappresentare nella sezione del Museo intitolata “Lusso e ricchezza”, mettendo in mostra quel repertorio di oggetti da sempre considerati “il tesoro di Aquileia”.

Inaugurata il 28 maggio a completamento dell’ultimo piano del Museo, dopo gli importanti lavori di rinnovamento dell’intera struttura, la sezione, come sottolinea la direttrice Marta Novello, guida il visitatore alla scoperta della sfera privata, con una sensibile attenzione alla figura femminile rappresentata anche nella sua dimensione più intima, attraverso l’esposizione degli oggetti destinati alla cura della persona e al culto della bellezza. Completa la sezione un’ampia raccolta di monete che evidenzia ulteriormente la ricchezza acquisita dalla classe egemone aquileiese.

Risulta evidente la necessità di promuovere una fruizione che tenga conto di nuove scelte espositive e illuminotecniche, ideate da un esperto dei linguaggi museologici, l’architetto Giovanni Tortelli. Scelte, non sempre facili da attuare, che hanno portato alla creazione di un “museo tattile” per un pubblico non vedente e che attraverso strumenti multimediali permettono anche una esplorazione della collezione a distanza. Al vecchio Museo, in cui le vetrine erano organizzate per classi di materiale secondo un principio da collezionismo antiquario, fa seguito ora una sistemazione dei reperti per scelta tematica, nel rispetto dei contesti, laddove le indicazioni di vecchi scavi e relative catalogazioni lo consentano.  Ma ci sono anche materiali di recente rinvenimento, dal momento che Aquileia è oggetto di una continua indagine archeologica, con scavi che stanno mettendo in luce nuovi aspetti, finora poco indagati.

Di particolare eleganza la scelta del grigio, nelle sue tonalità, per le pareti  interne, dove campeggiano riferimenti didascalici e suggestive citazioni da fonti letterarie latine.

La prima sala della mostra cala immediatamente il visitatore nel contesto della cura dell’immagine femminile: «Huic decet inflatos laxe iacuisse capillos: illa sit adstrictis impedienda comis; hanc placet ornari testudine cyllenea» (A questa stanno bene i capelli gonfi e ondeggianti, a quella stretti e piatti che fascino la testa; e c’è chi ama adornarsi con pettine di tartaruga) ricorda la citazione riportata in parete e tratta dall’Ars amatoria di Ovidio. A sottolineare quanto fosse diffusa l’attenzione alle pettinature è presente in una vetrina una variegata raccolta di spilloni in osso e argento, mentre per la cura del corpo sono esposti strigili e specchi in bronzo, balsamari e altri reperti ancora. Oggetti che sembrano dialogare specularmente con alcuni busti femminili in marmo posti di fronte.

Proseguendo il percorso, gli orizzonti si ampliano con vetrine che raccolgono preziosi monili in oro (come una raffinatissima collana costituita da vaghi in forma di conchiglia), fibule, una parete contenente una delle più ricche collezioni esistenti di oggetti in ambra (sono più di 500 i pezzi presenti nel Museo) e una raccolta di monete in oro, argento e bronzo che testimoniano i flussi di denaro tra Aquileia e le varie parti dell’Impero lungo precise rotte commerciali.

Un approfondimento viene dedicato alla zecca di Aquileia, che, istituita da Diocleziano tra il 295/296 e attiva per due secoli, coniava monete destinate prevalentemente agli eserciti stanziati nell’area balcanica.

La presenza, inoltre, di alcuni tesoretti testimonia l’antica umana consuetudine di occultare in appositi nascondigli, per motivi di sicurezza, le monete accumulate, spesso raccolte all’interno dei più svariati contenitori, come risulta da innumerevoli testimonianze di scavo.

Ma il luogo di maggior impatto emotivo per il visitatore è la stanza delle gemme, esposte in una progressione di piccole nicchie illuminate, che creano un sorprendente effetto chiaroscurale. Cammei, diaspri, agate, ametiste, corniole, vetri lavorati e incisi possono essere analizzati nei dettagli con una tecnica di ingrandimento digitale. A sottolinearne la preziosa bellezza una frase di Plinio il Vecchio: «…la maestà della natura concentrata in un oggetto di piccole dimensioni…». Nella parete di fondo, raccolte a seconda del colore in file orizzontali come in un antico campionario destinato al commercio, pietre di varia grandezza a testimonianza di antiche ed esotiche vie commerciali.

Al termine del percorso permane, oltre ad un senso di estremo piacere («Un museo è un luogo dove si dovrebbe perdere la testa» recita una celebre frase di Renzo Piano) il desiderio di indagare più a fondo, di approfondire: quello che ogni “buon” museo, come un “buon” maestro dovrebbe stimolare.

A rendere possibile tutto ciò è stata l’attenzione delle istituzioni al sito archeologico di Aquileia dove, grazie alla creazione della Fondazione per la sua salvaguardia e valorizzazione e quindi ai finanziamenti con fondi pubblici, si sono potute attuare la riqualificazione museale e la ripresa delle indagini archeologiche. Come ricorda, infatti, la dottoressa Andreina Contessa, Direttore della Direzione Regionale Musei del Friuli Venezia Giulia, per la sola Aquileia sono stati stanziati negli ultimi cinque anni ben nove milioni di euro.

E questo, lo diciamo con soddisfazione, è segno di un’importante svolta di politica culturale, che ci auguriamo possa interessare con gli anni anche altri siti archeologici del nostro Paese, spesso ingiustamente destinati all’abbandono e alla perdita per tutti noi di fondamentali valori identitari.