Da Tiziano a Rubens, da Anversa a Venezia

| | |

Celebrato in una mostra a Palazzo Ducale il gemellaggio ideale tra due città “sorelle” nel settore della produzione artistica

di Nadia Danelon

 

Dopo la mostra “Canaletto & Venezia della scorsa primavera, l’Appartamento del Doge sito nel veneziano Palazzo Ducale ospita (da qualche giorno) una nuova esposizione: è, infatti, il turno di “Da Tiziano a Rubens”. Realizzata grazie a numerosi prestiti, la mostra esibisce circa centoquaranta opere: il curatore è Ben van Beneden, direttore della Rubenshuis che si trova ad Anversa. Dalle collezioni di questo museo, comprensive di elementi concessi in prestito a lungo termine, provengono anche alcuni tra gli elaborati presenti in mostra.

Il filo conduttore di Da Tiziano a Rubens è soprattutto legato alla storia della città fiamminga di Anversa. Fondamentale per i commerci verso Nord, come Venezia lo è stata per l’Oriente: le due città sono state coinvolte in un continuo flusso di scambi, fin dall’epoca medievale. Ad un certo punto, Anversa sembra essere giunta al tramonto: la sua età dell’oro , conseguenza diretta dello sviluppo economico, pare svanire intorno al 1550 quando il suo potere inizia a calare.

La prima metà del XVI secolo, epoca gloriosa della storia fiamminga caratterizzata da una grande espansione culturale e arricchita dall’amichevole affiancamento di Venezia, subisce una crisi che giunge al culmine nel 1585: è questo l’anno in cui gli spagnoli hanno assediato Anversa. Il conflitto tra i protestanti del nord e i cattolici d’impronta spagnola del sud fa precipitare la situazione: infatti, tale circostanza provoca la chiusura dei traffici navali sul fiume Schelda. Un grande numero di professionisti (imprenditori, pittori, artigiani) abbandona gradualmente la città: tuttavia, per fortuna, lo spopolamento non provoca danni assoluti nel campo della produzione artistica che continua a procedere senza sosta.

I Paesi Bassi si dividono, proprio nelle circostanze dell’accesa rivolta nei confronti dell’autoritario governo di Filippo II, re di Spagna. Il nord conquista la propria indipendenza: diventa una Repubblica, dove la fede religiosa dominante è quella del culto protestante. Per questi territori, che corrispondono all’incirca agli attuali Paesi Bassi, la situazione si fa complessa dal punto di vista culturale: si giunge ad una crisi nel settore delle committenze.

Profondamente diversa è, invece, la situazione del sud . Il suo territorio ricalca più o meno i confini dell’attuale Belgio: dopo la divisione, continua a fare parte dei domini spagnoli sotto la potente influenza della fede cattolica. Al contrario del settentrione, il meridione gode di un fantastico prestigio artistico: le commesse della Chiesa (è l’epoca della Controriforma) e quelle della Corte proliferano, affiancate da quelle della restante nobiltà e della borghesia. Una seconda, intensissima, età dell’oro .

Anversa è uno dei centri di maggiore prestigio, per alcuni aspetti la città è anche una fiera rivale di Bruxelles. Così come avviene a Venezia, anche lì giungono pittori da altri luoghi, arricchendo il suo panorama artistico. Nel 1608, c’è un gradito ritorno nei Paesi Bassi: si tratta di Pieter Paul Rubens , rientrato dall’Italia. Il grande pittore porta con sé un’autentica rivoluzione: ha appreso tantissimo dall’esempio dei suoi colleghi italiani. La sua bottega assume un carattere italiano: acquista anche l’abitudine, nata da una consuetudine veneziana, di preparare dei bozzetti a olio delle opere che gli vengono commissionate. Autore davvero eclettico , si cimenta in una pluralità di generi: dimostra di conoscere e saper valorizzare tanto la cultura artistica antica quanto quella contemporanea, un autentico ponte tra il passato e il presente.

Durante il suo soggiorno a Venezia, Rubens ha potuto ammirare e studiare diverse opere di Tiziano : tra queste, sotto mentite spoglie, va senza alcun dubbio inclusa l’opera scelta per comparire sulla locandina della mostra in corso a Palazzo Ducale. Il doppio ritratto di una Dama con la figlia costituisce uno dei casi più singolari ed emblematici di alterazione delle opere nel corso della storia dell’arte. Al momento della morte di Tiziano, avvenuta il 27 agosto 1576 a causa di un’ulteriore epidemia di peste, l’opera viene ereditata da suo figlio Pomponio. Forse influenzato da una maggiore probabilità di vendita, uno dei pittori della bottega del defunto Vecellio compie un’operazione destinata a trasfigurare le due persone ritratte: dal doppio ritratto, dipingendovi sopra, ottiene una rappresentazione di Tobia e l’arcangelo Raffaele. L’alterazione è talmente grave da lasciare un segno permanente vicino alla figura della Dama, rivelatosi impossibile da eliminare anche nel corso lunghissimo restauro che ha riportato l’opera al suo antico splendore.

