Il Musée Marmottan a Bologna

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A Palazzo Albergati cinquantasette opere dei maggiori esponenti dell’Impressionismo francese

di Patrizia Lazzarin

 

Palazzo Albergati, nel centro di Bologna, ospita dal 29 agosto la rassegna “Monet e gli Impressionisti”. Visitabile fino al 14 febbraio 2021, l’esposizione è stata realizzata in collaborazione fra il Gruppo Arthemisia ed il Musée Marmottan Monet, con la curatela di Marianne Mathieu, direttrice scientifica del museo di Parigi.

Dentro la mostra sono visibili al pubblico cinquantasette opere dei maggiori esponenti dell’Impressionismo francese fra cui Monet, Degas,Manet, Renoir, Pissarro, Corot, Sisley, Caillebotte, Morisot, Boudin e Signac: molte delle quali mai esposte in altre parti del mondo. Le ninfee rosa e azzurre, i glicini viola, i paesaggi innevati dove si stagliano le scarne braccia degli alberi e le scogliere che si gettano nell’acqua, mentre la schiuma delle onde si solidifica in pennellate corpose che restituiscono segmenti di luce, ci affascinano con un’arte che ha saputo raccontare la modernità di un’epoca.

Mentre attraversiamo le sale dell’esposizione siamo incuriositi da queste epifanie di colore che sembrano scendere dai quadri e rivestire intere pareti. Il senso di sorpresa ci coglie fin dall’inizio poiché questa è la prima occasione in cui il Musée Marmottan Monet presta un corpo di opere tanto consistente e che racchiudono ognuna una vicenda, non solo artistica, ma anche privata. Ci tramandano “brani” poco, o non noti, della vita della grande famiglia degli impressionisti.

Il Musée Marmottan fu inaugurato nel 1934 per desiderio di Paul, l’ultimo discendente della ricca e influente famiglia Marmottan, che aveva pensato di legare la sua dimora all’Académie des Beaux Arts, per garantirne cosi, dopo la sua morte, l’apertura al pubblico e favorire anche un’adeguata tutela di quella galleria di pittura, per molti aspetti straordinaria. L’Académie decise di realizzare un museo fin da quando, nel 1932, ricevette l’eredità. Sono tuttavia le donazioni di opere di Victorine e Eugène Donop de Monchy nel 1940 che, regalando undici tele recanti la firma di Claude Monet, Berthe Morisot, Pierre Auguste Renoir, Alfred Sisley e Camillo Pissarro, danno inizio alle collezioni impressioniste del museo, arricchite nel tempo da una trentina di benefattori, tra cui gli eredi e i discendenti dei maestri impressionisti. Testimonianza di quelle relazioni, amicizie e dell’ammirazione che animavano mecenati ed artisti di quella corrente pittorica è, visibile in mostra, il ritratto giovanile che Renoir fa alla giovane Victorine su commissione del padre di lei.

Nel lascito di Victorine ci sono due capolavori di Claude Monet che possiamo ammirare in tutta la forza della loro novità e della loro bellezza: Il treno nella neve. La locomotiva, un dipinto del 1875 e Il Ponte dell’Europa. Stazione di Saint – Lazare del 1877. Nella prima opera, la locomotiva avanza sul bianco di una neve che percepiamo nella solidità di un manto ghiacciato e con i suoi fumi di vapore scurisce il cielo e restituisce i colori di una giornata d’inverno dove, tuttavia, una macchia di colore simile ad un drappo rosso e quei fari gialli che si staccano sulle superfici scure della macchina sanno riaccendere, con una virgolettata di colore, l’intera immagine. Ancora lunghe scie di fumo nella Stazione di Saint – Lazare che, nelle tonalità del grigio e del bianco si condensano in nuvole leggere che non appesantiscono, ma diventano lo scenario consueto dell’effervescenza della vita moderna mentre salgono a coprire con le sfumature più chiare le superfici eleganti color avorio dei palazzi cittadini.

Nel 1966 il museo ricevette il lascito dell’ultimo figlio di Monet, Michel: più di cento opere, tra cui grandi quadri con ninfee, diventando così la più grande collezione esistente al mondo dell’artista francese e assumendo il nome attuale: Musée Marmottan Monet. Dagli anni Novanta l’istituzione accoglie anche la prima raccolta di quadri della più famosa pittrice francese impressionista: Berthe Morisot, cognata e grande amica del più celebre édouard Manet, per cui posò anche come modella fino al matrimonio con il fratello di lui, Eugene. Quel frammento di quadro con Berthe distesa, dipinto da édouard e ridotto dall’autore, per concentrare l’attenzione sul busto della donna, in un primo tempo ritratta a figura intera, è un’opera uscita per la prima volta dal museo Marmottan ed è ora visibile a Palazzo Albergati, in quel gioco di neri e marroni, dove spiccano il colorito chiaro del volto della pittrice ed il tratto deciso dei lineamenti. L’opera racconta della loro amicizia vissuta anche nelle sale del Louvre mentre si esercitavano sui quadri di celebri artisti.

Espressione della familiarità fra i pittori è anche quel Ritratto di Julie Manet, la figlia di Berthe, dipinto da Renoir, dove lo sguardo che sfugge gli occhi dello spettatore non riesce però a celare la soavità e l’intensità di un volto che è avvolto in una nuvola vaporosa di capelli che mutano nei toni luminosi dal rosso al nero. Il pennello di Berthe esprime la sua delicata sensibilità come nell’opera Donna con il ventaglio dove, con una ridotta gamma cromatica, che si arricchisce solo nelle piante sul tavolino dietro la modella, riesce a restituirci la consistenza a volte vitrea, a volte morbida degli oggetti e degli indumenti. Molte tele della pittrice ritraggono la figlia Julie spesso in compagnia della cugina Jeannie come Sul melo: qui è visibile una pennellata fluida e chiara che sembra congiungere le linee dei movimenti dei corpi a quelle delle piante. Nella Pastorella sdraiata, che raffigura un’amica di Julie, la tavolozza nelle striature del colore, azzurro e viola e i tocchi di arancio e bianco disegnano una scena di Arcadia contemporanea, ma soprattutto l’opera incanta perché la luce sembra costruire le immagini. Luce e acqua, bianco ed azzurro nel Porto di Nizza, sempre della stessa autrice, dove trionfa la tecnica impressionista.

Un piccolo quadro che racchiude nella stessa misura bellezza e concentrazione di visione è il Bosco sulla Côte de Grâce, Honfleur di Camille Corot. In mostra sono ammirabili, infatti, quadri che erano appartenuti al lascito di Annie Rouart, nuora di Julie, che possedeva opere di maestri come Corot o di amici di famiglia come gli impressionisti. Possiamo ammirare anche opere di Paul Signac, acquistate da Claude Monet. Di Monet cogliamo l’immersione nei colori della natura tra gli spazi di Argenteuil e Giverny e la sua attrazione per la cultura giapponese di cui reca testimonianza, in particolare, la sua ultima opera dipinta che chiude la mostra: Le rose. Qui i fiori fluttuano nell’azzurro recando con sé la leggerezza e i colori della vita.

La rassegna Monet e gli Impressionisti è illustrata da un catalogo recante 190 immagini a colori (Skira editore, pp. 160) e rimarrà aperta per i visitatori tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00.

 

Claude Monet

Ninfee

olio su tela, 1916-1919 ca.

Parigi, Musée Marmottan Monet

lascito Michel Monet, 1966

© Musée Marmottan Monet, Paris

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