Caruso Pascoski tra comicità e follia

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di Stefano Crisafulli

 

Correva l’anno 1988 quando Francesco Nuti (scomparso lo scorso 12 giugno) fece uscire il suo quarto film da regista, Caruso Pascoski di padre polacco. Ne erano passati sette dall’ultimo lavoro assieme ai ‘Giancattivi’ (Athina Cenci e Alessandro Benvenuti), Ad Ovest di Paperino (1981), e sei dalla sua prima opera da protagonista assoluto, ovvero Madonna che silenzio c’è stasera (1982), di Maurizio Ponzi, che lo mise in luce come uno dei principali interpreti della comicità toscana. A quel film ne seguiranno altri, come Willy Signori e vengo da lontano (1989), ma comincerà anche, negli anni ’90, un lento declino che culminerà con un finale piuttosto tragico.

Caruso Pascoski di padre polacco rappresenta quindi l’apice della sua parabola artistica, nonostante risenta del peso degli anni e abbia avuto, allo stesso tempo, grande successo di pubblico e scarso invece di critica. I motivi delle critiche negative sono relativi alla tipologia di comicità, spesso iperbolica e ‘cattiva’, ad alcune sbandate effettivamente poco politically correct e ad una storia troppo egoriferita. Tutte cose vere, bilanciate però da alcune scene molto divertenti, da un sottile velo poetico e malinconico caratteristico della sua cifra, da una Firenze che fa da meraviglioso personaggio aggiunto, da efficaci canzoni autoprodotte come Giulia non lo sa e da una sorta di follia sotterranea che pervade il film, a cominciare dai pazienti di Caruso Pascoski, interpretato dallo stesso Francesco Nuti.

Sì, perché Caruso, di mestiere, fa lo psicanalista e la galleria di squilibrati che noi spettatori vediamo sfilare nel suo studio è piuttosto bizzarra. Dalla donna che si crede Marylin Monroe e riproduce con un ventilatore la celebre scena di Quando la moglie è in vacanza, a quello che si crede Cristo ed entra con una croce sulle spalle, sino all’uomo che sogna un uomo che russa così forte da svegliarlo, geniale cameo interpretato da Carlo Monni. Ma come curarli, se poi è proprio lui, Caruso, a sbarellare dopo che la moglie Giulia (interpretata da Clarissa Burt) se n’è andata di casa di punto in bianco perché, scoprirà in seguito, invaghitasi di un altro uomo, Edoardo Mariotti (Ricky Tognazzi)? Certo è che almeno con il rivale (che è un suo paziente ed è omosessuale, anche se ancora non lo sa), dovrà prima o poi tentare di parlarci, per convincerlo a lasciare Giulia e seguire la sua strada. Sin qui la storia, che prosegue dopo la separazione quando la ex moglie decide di tornare con lui, ma solo come amante, per mezzo di fugaci ed esilaranti incontri nella toilette femminile di un cinema e si conclude con un finale apparentemente conciliatorio. Ancor più interessanti della storia in sé sono però alcuni intermezzi puramente comici, come l’intervento dell’attore feticcio Novello Novelli nei panni di un carabiniere che cerca di riportare alla ragione un Caruso ubriaco e propenso a distribuire baci anche alle forze dell’ordine («Dammi un bacino…»), i siparietti con l’amico avvocato (Antonio Petrocelli), in particolare il gioco dei paragoni tra partiti politici e insaccati («il salame è socialista, il prosciutto è democristiano…»), e il rapporto con una madre possessiva (Gianna Sammarco) che nel giorno del matrimonio di Caruso con Giulia tira alla sposa manciate di riso con una certa violenza. E il padre? Beh, il padre è polacco e non dice mai nulla, ma inarca spesso le sopracciglia.

 

1.

Francesco Nuti in

una scena del film