Chi è stato de Henriquez?

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Esplorati i diari del singolare personaggio

 

La pubblicazione del romanzo Non luogo a procedere di Claudio Magris, del quale Anna De Simone alle pagine precedenti ha fornito un’appassionata recensione, dovrebbe riaccendere l’interesse circa il protagonista maschile del romanzo, la singolare figura di collezionista che rispondeva al nome di Diego de Henriquez. Tale interesse può essere in larga misura saziato da un recente saggio a più mani (opera di Vincenzo Cerceo, Claudia Cernigoi, Luca Lorusso e Maria Torone), Diego De Henriquez. Il testimone scomodo, opera nata da una prima sistematica esplorazione, affrontata da Vincenzo Cerceo, della voluminosa raccolta dei diari del de Henriquez custodita presso i Civici Musei di Trieste: si tratta di un corpus di 287 quaderni, di circa quattrocento pagine ciascuno, numerati progressivamente da 1 a 313. Risultano quindi mancanti ventitre unità, quasi tutte cronologicamente vicine alla data della misteriosa uscita di scena del loro estensore. Ma, per non iniziare dalla fine, diremo che de Henriquez nacque a Trieste nel 1909, diplomato al Nautico, poliglotta, ossessionato dal collezionismo fin dall’infanzia, iniziò a raccogliere in particolare armi e ogni altra cosa afferente alla vita militare nel suo periodo di leva, assecondato in tale attività del consenso dei superiori. Quella sua raccolta assunse presto il colore di un’ossessione insaziabile, nella quale de Henriquez profuse ogni sua energia e per la quale dilapidò anche il patrimonio di famiglia, come ci racconta nel suo saggio Maria Tolone; una collezione ipertrofica di oggetti attinenti la guerra, dai bottoni d’uniforme agli obici a lunga gittata, dalle baionette ai carri armati.

L’indiscutibile abilità nell’incrementare la sua collezione è anche correlata a quella di stabilire rapporti con le autorità militari e in questo senso la fine del secondo conflitto mondiale fu un periodo di straordinario accrescimento, cui contribuirono gli accordi sia con i tedeschi asserragliati nel tribunale di Trieste prima della loro resa, sia con i comandi delle truppe alleate che successivamente ressero la zona A del Territorio Libero di Trieste, fino al 1954: da tutti acquisì importanti apporti alla sua raccolta di armi e di vari mezzi ed equipaggiamenti. Né fu, tale straordinaria incetta di reperti bellici l’unico ambito in cui si esercitò il Nostro: partecipò attivamente (ed economicamente) alla progettazione e all’esecuzione del batiscafo Trieste di Auguste Picard, destinato a raggiungere nel 1959 il record (10.902 m. sotto la superficie marina) tuttora imbattuto di profondità nella Fossa delle Marianne, si diede da fare per ottenere alcune parti del piroscafo Elettra di Guglielmo Marconi, esplorò diversi sotterranei allora sconosciuti sul Colle di San Giusto.

Se la mole e le dimensioni delle sue collezioni sono state tali, nonostante i numerosi furti subiti, da aver consentito finalmente la nascita del suo progettato “Museo della guerra per la pace”, ugualmente e forse più importante fu la sua attività di testimone del suo tempo, per la cura certosina con cui volle documentare nei suoi diari ogni minima cosa che avveniva davanti ai suoi occhi curiosi e ogni persona, ogni episodio di cui avesse avuto conoscenza. La redazione dei diari si articola temporalmente dal 1941 alla scomparsa dell’autore, come noto morto in circostanze misteriose, nella bara nella quale di norma si coricava, a causa di un incendio che devastò uno dei suoi magazzini, in Via San Maurizio 13 a Trieste, il 2 maggio 1974.

Nel suo saggio in apertura del volume, Claudia Cernigoi analizza le circostanze legate a quella morte, le lacune investigative, le circostanze che avrebbero dovuto indurre a una maggiore circospezione nelle conclusioni degli atti istruttori che terminarono con un “non luogo a procedere”.

Certo, De Henriquez fu personaggio originale ai limiti della bizzarria, per cui almeno in parte alcune sue note andrebbero sottoposte a scrupolose verifiche, ma non si può negare che esse costituiscano una fonte di rilevante interesse per chiarire molti episodi della storia triestina della quale lui è stato testimone. E questo libro della Belt, con la sua narrazione potrebbe rivelarsi un utile punto di partenza per l’analisi storica attorno a quei quaderni custoditi presso i Civici Musei di Trieste.

 

 

Copertina:

Vincenzo Cerceo, Claudia Cernigoi,

Luca Lorusso, Maria Torone

Diego de Henriquez.

Il testimone scomodo

Beit, Trieste 2015

  1. 227, Euro 18.