Coen e Nemes, le due perle di Venezia 75

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di Alan Viezzoli

 

Dei 21 film passati in concorso alla 75ª Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, svoltasi dal 29 agosto all’8 settembre 2018, tolto quel ROMA che ha meritatamente vinto il Leone d’oro, sono due i film che maggiormente spiccano per bellezza e per completezza: The Ballad of Buster Scruggs dei fratelli Coen e Sunset di László Nemes.

The Ballad of Buster Scruggs è un film a episodi costituito da sei storie a tema western, che spaziano nei generi: dal musical alla commedia, passando per la storia sentimentale. Joel ed Ethan Coen riprendono l’idea della commistione di generi cinematografici che avevano già sperimentato con il precedente Ave, Cesare! ma in questo caso il discorso viene frammentato in sei episodi di lunghezza variabile: dimostrazione lampante del fatto che, come affermato anche dagli stessi registi, il film non è mai stato pensato per essere una serie televisiva, nonostante la produzione sia stata affidata a Netflix. Il genere comune a tutto il film è quello western, che affonda le radici nella storia degli Stati Uniti, fatto questo estremamente importante per ciò che i Coen vogliono dire con questa pellicola. Ogni singola storia ha un finale tragico e anche il film nel suo andamento segue la stessa linea: il primo episodio, che ha lo tesso titolo del film, è esilarante e in un paio di momenti in proiezione stampa c’è stato addirittura un applauso a scena aperta, mentre l’ultimo, The Mortal Remains, è spettacolare nella sua livida freddezza. In questo modo i Coen sottolineano il progressivo smarrimento della spensieratezza iniziale che lascia spazio alla lucida consapevolezza della perdita di quel “sogno americano” da sempre favoleggiato e che da tempo non esiste più – ammesso che sia mai esistito.

Anche Sunset di László Nemes è ambientato nel passato, questa volta nel 1913. Írisz Leiter è una giovane modista che arriva a Budapest nel tentativo di farsi assumere nel negozio di cappelli che apparteneva alla sua famiglia. La ragazza non ottiene il posto, ma scopre di avere un fratello, Kálmán, di cui ignorava l’esistenza e ora per Írisz trovarlo è una questione di vita o di morte. Sunset è l’opera seconda di László Nemes il quale con Il figlio di Saul ha vinto il “Grand Prix Speciale della Giuria” al Festival del Cinema di Cannes nel 2015 e l’Oscar per il miglior film straniero nel 2016. Nemes riprende lo stile di regia del suo primo film e, esattamente come faceva con Saul, si mette a seguire Írisz in modo ossessivo, inquadrandola sempre di spalle di tre quarti, tenendola ossessivamente a fuoco e lasciando sfocato il resto del mondo. Nel fare ciò, Nemes vuole chiaramente alludere all’inquietudine di un’Europa che sta per esplodere in quella che sarà una guerra terribile che la lascerà devastata e che, se vogliamo, porterà poi all’avvento proprio di quel nazismo raccontato ne Il figlio di Saul. Il “tramonto” del titolo allude proprio al declino di una società corrotta e pronta alla rivoluzione. Di fatto Írisz è l’Europa, che gira smarrita senza una meta, tornando sempre al punto di partenza, sempre elegante e adorna di trine e merletti i quali stridono sempre più con gli ambienti che con il passare dei minuti la ragazza si trova frequentare. Infatti non è un caso che le cose cambino solo nel momento in cui Írisz decide di smettere quei vestiti a favore di altri totalmente diversi. E, come accade anche per il film dei Coen, è difficile non leggere in Sunset una forte critica alla contemporaneità: all’Europa di oggi e alle sue tensioni interne, in questo periodo più forti che mai. Un altro modo per ricordarci ancora una volta che dalla nostra Storia c’è solo da imparare.