Tra saggio e narrazione

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Il Premio Strega a Edoardo Albinati

di Enzo Santese

 

Il quartiere romano Trieste, abitato dalla piccola e media borghesia cattolica, la Scuola San Leone Magno tenuta dai padri maristi nella piazza di Santa Costanza, il massacro del Circeo perpetrato da due ragazzi provenienti da quell’istituto, uno dei quali ha reiterato il misfatto uccidendo madre e figlia nel 2005, le origini della violenza, il rapporto tra il maschio e lo stupro sono i temi che si intrecciano nella trama della Scuola cattolica (Rizzoli), opera vincitrice del Premio Strega 2016. Il numero delle pagine è talora un terribile dissuasore per chi voglia accostarsi alla conoscenza di un’opera letteraria; se poi il numero raggiunge le 1294 facciate, allora all’inizio il giudizio sull’opera dipende in parte dalla mole del volume e giustifica l’aggettivo “pesante”. Il romanzo di Edoardo Albinati sembra andare in controtendenza se si considerano i riscontri critici e i consensi di pubblico fin qui ottenuti. Sul piano promozionale e pubblicitario ha inciso non poco la vittoria al “Premio Strega” che ha proiettato sugli schermi della notorietà uno scrittore che già aveva un curriculum di tutto rispetto, cadenzato da libri di sicuro successo. In questa sede basta ricordare “Tuttalpiù muoio” scritto a due mani assieme a Filippo Timi per le edizioni Fandango nel 2006, e Vita e morte di un ingegnere (Mondadori, 2011), in cui, non a caso, un aspetto della contemporaneità entra da protagonista sullo scenario della vicenda narrata. D’altro canto Albinati, che da vent’anni svolge la sua professione di docente con i detenuti del carcere di Rebibbia, ha al suo attivo alcuni reportage dall’Afganistan e dal Ciad per i giornali La Repubblica, il Corriere della Sera e The Washington Post, a dimostrazione del fatto che è scrittore abile a ricavare la tessitura delle sue opere dalla viva e pulsante attualità, dove in un lavoro di selezione dei fatti e montaggio di questi elementi con gli spunti della fantasia costruisce situazioni capaci di lasciar trasparire la filigrana della ragione costitutiva del suo libro: il dato autobiografico e i complementi d’immaginazione si fondono mutuando reciprocamente l’uno con l’altro i propri caratteri e le linee di sviluppo. Nell’incontro col pubblico alla Libreria Ubik di Trieste, Albinati ha percorso le motivazioni generanti de La scuola cattolica, un magma intenso di forza retrospettiva, impegnata nella ricostruzione degli avvenimenti che alla metà degli anni ’70 hanno sconvolto il tranquillo quartiere Trieste. Al centro della vicenda c’è l’Istituto San Leone Magno di piazza Santa Costanza a Roma, una scuola maschile gestita dai preti e frequentata dai figli della media e piccola borghesia; il metodo educativo dei padri maristi, aperto a momenti di discussione anche forte sul metodo e sui contenuti; il delitto del Circeo (commesso da alcuni giovani provenienti da quella medesima scuola) e i contraccolpi psicologici, gli sconcerti effettivi, dolorose macchie sulla veste perbenista delle famiglie; l’uccisione di due donne, madre e figlia ad opera di uno dei giovani nel 2005; le ragioni della violenza con specifico riferimento allo stupro. La forza ricostruttiva dei flashback delinea fisionomie che si inseriscono perfettamente nel tessuto connettivo dell’opera: Arbus, compagno di scuola tutto stranezza e intelligenza, che non a caso appare fin dalla prima riga del romanzo quasi ad affermare una sua preminenza nel complesso della narrazione. Ma anche le figure degli insegnanti si stagliano con la nettezza tipica di un’epopea scolastica: per esempio il prof. Cosmo, caratterizzato da tratti che lo dipingono come persona viva e credibile. L’intento dell’autore non è assolutamente quello di ordinare le situazioni in una griglia storica, ma quasi di espellere dalla memoria e dalla coscienza un fatto che ha pesato non poco su chi si è trovato ad abitare lo stesso quartiere, a frequentare la medesima scuola, a vivere in parte la psicosi di un disequilibrio venutosi a creare in seguito a un fatto di cronaca svelatore di un mondo di miserie e di prepotenze, che covavano sotto la superficie mummificata del decoro ufficiale, dal quale è derivata poi tutta una serie di deflagranti colate di incandescenze e follie. E il racconto si combina con pagine di approfondimento scientifico e sociologico, frutto di uno studio appassionato dell’autore su diverse fonti autorevoli che gli consentono di prospettare alcune ipotesi da sottoporre all’attenzione del lettore, lasciandole spesso aperte a soluzioni molteplici. In tal modo proprio le fonti saggistiche danno corpo “scientifico” all’analisi dei fatti, all’inquadramento dei caratteri, alla ricerca di motivazioni credibili alla base dei fatti. La narrazione trova la sua compattezza non solo sul piano orizzontale dello sviluppo, ma anche su quello verticale come se l’opera si strutturasse per strati, al fondo dei quali c’è la fisionomia inoppugnabile degli avvenimenti (le violenze, lo stupro, l’assassinio del Circeo) su cui aggettano, quasi appendici didascaliche, tante considerazioni diverse per contenuto e tono; qui l’autore esprime la sua attitudine a miniaturizzare le componenti letterarie indugiando su dettagli che, di primo acchito, appaiono magari superflui o ridondanti, poi invece si precisano in tutta la loro logica funzione di chiarificare a chi legge la loro piena appartenenza agli argomenti trattati.

