Ridere per non piangere

| |

Mancava Lino Banfi a rappresentare il governo nella Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco, che, per chi non lo sapesse, è l’ Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura. Sarà in quel consesso che l’interprete di lavori cinematografici quali Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio contribuirà a dare pareri e fornire «raccomandazioni al Governo Italiano e alle Pubbliche Amministrazioni in relazione all’elaborazione e alla valutazione dei programmi UNESCO».

È evidentemente un momento magico per i comici italiani, iniziato in marzo con il successo di quell’altro, genovese, che ha fatto del suo movimento il primo partito italiano, assicurando pure al suo enfant prodige uno strapuntino da vice-premier, se non proprio, come avrebbe voluto, la poltrona di presidente del Consiglio. Da tale alto seggio, il signore in questione elargisce abbondantemente, tra sorrisi sfavillanti, momenti di svago ai telespettatori, come questa recente nomina di Banfi, oppure con l’assicurazione che il Paese è ormai alla vigilia di un boom economico che, a parte lui, nessun altro al mondo ha il coraggio di preconizzare.

Divertenti anche altri ministri e sottosegretari, per esempio Toninelli, con lo storico traforo del Brennero percorso quotidianamente da centinaia di autotreni, quando, al momento, il traforo non esiste nemmeno. O come la sottosegretario all’Economia Laura Castelli, che, forte della sua laurea triennale in Economia aziendale, si è scontrata dialetticamente col senatore Pier Carlo Padoan, (accademico di chiara fama, docente in numerose università di qua e di là dell’Atlantico, consulente della Banca mondiale e della Commissione Europea e della BCE). Quando il professore le spiegava che se «se aumenta lo spread diminuisce il valore capitale degli attivi delle banche e quindi le banche si devono rifare alzando il costo del finanziamento», l’onorevole Castelli ribatteva serafica e sicura del fatto suo: «Questo lo dice lei!». Applicazione pratica dell’«uno vale uno» inscritta nelle Tavole della Legge del movimento fondato da Beppe Grillo.

Sono cose che aiutano a farsi una risata guardando un telegiornale o leggendo un quotidiano; il riso si fa però un po’agro mentre dobbiamo sorbirci il De bello gallico dei due vicepremier che, spalleggiandosi l’un l’altro, aggrediscono verbalmente un paese storicamente amico come la Francia e il suo presidente, un giorno dichiarandosi disponibili a un’alleanza politica in seno all’europarlamento con i gilet gialli – compresi quelli che sfondano vetrine e incendiano automobili a Parigi – un altro giorno accusando quel grande Paese di neo-colonialismo. L’esigenza morbosa di indicare un nemico esterno e assoluto, individuato dapprima negli euro burocrati, sempre nei fantomatici “poteri forti”, poi nella Cancelleria tedesca di Angela Merkel e ora nella Francia di Emmanuel Macron, se risponde all’esigenza di distrarre l’opinione pubblica dai reali problemi dell’Italia, rischia di isolare il nostro Paese, di ridicolizzarlo e di avviarlo a un ribaltamento della nostra politica estera lungo un percorso incerto e pieno di incognite.

Poi, naturalmente, c’è di peggio, e il riso divertito o amaro che sia non può più manifestarsi, ove si osservino alcune storture macroscopiche del nostro presente: i nostri porti chiusi alle navi che hanno raccolto naufraghi in mare, i migranti allontanati da ogni percorso di dignità e di integrazione, l’aumento incontrollato del debito pubblico, la rinuncia a ogni elemento di equità sociale nell’attuazione di una politica fiscale che è un mero tentativo di cumulare consensi elettorali, un inquietante progredire di atteggiamenti razzisti, un’assuefazione a un fascismo anch’esso montante.

Tutto ciò procede dai palazzi del potere, per distendersi in periferia, fino ad arrivare a un vicesindaco che si gloria sui social di aver fatto piazza pulita dei poveri averi di un accattone. Più poveruomo lui di quello che ha danneggiato.