Fatto a mano

| | |

Affascinante mostra alla Fondazione Cini

Per un Rinascimento europeo delle arti applicate

di Marina Silvestri

 

C’è da augurarsi che possa rappresentare un punto di svolta per l’eccellenza artigiana, come è nella volontà dei promotori, la mostra-evento Homo Faber. Crafting a more human future, progettata per dare impulso ed incoraggiare un movimento culturale che valorizzi i principi insiti nei mestieri d’arte applicata. Pubblicizzata some “celebrazione dell’estro creativo e del talento manuale” ha premiato le aspettative.

Palpabile l’impatto con la bellezza, con il rapporto che si crea fra i diversi materiali, legno, pietra, metallo, preziosi, stoffe e l’uomo che li plasma e trasforma in forme ‘uniche’ che ne esaltano la diversa natura e le potenzialità espressive, a volte la criticità del legame fra la natura e l’oggetto creato. Un evento culturale di rilevanza internazionale, in una città internazionale come Venezia, in uno dei mesi di maggior afflusso turistico dell’anno, che ha inteso valorizzare il meglio dei mestieri d’arte tradizionali assieme alle pratiche contemporanee più innovative e il loro legame con il mondo del design. Presenti maestri artigiani di tutti i paesi europei, rappresentanti di antiche competenze, di mestieri rari che stanno scomparendo ed eccellenze del lusso. E poi strumenti e laboratori che ricostruivano il microcosmo ‘bottega’, nonché l’opportunità per il pubblico di ascoltare opinioni ed esperienze, e partecipare a un fitto programma di conferenze e incontri sul tema della creatività e dell’artigianalità.

Realizzata dalla Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship di Givevra in collaborazione con Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, Fondazione Giorgio Cini, la Triennale di Milano Design Museum e Fondation Bettencourt Schueller, l’esposizione era ospitata all’interno della Fondazione Giorgio Cini, con sede a San Giorgio Maggiore.

Nello spettacolare complesso architettonico monumentale, testimone della grande arte italiana, gli artigiani presenti con le loro produzioni, spiegavano metodi e valore delle lavorazioni attraverso dimostrazioni dal vivo, ma anche con l’ausilio delle più sofisticate tecnologie di realtà virtuale. L’obiettivo: incentivare un ‘rinascimento’ delle arti applicate e a far conoscere ai giovani il valore storico e attuale di una produzione non comparabile con la tecnologia. Una rivincita della manualità nei confronti della serialità della produzione industriale. Dagli orafi, agli intagliatori, alle ricamatrici, agli orologiai e tagliatori di pietre preziose, dalla stampa d’arte ai filati su telaio. Il percorso toccava il chiostro, le gallerie, le biblioteche, l’ex piscina, spazi di norma non aperti al pubblico; una superficie di 4.000 metri quadri, 16 percorsi a tema, 400 artigiani, 85 mestieri, 300 abilità uniche. Con 900 oggetti già realizzati e 91 maestri all’opera davanti al pubblico. Questi i numeri di un impatto con la qualità e l’esperienza del ‘fatto a mano’ difficile da raccontare.

Nella Sala degli Arazzi nella sezione Best of Europe, hanno esposto 150 artisti artigiani europei selezionati dal gallerista francese Jean Blanchaert messi in mostra nell’allestimento dell’architetto Stefano Boeri. Un crinale quello fra arte e artigianato che Blanchaert così descrive: “Immaginiamo una montagna con due versanti, uno l’artigianato, l’altro l’arte. Per comprendere meglio prendiamo un libro, apriamolo leggermente e appoggiamolo a un tavolo con il dorso rivolto verso l’alto. Consideriamo la prima di copertina come il versante artigianale e la quarta di copertina come quello artistico. Best of Europe mostra il lavoro di quegli artigiani artisti la cui opera si colloca in un territorio simile al dorso del nostro libro, proprio in quel sottile altopiano, che si trova fra artigianato ed arte. In sostanza si tratta di creazioni artigianali così splendide da essere diventate arte, e di creazioni artistiche la cui essenza è costituita da una grande sapienza artigiana. Intendo mostrare l’eccellenza artigiana tuttora presente in quel grande quadrato chiamato Europa, i cui quattro angoli sono l’Islanda, il Portogallo, Cipro e la Russia. Nel Vecchio continente, ogni venti, trenta chilometri cambiano l’accento, il vino e il modo di essere. I piemontesi sono diversi dai lombardi, i lombardi non somigliano ai veneti, gli slovacchi si distinguono dai cechi, gli irlandesi del nord da quelli del sud e così via per tutte le nazioni. Insieme al vino e all’accento cambia anche il carattere dell’artigiano e questo in mostra si può notare. I materiali, siano essi vetro, ceramica, ferro, cuoio, carta, plastica o legno, sono interpretati dagli artigiani artisti in modo assai diverso. L’allestimento di Stefano Boeri ha espresso magnificamente l’anima e il corpo dell’Europa, una volta tanto veramente unita. Meravigliosi manufatti, opera di creatori e nazionalità e religioni diverse, disposti, come alle Olimpiadi, gli uni vicino agli altri, pacificamente.

Una delle più belle novità del terzo millennio, in Europa, è la rinascita delle antiche città d’arte, che, dopo anni di crisi, si stanno rivitalizzando: penso a Kilkenny in Irlanda, Vallauris in Francia, Mafra in Portogallo, Dubi nella Repubblica ceca, Mettlach in Germania, Daugavpils in Lettonia, Murano in Italia. Allo stesso modo, oggi, quando un genitore scorge nel figlio un talento manuale, una tendenza artistica, non la reprime più, ma lo incoraggia a seguire il suo destino, che, come nel Rinascimento, spesso parte da una bottega artigiana. Come fu quella di Domenico Ghirlandaio per Michelangelo; il luogo ideale dove mantenere viva la tradizione, assicurandosi che continui a guardare verso il futuro”.