Pochi anni dopo la morte di Tiziano, la sua casa e le opere in essa contenute (tra le quali è compreso anche l’ormai ex doppio ritratto) vengono acquisite dalla potente famiglia veneziana dei Barbarigo. L’intera collezione, corrispondente alle varie fasi della carriera di Tiziano, viene esposta nel loro palazzo presso il sestiere di San Polo: ed è proprio qui che viene ammirata da Rubens. Nel 1850, alcune di queste opere partono per la Russia, acquistate dallo zar Nicola I: tra queste c’è anche Tobia e l’arcangelo Raffaele. Dopo complesse vicende, l’opera viene sottoposta ad una radiografia nel 1948: ed ecco, a quasi quattro secoli di distanza, riapparire il viso di Emilia (figlia naturale di Tiziano, avuta dalla dama da lui ritratta) al posto di quello di Tobia . In mostra, nel contesto di un dettagliato pannello, si può osservare la documentazione fotografica del restauro che ha riportato l’opera alla sua originale bellezza.

La storia affascinante del doppio ritratto non offusca, in ogni caso, la fama di un altro dipinto presente in mostra. Si tratta di un’opera realizzata da un altro celebre pittore veneziano, Jacopo Tintoretto, del quale la città lagunare ha celebrato recentemente i cinquecento anni dalla nascita. La piccola pala raffigura la Visione di Santa Caterina: documentata anche da un disegno di Anthony van Dyck, realizzato nel corso della sua visita a Venezia del 1622. Proviene dalla perduta chiesa di San Geminiano , progettata da Jacopo Sansovino e custode delle sue spoglie mortali, un edificio collocato proprio di fronte alla Basilica di San Marco. San Geminiano è stata abbattuta nel 1807 per volontà di Napoleone, con l’intenzione di far posto alla cosiddetta Ala Napoleonica, che delimita a occidente piazza San Marco. Il grande pubblico è attirato da questa pala, commissionata dai membri della Scuola di Santa Caterina, non solo perché si tratta di un’opera realizzata da Tintoretto: infatti, nel corso degli anni ’80 del secolo scorso, è stata acquistata dalla rockstar David Bowie. Alla sua morte, nel 2016, la pala del Tintoretto è passata ad un altro collezionista privato che l’ha concessa in prestito alla Rubenshuis di Anversa. La fama del suo penultimo proprietario, così come il legame che si è venuto a creare (seppure a distanza) tra l’impulso artistico della rockstar e quello del pittore veneziano, ha conferito all’opera il titolo popolare di Tintoretto Bowie. Ecco riassunte, in sintesi, le vicende di due tra i capolavori italiani dell’esposizione provenienti dalla Rubeshuis e rientrati a Venezia dopo tanto tempo.

Ricordando la presenza in mostra di un’altra opera di Tiziano, Jacopo Pesaro presentato a san Pietro da papa Alessandro VI, ci si trova invece ad affrontare la storia delle collezioni pubbliche e private nelle Fiandre. Un aspetto importante della fioritura culturale di Anversa nel XVII secolo è dato dalla presenza dei ricchi ed influenti burgher , amanti del lusso ed instancabili collezionisti: proliferano così le commissioni e (tra gli innumerevoli generi della pittura fiamminga di quegli anni) emergono anche i dipinti che raffigurano le vere e proprie collezioni nel loro complesso, autentici cabinet artistici ricchi di oggetti ricercati. Non mancano, in queste collezioni, gli oggetti vetro realizzati ad imitazione della maniera veneziana: quasi indistinguibili dagli originali provenienti dalla laguna veneta, se sottoposti al giudizio di un osservatore non esperto. Non c’è da stupirsi: l’industria vetraria di Anversa è nata proprio grazie alla spinta di maestri vetrai veneziani, nel corso del XVI secolo. Successivamente, i vetri di Anversa sono stati immortalati nelle nature morte dipinte dai pittori fiamminghi: si tratta di vere e proprie dimostrazioni di abilità da parte degli autori, nella resa della trasparenza e dei riflessi di questi oggetti. Tra i vari artisti che si sono cimentati nelle nature morte c’è anche la pittrice Michaelina Wautier.

L’occasione offerta dalla mostra ha permesso anche di riscoprire la storia di Adrian Willaert: maestro di cappella di San Marco tra il 1527 e il 1562, esponente di spicco della comunità fiamminga esistente a Venezia. Di fatto, è riduttivo pensare che l’attività musicale legata alla cappella dogale sia stata limitata alle sole liturgie: la necessità di animare anche le processioni e varie occasioni diplomatiche ha permesso a Willaert di collaborare con altri musicisti fiamminghi. Questa circostanza, valorizzata dagli insegnamenti impartiti ai suoi allievi italiani, ha permesso la creazione della scuola veneziana di musica (fondamentale per

gli sviluppi successivi della tradizione musicale in occidente).

Si è cercato di riassumere, in questa descrizione, alcune delle tematiche principali tra quelle affrontate nell’esposizione di Palazzo Ducale: proprio per suscitare la curiosità nei confronti di questa mostra ed incoraggiare la visita. “Da Tiziano a Rubens è aperta al pubblico fino al 1 marzo 2020: ulteriori approfondimenti storico-artistici sono presenti nel catalogo, edito da Snoeck.