CINEMA – Salyut-7

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Salyut_7_19.0Salyut-7 (Klim Shipenko, Russia 2017).

di Pierpaolo De Pazzi

Il film è presentato al Trieste Science+Fiction, vince il Premio del pubblico e ne viene annunciata la prossima distribuzione ufficiale nelle sale.

È un evento non comune, quello della distribuzione di un film russo nelle nostre sale, che in questo caso speriamo sia ben accolto dagli spettatori. Il film infatti è ben documentato, molto ben girato, con la tensione giusta per coinvolgere senza strafare, ha buoni interpreti, bella ricostruzione dell’epoca della perestrojka con le schermaglie spaziali tra sovietici e americani, il tutto senza esagerare con toni patriottici o nazionalistici.

Racconta la vicenda della missione Soyuz T-13, che nel 1985 vede i due cosmonauti Vladimir Dzhanibekov e Viktor Savinykh lottare contro il tempo e contro le avversità dello spazio per riportare in vita la stazione orbitante Salyut-7, congelata e non rispondente a nessun comando, prima che gli americani, o lo stesso esercito russo, decidano di distruggerla perché fuori controllo. Si considera che questa missione sia stata la più difficile tecnicamente nella storia dei voli nel cosmo.

Contraltare russo di “Apollo 13”, con più tensione e meno prosopopea, ha almeno due scene apertamente anti retoriche. La prima ci fa assistere ad una bevuta di Vodka, fluttuante senza bicchiere, perché in assenza di gravità, con buona pace della fallimentare campagna anti-alcool di Gorbaciov, iniziata proprio quell’anno. La seconda è per me indimenticabile, mostrandoci il primo volo spaziale del più umile degli insetti, uno scarafaggio-cosmonauta, infiltratosi non si sa come nella Soyuz T-13, alla faccia dell’immagine di perfezionismo che i film americani sullo spazio vogliono dare.

Cosmonauta, perché gli astronauti sono gli altri, gli americani.