Dudovich: disegno, réclame, fotografia

| | |

Alle Scuderie di Miramare importante rassegna del Maestro della cartellonistica del Novecento

di Walter Chiereghin

 

è stata inaugurata il 10 luglio alle Scuderie di Miramare la mostra “Marcello Dudovich (1878-1962). Fotografia tra arte e passione”. L’interessante rassegna, che allinea oltre trecento opere dell’artista triestino ed apre uno spiraglio anche sulla sua rilevante attività di fotografo, avrebbe dovuto inaugurarsi a marzo, in arrivo da Chiasso, ma a causa delle note vicende legate al covid-19 apre solo ora, rimanendo però visitabile fino al prossimo 10 gennaio. Curata da Roberto Curci, autore di monografie e cataloghi su Dudovich e curatore della mostra al Museo Revoltella nel 2002-2003 e da Nicoletta Ossanna Cavadini, docente all’Università Cattolica di Milano dove insegna Linguaggi e forme espressive dei luoghi dello spettacolo e direttrice del m.a.x Museo di Chiasso, è frutto della collaborazione tra il museo svizzero e il Museo e Parco del Castello di Miramare. L’allestimento si avvale di importanti prestiti che giungono anche dal Civico Museo Revoltella, dal Museo Nazionale Collezione Salce di Treviso, dalla Civica Raccolta delle stampe “Achille Bertarelli” del Castello Sforzesco di Milano, dal Gabinetto dei disegni del Castello Sforzesco di Milano, dal Civico Archivio fotografico di Milano, dalla Galleria Campari di Sesto San Giovanni e da numerosi collezionisti privati, fra cui si citano Salvatore Galati e Alessandro Bellenda.

Triestino di ascendenze dalmate, Dudovich ebbe nella città natale la prima formazione, dimostrando subito un accentuato talento nel disegno alla sezione di Arti decorative della Scuola per Capi d’arte e interessandosi anche precocemente dell’attività artistica che si svolgeva in città, essendo introdotto dal cugino, il pittore Guido Grimani, negli ambienti artistici. Nel 1897, assecondando il volere del padre, viene assunto come litografo presso le Officine Grafiche Ricordi, trovandosi così a lavorare alle dipendenze di un altro importante esponente della cartellonistica, anche lui triestino, Leopoldo Metlicovitz (ce ne siamo occupati nel n. 41 di questa rivista, nel gennaio 2019). Continua a Milano la sua formazione d’artista, frequentando i corsi di disegno accademico e di nudo presso la Società artistica patriottica. Tracce di questa formazione si ritrovano nelle prime significative prove, come nell’affiche Fisso l’idea del 1899, dove un nudo virile di spalle è disegnato nell’atto di scrivere lo slogan, per propagandare un inchiostro, rivelando un nitido disegno progettuale che precede quello materiale. Chiamato a Bologna nel 1899 in qualità di disegnatore presso l’editore Edmondo Chappuis, raggiunse presto una fama a livello nazionale e internazionale, vincendo una medaglia d’oro all’Esposizione internazionale di Parigi nel 1900. In quell’anno iniziò anche con successo l’attività di illustratore per diverse riviste, a partire da La Lettura, mensile illustrato del Corriere della Sera, assieme ad Ars et Labor, La Donna, Il Secolo XX, Novissima, Varietas. Ritornato a Milano, stabilì rapporti con molte importanti imprese industriali e commerciali, rientrando nello stabilimento Ricordi nel 1906. Il disegno semplificato e depurato da ombreggiature ed effetti chiaroscurali, ma prodotto invece in larghe campiture di colore gli valse il favore di molte importante aziende, fra cui vanno ricordate almeno la Mele di Napoli, la Borsalino di Alessandria e la Strega di Benevento, che gli commissionarono l’esecuzione di manifesti pubblicitari di grande popolarità (presenti alla rassegna di Miramare). Nel 1911 fu chiamato dalla Casa editrice tedesca Albert Langen ad occuparsi della cronaca mondana della rivista satirica Simplicissimus di Monaco di Baviera, collaborazione che riprese dopo il primo conflitto mondiale e poi dopo il 1945. L’attentato di Sarajevo del ’14 pose fine alla Belle Époque, di cui la grafica di Dudovich era stata sicuramente parte non secondaria nel panorama artistico; ma dopo la guerra che seguì a quei colpi di pistola l’artista, che si era trasferito a Torino dal ’17 al ’19, riprese le redini della propria attività con rinnovato impegno, mettendosi in proprio con la fondazione della società di produzione pubblicitaria Star ed assunse la direzione artistica dell’IGAP (Impresa generale di affissioni e pubblicità), incarico che lo occupò dal 1922 al 1936. L’impostazione manageriale del proprio lavoro gli consentì di conseguire importanti committenze da alcune rilevanti realtà economiche, quali Carpano, Pirelli, Strega, Assicurazioni Generali, La Rinascente (con la quale stabilì un rapporto che lo impegnò continuativamente fino al 1956). Gli anni Venti e buona parte dei Trenta «rappresentano l’apice della carriera di Dudovich» (Curci) sia sotto il profilo artistico che sotto quello imprenditoriale, procurandogli conseguentemente ragguardevoli fortune economiche, che peraltro la sua prodigalità gli fece dissipare, mentre successivamente alla seconda guerra mondiale (la moglie Elisa Bucchi, che aveva conosciuto a Bologna e sposato nel 1911, morì nel 1945) la sua attività si ripiegò su se stessa e l’artista si dedicò più che altro alla pittura, esponendo in numerose personali a partire dagli anni Quaranta. Si spense a Milano nel 1962.

