Colloquio (plausibile) col padre
Adriana Medeot | dicembre 2020 | Il Ponte rosso N° 63 | narrativa
di Adriana Medeot
è un dialogo tra padre e figlia, improbabile e indispensabile al tempo stesso, il romanzo L’isola dell’aria di Patrizia Rigoni. Improbabile perché l’altro – quello a cui si rivolge Giò, l’io narrante, o meglio il motore dello scambio epistolare – l’altro, che risponde interpellato dalla figlia incalzante – Mi stai sentendo? Perdendo il corpo sei divenuto tutt’orecchi?, non c’è più, è altrove, nell’isola dell’aria, appunto, in cui, con poetica concezione dell’aldilà, l’autrice vuole immaginare quanti non son più di questo mondo. è uno scambio d’idee però indispensabile a sanare ferite ancora sanguinanti, a cercare un terreno di confronto condiviso e pacifico, a trovare risposte non solo individuali, ma che coinvolgono tutti noi.
I perché con cui Giò, da bambina, pressava il padre, mettendolo all’angolo, risuonano nelle pagine del libro e cercano risposta nella dimensione del viaggio: a ritroso nel tempo, a riscoprire i profumi, le immagini, i colori e i momenti condivisi. L’odore dell’olio e dell’inchiostro delle macchine della tipografia, di cui lui, dapprima operaio, era diventato proprietario, si mescola con quello delle spezie dei paesi visitati dalla figlia: zafferano, cannella, cardamomo; i simboli della religione cattolica, cari al padre, con le cupole e i minareti musulmani; le valli aride e gialle di Pertek con l’azzurro biancore dei laghi ghiacciati della Norvegia.
Viaggio per terra e per mare, alla ricerca dell’origine del mondo, all’inizio dei perché: la mezzaluna fertile. Da dove partire? Da Trebisonda. […] volevo raggiungere la Mesopotamia entrandoci dentro a partire da quel nome di città del disorientamento, della perdita di senno. E là, in quel luogo, Giò ritrova un senso.
Viaggio interiore pertanto, come ogni viaggio è, quello che la protagonista compie per riordinare i tasselli del puzzle della vita, che, giunta a maturità, necessita di esser ricomposta per delineare un’immagine comprensibile e significativa di sé e per trovare chiavi interpretative del mondo stranito che la circonda.
è estremamente suggestivo, nella prima parte del libro, immergersi nell’atmosfera degli anni Settanta in Lombardia: l’attività dell’azienda paterna in crescita, in pieno boom economico, la spinta verso un futuro migliore è forte, il benessere economico a portata di mano, anzi raggiunto dopo i difficili anni del dopoguerra. I giovani, forti di una ormai consolidata prosperità, s’interrogano sulla giustezza del mondo e non accettano risposte tradizionali o ipocrite, vogliono arrivare al nocciolo delle questioni. In quegli anni tra padre e figlia i dissidi si fanno sempre più forti. Avevamo due orizzonti, parlavamo diverse parole. Il padre impone il suo punto di vista fortemente cattolico, pur permeato da un onesto e fattivo socialismo, la figlia gli oppone una visione laica, intrisa da una forte etica sociale.
Il padre lavora molto, si concede – forse – degli svaghi, è spesso assente, ma costituisce il motore della famiglia, è attore, fa. La madre nella sua visione di uomo forte, senza mezze misure, vive nella sua ombra. La mamma ha cominciato ad avere identità quando è diventata mia moglie. Lo sai, nel suo cognome non si è mai ritrovata, era il mio che le faceva casa.
Se è vero, e credo che lo sia, che lungo il percorso della vita dobbiamo fare i conti con l’impronta che ci è stata data dai genitori, con quelle parti di essi che sono in noi, che facciamo fatica a riconoscere e ad accettare, contro cui abbiamo combattuto e ci siamo scornati, per gradevole o sgradevole che ci risulti il fatto, ebbene questo romanzo sollecita fortemente una riflessione personale sul vissuto di ognuno di noi.
Con una scrittura fortemente connotativa Patrizia Rigoni sfida i fondamenti della scienza e fa dialogare la sua Giò con il mondo dei morti, per raccontarci di Dio e degli uomini, di amore e di ferite d’amore, di maschile e di femminile, di una società che ha smarrito il suo senso, e ancora di aria, di fuoco, di terra e d’acqua, quell’acqua, quell’emozione, in cui si può decidere finalmente di arrendersi. E così farà la protagonista immergendosi nell’Eufrate, per trovare, diversamente da Gilgamesh, la consapevolezza piena e carnale della propria essenza mortale, e viva.
Patrizia Rigoni
L’isola dell’aria
Grossmann edizioni,
Castions di Strada (UD) 2020
- 140, euro 16,00