DUE MUSICISTI DA RICORDARE

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Liliana Bamboschek

 

Oltre a quello di Lelio Luttazzi altri due anniversari nel 2015 riguardano illustri musicisti triestini: il maestro Guido Cergoli (1912-2000) e il pianista Franco Russo (1931-2005), tutti fra loro legati da amicizia e stretta collaborazione. Sembra già entrata nel mito la figura di Cergoli per il suo temperamento aristocratico e lo stile profondamente mitteleuropeo della sua musica; era per antonomasia “il pianista di Lehàr”, un gentiluomo alla tastiera. Aveva respirato aria d’operetta fin da giovanissimo quando ebbe la ventura di suonare nelle stagioni estive al Festival di Abbazia proprio nell’orchestra diretta da Lehàr in persona in un ambiente internazionale frequentato da nomi come Kàlmàn, Stolz, Abraham e la passione per la piccola lirica rimase viva in lui tutta la vita. Aria di Mitteleuropa si respirava anche nella sua famiglia, che ha dato a Trieste il più autentico ed estroso poeta di quel particolare mondo, il fratello Carlo (Carolus Cergoly). Dopo un breve periodo come maestro elementare Guido seguì la vocazione dedicandosi interamente alla musica, suonava il piano nelle orchestrine di Bordighera e della Costa azzurra, nelle sale da ballo del Cafè de Paris a Montecarlo. Precoce talento come arrangiatore cominciò a collaborare con le case musicali La Voce del Padrone e Columbia. Poco prima dello scoppio della guerra entrò a far parte dell’EIAR come fondatore e direttore della celebre orchestra che da allora portò il suo nome e aveva per sigla una delle sue canzoni più intense e romantiche “Occhi di donna”. Quest’orchestra ritmo sinfonica, di ampio respiro, all’inizio era formata da una trentina di elementi che poi crebbero nel tempo e il suo punto di forza erano gli archi; ne fecero parte i migliori musicisti del tempo a cominciare da Mario Simini, primo violino del Verdi, vi si avvicendarono come pianisti Marcello Hrovatin, Gianni Safred e un Franco Russo giovanissimo. Durante la guerra Cergoli inserì nei ranghi dei musicisti perfino persone ricercate dai nazisti riuscendo così a salvarle. Alla radio si svolgeva anche una specie di contrabbando musicale perché molte melodie americane, da Gershwin a Porter a Ellington (ascoltate segretamente da Radio Londra) venivano trascritte, arrangiate e trasmesse sotto mentite spoglie. Solo dal I luglio 1955 l’emittente passò alla Rai diventando Radio Trieste. Il repertorio dell’orchestra Cergoli era vastissimo: canzoni italiane e internazionali ma anche cicli di trasmissioni dedicati alla musica popolare triestina di cui il maestro fu un eccellente trascrittore. Come editore pubblicò il famoso Eterno ritornello (Te voio ben) di Bidoli che fece il giro del mondo. Alla fine del 1961 il maestro Cergoli fu trasferito alla Rai di Roma, ma continuò sempre ad avere un rapporto affettuosissimo con la sua città natale in cui ritornava spesso per tenere concerti, dirigere operette, ritrovarsi con gli amici, seguito da un pubblico che apprezzava in lui una lezione di stile rimasto nel tempo impeccabile e unico.

Di una generazione più giovane Franco Russo entra in contatto con Cergoli ancora ragazzo essendosi accostato anche lui precocemente alla musica. Studente al liceo Petrarca, studiava anche pianoforte al Tartini e composizione con Giulio Viozzi, ma era già scoppiata in lui la passione per il jazz di cui fu un vero precursore. Era ancora in calzoncini corti quando cominciò a suonare il piano al Circolo ufficiali americano di Trieste: venivano a prenderlo a scuola con la jeep per portarlo ora all’Hotel de la Ville ora a Opicina ora nella sede della radio americana in via Piccardi. Si esibiva in club privati a fianco di militari esperti jazzisti. La sua scuola a quei tempi era solo la radio (le stazioni americane ascoltate di notte) e, naturalmente, la passione e un grande talento. Poi furono gli stessi ufficiali di stanza a Trieste a fornirgli dischi e spartiti. Nel 1948 questo brillante pianista adolescente entrò a far parte dell’orchestra Cergoli e si iscrisse anche alla Siae come compositore. Iniziò così una folgorante carriera che lo avebbe portato a formare, solo qualche anno dopo, un trio, poi un ottetto jazz e successivamente un’orchestra ritmica di quindici elementi, iniziando anche, parallelamente, la produzione di programmi radiofonici per la Rai. La sua collaborazione all’emittente triestina fu preziosa anche nel campo della musica popolare: contribuì fra l’altro a rubriche di largo successo come “Cari stornei” e “Canta la bora” sulle canzoni triestine. A Trieste si poteva sentirlo suonare nei locali notturni più raffinati dove ha lasciato un’impronta del suo stile e del suo estro improvvisativo. Dopo vent’anni di attività poliedrica Franco Russo lasciò Trieste per trasferirsi a Roma impegnato nelle stagioni al teatro Sistina in commedie musicali di Garinei e Giovannini che avevano come protagonisti Milva, Bramieri, Rascel, Modugno… (da “Angeli in bandiera” a “Alleluja, brava gente”). Quindi cominciò a collaborare col maestro Gianni Ferrio in tutta una serie di programmi televisivi di grande impatto tra cui Canzonissima, Studio Uno, Domenica in. Contemporaneamente lavorava alla realizzazione di colonne sonore per film presso gli studi della RCA ed era pure impegnato come pianista accompagnatore al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma.

Al centro di un’attività continua e instancabile restano naturalmente i concerti pianistici in cui Franco Russo è sempre rimasto fedele al suo concetto di jazz classico, tendenzialmente su base melodica, nella linea dei “grandi” come Duke Ellington e Stan Kenton che hanno lasciato lezioni di grande stile ed equilibrio. Era un eccezionale pianista improvvisatore, sceglieva un tema e da esso traeva originalissimi sviluppi, incredibili e personali elaborazioni fino a trasformare del tutto il motivo iniziale; ogni suo concerto acquistava così il sapore dell’immediatezza, della novità con la riscoperta di una musica mai uguale a se stessa. Questa la sua firma inconfondibile.

Per ricordare il musicista la moglie Silvia ha istituito il Premio Franco Russo che si svolge annualmente nell’ambito della rassegna TriesteLoveJazz e assegna un riconoscimento a un giovane che si è distinto particolarmente in questo genere; spesso i diversi strumentisti premiati scelgono di suonare insieme realizzando un affiatato gruppo jazzistico.

 

franco russo 2Guido Cergoli negli anni '50