Curiosità semiotiche

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L’edificio della Pescheria (1913) di Giorgio Polli a Trieste

di Maurizio Lorber

 

Gillo Dorfles, nel 1973, si chiedeva che cosa accade quando una chiesa assume le sembianze di un night club oppure lo stadio quelle di un tempio? Erano gli anni precedenti l’avvento dello stile postmoderno e il reimpiego degli edifici industriali per funzioni diverse non era ancora diffuso. Esattamente sessant’anni dopo l’inaugurazione della Pescheria Centrale di Trieste (1913), Dorfles citava (in Dal significato alle scelte, 1973) l’edificio progettato da Giorgio Polli quale esempio di comunicazione bizzarra. Infatti, precisava lo studioso, come accade per taluni esempi di revival ottocenteschi, la Pescheria triestina fa parte della storia dell’architettura anche per l’assurdità semantica del suo aspetto. È noto che turisti incauti sbarcati dalle navi da crociera la scambiano con una chiesa. I triestini infatti, con l’ironia che li contraddistingue ancor oggi, la chiamarono “Santa Maria del guato” (il guato è, per chi non fosse triestino, il piccolo pesce che abbonda nel golfo: il ghiozzo).

Oggi gli edifici sembrano non rispondere più a quello che un tempo si sarebbe detto un criterio d’individuazione denotativa. Anzi le cosiddette Archistar ci hanno abituato che prima di tutto si deve stupire e la funzione dell’edificio passa in secondo piano. Le intenzioni dei committenti, per quanto attiene alla Pescheria, non erano di questo genere, semmai si intendeva ospitare, in maniera funzionale le esigenze commerciali del mercato del pesce, rispettando parametri igienici adeguati ad una città moderna. Curiosamente però nell’edificio progettato da Giorgio Polli, l’ultimo di una certa rilevanza realizzato in epoca asburgica, il principio di “semanticità istituzionalizzata” non vale: «che detto in parole diverse permette alla persona che vi si imbatte di comprendere quale sia la sua funzione pratica e simbolica: una chiesa, un edificio abitativo, la sede di rappresentanza di un’azienda, una scuola» (G. Dorfles, 1973). Correttamente Dorfles – ma anche Umberto Eco negli stessi anni – precisava che pure le costruzioni meno “nobili” quali un chiosco dei gelati, l’orinatoio, o un magazzino devono riuscire a comunicare la loro precisa funzione sia per motivi commerciali che pratici. Nulla da eccepire salvo che, in tempi recenti, tramite il cambio di funzione, fabbricati, capannoni industriali e vecchi mercati hanno assunto funzioni alternative (musei, palestre, centri di aggregazione sociale). Questi riadattamenti ci hanno abituato all’anarchia comunicativa un tempo meno frequente. Non solo ma l’entropia stilistica che caratterizza tutta l’arte contemporanea ha coinvolto anche l’arte funzionale per eccellenza: l’architettura e il disegno industriale altrimenti detto design. Lo spremi agrumi di Philippe Stark, come ben noto, assomiglia a una navicella aliena e le sembianza degli edifici rispondono, volta a volta, non alla funzione che assolvono ma alla indipendenza stilistica dell’architetto che li progetta. Così l’architetto, se è di gran fama – un Archistar – potrà utilizzare la sua personale cifra stilistica. Non riconosceremo pertanto un museo, una scuola o un aeroporto ma, se l’architettura contemporanea non ci è estranea, quando ci imbatteremo in costruzioni che evocano visivamente celenterati, gasteropodi, scheletri di dinosauri o un insieme di lamine riflettenti buttate apparentemente a casaccio ci gratificheremo nell’identificarli quali progetti geniali di Santiago Calatrava, Zaha Hadid o Frank Gehry.

Ritornando al nostro tema dobbiamo ricordare che la stessa Pescheria del Polli oggi non assolve più alla sua funzione originaria ma è divenuta una Kunsthalle nella quale si alternano mostre e installazioni. Così come a Milano La fabbrica del vapore, un tempo officina nella quale venivano fabbricati i tram, è ora sede di associazioni culturali e luogo nel quale ospitare eventi. Sicuramente uno dei riadattamenti più interessanti, con cambio di funzione, e forse non noto a tutti, sono Les Abattoirs (oggi Musée des Abattoirs – il museo dei Mattatoi) della città di Toulouse, ora un museo di arte contemporanea con sale per esposizioni temporanee, spazi espositivi, biblioteca e sale didattiche per i giovanissimi. L’aspetto di similarità con la Pescheria triestina si riscontra nella storia dell’ex mattatoio. Fu conferito nel 1825 all’architetto Urbain Vitry l’incarico di progettare una costruzione di tipo basilicale, caratterizzata da un’articolazione simmetrica degli spazi con un linguaggio neoclassico. Pochi anni prima che il mercato del pesce a Trieste sospendesse la sua attività, a Toulouse, nel 1988, il mattatoio cessava la sua attività per divenire, nel 2000, su progetto di Antoine Stinco e Rémi Papillault, l’espace d’art moderne et contemporain de Toulouse Midi-Pyrénées (fra le opere che il museo conserva la più sbalorditiva è la quinta di teatro dipinta da Picasso che raffigura La Dépouille du Minotaure en costume d’Arlequin che misura 8 metri 30 centimetri per 13,25, realizzata nel 1936 per il testo teatrale 14 Juillet di Romain Rolland).

Anche a Trieste l’architetto Giorgio Polli realizzò fra il 1912 e il 1913, come a Toulouse, una struttura basilicale che poteva rispondere funzionalmente all’esercizio commerciale avvalendosi però delle moderne tecniche costruttive cosicché le strutture in cemento armato gli permisero di alleggerire la massa muraria rispetto a quella più massiccia, in mattone, utilizzata da Urbain Vitry novant’anni prima.

Il destino dei due edifici è stato analogo, l’uno è stato trasformato mirabilmente in un museo l’altro in una sala esposizioni con un impatto scenografico superbo come si è potuto constatare con l’istallazione di Jannis Kounellis nel 2013. Tutto questo per dire che i semiologi, razza oramai in estinzione, avevano ben compreso che non solo il lessico è caratterizzato da una semantica fluida ma pure gli edifici sono soggetti a mutamenti d’uso e quindi di significato. La Pescheria o Salone degli incanti, per le sue particolarità semiotiche, sembra in tal senso un caso esemplare.

 

Interno della Pescheria di Giorgio Polli (foto Opiglia, CMSA)