DI ZIGAINA CI RIMANE L’OPERA

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È finita nel pomeriggio dello scorso 16 aprile all’ospedale di Palmanova la lunga operosa vita di Giuseppe Zigaina, uno degli artisti più importanti dalla seconda metà del secolo passato e fino a oggi, intellettuale di razza, maestro nella pittura e nella grafica, spesosi anche nella scenografia teatrale e nella scrittura, che si lascia dietro una scia di opere lunga settant’anni, disseminate tra musei e collezioni pubbliche e private.

Legato profondamente alla sua terra, la bassa pianura friulana attorno a Cervignano dov’era nato il 2 aprile del 1924 e dove ancora alla fine dei suoi giorni abitava, è stato senza dubbio una delle figure centrali nella storia dell’arte italiana, a partire dagli anni Quaranta.

Subita in età prescolare l’amputazione del braccio destro a seguito di una rovinosa caduta, a dieci anni fu inviato in un collegio di Tolmino, dove rimase fino all’8 settembre 1943. L’anno successivo ottenne a Venezia la maturità artistica e l’ammissione all’Accademia di Architettura. Nell’immediato dopoguerra strinse un’amicizia che determinò il seguito della sua vita con Pier Paolo Pasolini, col quale ebbe un proficuo rapporto di collaborazione artistica, oltre che di scambio personale, una grande amicizia che non terminò con la morte dello scrittore il 2 novembre 1975, amicizia che fornì a Zigaina materia per alcuni libri pubblicati dopo la tragica uccisione dell’amico.

Appena diciannovenne, Zigaina si era presentato in una prima personale presso la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia e negli anni del dopoguerra continuò, con crescente successo, l’attività espositiva a Venezia (alla Biennale e alla Galleria del Cavallino) e a Roma, alla Galleria d’Arte Moderna. Conobbe in quegli anni esponenti di primo piano nell’ambiente artistico, Guttuso, Pizzinato, Treccani, Francese e altri. Il suo noviziato si presentò nelle forme di un realismo declinato in figure disegnate per mezzo di energici segni determinati da un gesto pittorico vigoroso a contornare immagini e volti abbozzati in espressionistici toni di verde e di blu, secondo una tavolozza cui sarebbe rimasto fedele per un lungo periodo, che si può far giungere fino ai primi anni Sessanta. Protagonista nella prima fase della sua produzione la figura umana, rappresentata direttamente nelle scene di lavoro e di lotta dei braccianti, oppure sottintesa nelle composizioni di attrezzi agricoli e biciclette. A partire dal 1960, anno di una sua memorabile partecipazione alla Biennale di Venezia, con la serie dei Generali, che seguiva quello delle Ceppaie, risultarono più evidenti le suggestioni informali che continueranno poi a segnare la sua pittura. A partire dal 1965 iniziò inoltre la sua produzione grafica, complementare e spesso anticipatrice della sua ricerca pittorica, che lo fece approdare a esiti di assoluta eccellenza, com’è tra l’altro attestato dal conseguimento del primo Premio alla Biennale Internazionale della Grafica di Firenze ottenuto nel 1974.

Anche la maturità artistica e biografica dell’artista è connotata da un’inesausta ricerca formale che lo conduce a esplorare modalità espressive inedite, accostando un suo neofigurativismo a valenze informali in una successione di cicli (Astronavi sulla laguna, Paesaggi come anatomia, Pioppeti, Girasoli) che pongono in dialettica relazione la sua incantata osservazione della natura con una sua interpretazione densa di suggestive fantasie che attingono di volta in volta a lacerti della memoria oppure alla contemplazione di una sua dimensione onirica, ma in ogni caso sempre restituite sulla tela con vigoria di maestro e con freschezza di consapevole adolescente.zigaina nello studio Foto di Fabio Cescutti