Enrico Fraulini

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Un rappresentante della Trieste letteraria degli ultimi decenni

di Marina Torossi Tevini

 

È scomparso nel mese di luglio Enrico Fraulini, un rappresentante della vita letteraria triestina degli ultimi decenni. Figlio di Marcello Fraulini, che diresse la Società Artistico Letteraria dal 45 all’85, riprese l’attività del padre dopo la sua morte e dall’85 agli inizi del 2000 presiedette la rinnovata Società, che aveva sede nello storico caffè Tommaseo e fu operosa in città con manifestazioni e incontri.

La pubblicazione dei suoi libri iniziò relativamente tardi quando, più che cinquantenne, diede alla stampe nell’87 Le figlie dei fiori con la casa editrice Cappelli e continuò a ritmo abbastanza serrato negli anni successivi con racconti o romanzi brevi: L’ambiguità di Alice nel ’94, Le rotte dell’assurdo nel ’97, Belgrado, la città dei sette castelli nel ’99, Una festa improvvisa nel 2001, L’ultimo doge del 2006, tutti editi da Campanotto e, negli ultimi anni, I sogni delle donne (Franco Rosso, Trieste 2008), Sognando Venezia, (Italo Svevo, Trieste 2011), La vergogna e la paura (L’omino rosso, Pordenone 2015) e ultimo, I muri di Cavana, in realtà un rifacimento di un racconto giovanile pubblicato sull’Archeografo triestino del 63–64.

L’opera di Fraulini è incentrata su alcuni temi che si ripetono in modo ossessivo, anche se poi le vicende narrate sono variate con grandissima fantasia. Tema principe è il rapporto uomo-donna, rimodulato attraverso personaggi diversi tra loro e vicende talvolta allucinate, ma sempre improntato a una sorta di misoginia, per cui la donna viene vista come la tentatrice, colei che illude e delude, la più forte nei giochi amorosi sia perché depositaria del mistero della procreazione sia anche perché meno sensibile al sentimento rispetto all’uomo. Questa tesi, che può sembrare paradossale, – comunemente si ritiene la donna più sentimentale dell’uomo – è la tesi provocatoria sostenuta dall’autore in molti suoi romanzi, e nelle vicende narrate si susseguono personaggi che in qualche modo la esplicitano, dalla giovane disinibita e truffaldina che seduce il vecchio comandante ne “Le rotte dell’assurdo” alla vecchia megera, la “despotessa”, che si accoppia con un frastornato Alberto in Belgrado, la città dei sette castelli mentre le acque del fiume Varmo travolgono la città (Belgrado in realtà era un paesino del Friuli che sorgeva vicino al corso del Tagliamento e nel 1500 scomparve a causa di un’inondazione).

Presente a passato si alternano – è questa un’altra caratteristica dei suoi racconti – si passa in modo disinvolto da un piano storico all’altro, svanisce il concetto stesso di tempo. Lo si riscontra ad esempio nel breve romanzo L’ultimo doge – in cui lo scrittore prende spunto da un libro clandestino che circolava a Venezia alla fine del Settecento e attribuiva la fine della Serenissima non alla conquista di Napoleone, ma al tradimento del suo doge che vendette la città ai francesi. Leonardo, un discendente del doge, sconta – in un’alternanza di vicende che oscillano tra passato e presente – le colpe del suo avo.

La dimensione fantastica è presente anche nel romanzo Una festa improvvisa dove il protagonista ridiscute il senso della sua vita grazie all’arrivo di una misteriosa lettera. Il tempo anche in questo romanzo non scorre in modo lineare ma in modo circolare, con ritorni imprevisti e improvvisi.

I romanzi di Fraulini sono al contempo tentativo di lettura della società ed espressione degli incubi e dei malesseri dello scrittore. Questo talvolta tende ad allontanare il lettore e di conseguenza mancano, a tutt’oggi, significative letture critiche che rendano ragione di un lavoro abbastanza ampio e variegato.

Auspichiamo che in futuro questo scrittore, che ha significato molto nella vita culturale della città, – sia per la sua attività di conservazione del patrimonio letterario lasciato dal padre, sia come organizzatore di eventi, sia come scrittore, – riscuota l’interesse che il livello di alcune sue opere merita.