Seguendo cronologicamente le vicende biografiche qui sintetizzate, l’esposizione delle Scuderie di Miramare fornisce un approfondimento sull’opera e la figura di Dudovich di non comune articolazione e completezza. Direi anzi che questa duplicità degli aspetti – vita ed arte – è messa a fuoco con singolare evidenza per la prima volta in Italia grazie alla disponibilità, offerta da un collezionista privato, di una grande quantità di immagini fotografiche di elevato interesse documentario. In esse la presenza dell’artista è, alternativamente, collocabile davanti o dietro l’obiettivo, che diviene, in questa seconda ipotesi, uno strumento di lavoro sempre più imprescindibile per agevolare e semplificare la frenetica attività creativa nelle fasi di progettazione delle immagini destinate alla stampa, sia dei manifesti che delle riviste illustrate. Le immagini fotografiche dell’altro tipo, quelle cioè che ritraggono l’elegante figura dello stesso Dudovich, risultano alla fine altrettanto o più funzionali a una più perfetta conoscenza della personalità, del fascino, del narcisismo del personaggio, che hanno, com’è ovvio, un preciso riscontro nelle scelte da lui messe in opera in campo artistico.

Il percorso della mostra segue l’ordine dello sviluppo cronologico, partendo dai lavori d’esordio e soffermandosi subito in un “Prologo con autoritratto”, dove l’autoritratto è un pastello su carta risalente circa al 1895, dove l’autore, giovanissimo, si ritrae con un’espressione volitiva ed intensa, con il primo piano la mano stretta a pugno. Compaiono, in questa prima sezione della mostra, anche le prime documentazioni fotografiche in cui Dudovich, ripreso da solo o con terzi (normalmente donne), si mette in posa assecondando una certa evidente inclinazione a un implicito narcisismo che ne fece un autentico dandy.

Più tardi, a partire dagli anni Dieci e sicuramente fino ai Quaranta, Dudovich diviene anche autore di fotografie: in parte, come facciamo un po’ tutti, per fissare sulla pellicola momenti della propria vita, viaggi, ritratti di amici, ma in parte anche per valersi dello strumento fotografico come annotazione da svilupparsi poi graficamente in studi, bozzetti e infine stampe cromolitografiche del manifesto o dell’illustrazione per una rivista. La sequenza riportata in questa pagina è esplicativa del processo: partendo da un’istantanea che ritrae una coppia in abiti invernali (l’uomo è in effetti Umberto Brustio, “patron” della Rinascente), attraverso successive elaborazioni a mano libera, si perviene alla fine al manifesto per la collezione autunno-inverno del 1928 proposta dalla Rinascente, opere tutte esposte a Miramare.

In altri casi, la ricerca grafica è ispirata da immagini fotografiche in cui alla modella è richiesto di ripetere più volte un gesto o di fissarsi in una determinata postura che alla fine darà luogo a opere anche di diverso contenuto, ma connotate tutte da un dettaglio compositivo che finisce per diventare un vero e proprio stilema, com’è ad esempio il caso della donna con le braccia alzate, riutilizzata in contesti diversi, in una posa scopertamente seduttiva oppure, con l’aggiunta di una bandiera tricolore, a suggerire un trasporto di entusiasmo patriottico.

Ecco, le donne. Di gran lunga il soggetto più rappresentato nella sterminata produzione del Nostro, notoriamente seduttore nella vita privata, da un lato coartato a rappresentarle per via dei soggetti che gli venivano richiesti dalla committenza, come nella promozione di abiti alla moda o nel reportage grafico di eventi mondani, in particolare nella sua attività per Simplicissimus, ma anche in quanto rispondenti a una sua precisa idea del bello, dell’eleganza, della sensualità e persino dell’erotismo, com’è stato in modalità piuttosto esplicita per Il bacio, finito poi nell’affiche per la Campari. Presente in quasi tutte le immagini proposte, la donna assolve, oltre a una funzione di esplicito richiamo ben nota anche ai pubblicitari di oggi, una precisa suggestione di carattere compositivo, tanto sotto il profilo della dinamica della composizione, grazie alle forme sinuose dei corpi, delle posture e degli abiti, quanto sotto quello cromatico, in forza di una moda anche all’epoca più colorata e vivace rispetto a quella maschile. Piace allora concludere queste noterelle con l’immagine di una fotografia, scattata da Dudovich di una bella donna riflessa in uno specchio nel quale compare anche il fotografo, un ulteriore omaggio di grande effetto alla bellezza femminile di questo Maestro del nostro Novecento, alla cui conoscenza la mostra alle Scuderie di Miramare aggiunge un ulteriore, importante tassello.

 

 

Bitter Campari

1901 circa

Litografia su carta

Civica Raccolta delle stampe

“Achille Bertarelli”, Milano