E il rapporto con il lettore si fa più stringente e complice quando – quasi a voler riconoscere che qualche passo può essere sacrificato e saltato in quanto ininfluente nell’economia generale della comprensione della vicenda – lo invita a passare oltre, dando in qualche tratto qualche sintetica indicazione di percorso a beneficio di chi voglia velocizzare la conoscenza dell’opera. Per Albinati La scuola cattolica è l’occasione per un’analisi serrata sui pregi e i difetti della politica educativa dell’Istituto, su alcuni tratti della mentalità borghese, sulla consuetudine tipica a nascondere miserie e crimini sotto il velo dell’ipocrisia. Il romanzo è una scatola magica in cui l’autore con bell’equilibrio di ingredienti ha mescolato appunti rappresentativi della realtà e note ricavate dalla fantasia, ottenendo una fusione cangiante e compatta in una sorta di albero narrativo i cui rami presentano infiorescenze diverse, riconducibili peraltro a un’unica matrice generante. E la divisione in dieci capitoli, oltre a ordinare la struttura per blocchi narrativi, scandisce lo spazio e i tempi delle vicende in maniera da inanellarle in una logica avvolgente. Tra i protagonisti, l’io narrante, Edoardo è ovviamente il collante che aggrega i brandelli di cronaca e li fa diventare una storia, fatta di tante storie ognuna delle quali opportunamente ampliata, avrebbe la sua suggestiva autonomia significante; eppure a cose fatte appartengono a un contesto letterario difficilmente sezionabile e riducibile. Albinati è consapevole di mettere molta carne al fuoco e appunto per questo scioglie il lettore dal vincolo di una lettura completa, avvertendolo dei punti in cui può glissare senza nuocere alla conoscenza dei fatti narrati. Per questo gli elementi assunti nel vissuto si combinano con gli elementi di fantasia formando un compatto reticolo di concatenazioni logiche e temporali. In mezzo a questi c’è la voglia precisa di analizzare fino in fondo la matrice di un delitto orrendo, attorno al quale l’opinione pubblica resta frastornata e attonita; Edoardo Albinati cerca di “elaborarne” le ragioni conferendo all’opera il guizzo di un’avventura intellettuale dentro i territori della sociologia, della psicologia e della storia indugiando nelle analisi quel tanto che serve a evitare il rischio della dispersione.

 

Copertina:

Edoardo Albinati

La scuola cattolica

Rizzoli, Milano 2016

pp- 1294, euro 22,00

 

 

Foto:

Il vincitore del Premio Strega alla Libreria Ubik di Trieste