Da citare, oltre alle Stanze del Vetro, le sezioni Centuries of Shape/Evoluzione della Forma, nella biblioteca del Longhena, curata da Silvana Annicchiarico, una riflessione su forma, spazio e contenuto attraverso vasi prodotti in Europa dall’inizio del Novecento ad oggi; Creativity & Craftmanship/Designer e Maestri ospitata nel cenacolo palladiano, curata da Michele De Lucchi con una serie di opere commissionate per l’evento a coppie di artisti e progettisti per far incontrare la tradizione con le forme contemporanee (sotto la riproduzione con tecniche digitali dell’artista inglese Adam Lowe dell’affresco di Paolo Veronese Le nozze di Cana già bottino di guerra di Napoleone e restituito nella fattispecie a Venezia nel 2007).

Inoltre la Fondazione Bettencourt Schueller promotrice del Prix Liliane Bettencourt pour l’intelligence de la main ha proposto Singular Talents/Talenti Rari nell’era della serialità; Natural Talent/Talento naturale, collezione di oggetti in legno dei maestri Viganò e Meloni e della Creative Academy; Poetry of wood/Poesia del legno dei maestri di Bottega Ghianda; Doppia Firma 2018, realizzata da Living Corriere della Sera, Fondazione Cologni e Michelangelo Foundation, nata da una collaborazione fra designer di fama internazionale e artigiani veneti; nella Sala Carnelutti, Imaginary Architecture/Architetture per interni, della designer iraniana India Madhavi, con due ‘caroselli’ in rattan, smarlo e seta. Ed ancora Fashion inside and aut/Nelle trame della Moda, proposte di couturier quali Dolce &Gabana, Capucci e Chanel, nell’ex piscina Gandini, la rassegna fotografica Venetian Way di Susanna Pozzoli nel Chiostro dei Cipressi; Workshop Exclusive/Mestieri in movimento con mezzi di trasporto personalizzati fra cui un elicottero, una Ferrari F40, una Vespa e biciclette su misura.

Migliaia i visitatori che hanno seguito le dimostrazioni in tempo reale di Restoring art’s Masters/Restaurando a cura di Isabella Villafranca, interventi di esperti su arazzi, pale d’altare, opere lignee, sculture in poliuretano espanso e lo storico yacht Eilean, ed infine Discovery and Rediscovery/ Scoprire e riscoprire, il volto umano del lusso: venti tecniche artigianali ispirate all’elenco di mestieri d’arte elaborato dall’Institut National des Métiersd d’Art: dall’incisione del cristallo di J.& L. Lobmeyer (Austria) alla glittica di Carier (Francia), all’incastonatura di Van Cleef & Arplels (Francia), alla lavorazione della pelle di Dunhill (Regno Unito), all’occhialeria su misura di Bonnet (Francia), all’orologeria di Jaeger-Le Coultre (Svizzera) alla pittura su porcellana di Nymphenburg (Germania) al ricamo di Luneville di Lasage (Francia) al ricamo su lino di Madeira, dai tessitori di tappeti Aubusson di Robert Four, ai creatori di profumi per Aquaflor, ai ventagli di Duvelleroy (Francia), fra cui la sezione Mesmerizing Embroidery/Incantevoli ricami nell’arte di Lesage. Nel padiglione, ‘ospite d’onore’, Il “Ritratto di Marcello Durazzo” di Anton Van Dyck, la celebre tela da poco restaurata e restituita alla sua cromia originaria, che farà ritorno in ottobre a Ca’ d’Oro nella raccolta Franchetti.

La Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship promotrice dell’evento è istituzione con sede in Svizzera che si dedica alla promozione della maestria artigiana a livello internazionale. Avvicina i mondi della progettazione e dell’alto artigianato, del design e dei mestieri d’arte, al fine di assicurarne la futura sopravvivenza. «Per questa manifestazione abbiamo scelto Venezia, baluardo di cultura, di arte e di eccellenze artigiane, nonché luogo di impareggiabile bellezza», ha dichiarato Franco Cologni, co-fondatore della Michelangelo Foundation «perché Venezia continua a essere, oggi come in tutto il corso della sua storia, un centro nevralgico di scambi e connessioni». Mentre Johann Rupert, anch’egli co-fondatore della Michelangelo Foundation ha sottolineato che «L’espressione Homo Faber, originariamente coniata nel Rinascimento, coglie ed esalta l’incommensurabile creatività dell’uomo e l’esposizione rende evidente che gli esseri umani sanno fare meglio delle macchine. Nell’era dell’intelligenza artificiale e della robotica industriale – ha detto – quello che possiamo fare è mettere in connessione fra loro gli artigiani europei». Alberto Cavalli, co-direttore esecutivo, ha rimarcato: «Le mani saranno sempre in grado di fare meglio della macchine. Più digitali diventano le nostre vite, più analogici saranno i nostri sogni».

Per il mondo dell’artigianato c’è un futuro possibile scrive Stefano Micelli, professore di Economia e Gestione delle Imprese, all’Università Ca’ Foscari di Venezia: «Gli artigiani che vogliono porre sul mercato le loro creazioni, frutto di tecniche ereditate dal passato e di tecnologia d’avanguardia, imparano a dialogare in modo nuovo con appassionati e curiosi. Il processo creativo non è più un segreto da celare. Il racconto del saper fare costituisce una spetto essenziale della creazione del valore. Trasmette la profondità di un percorso in grado di bilanciare in modo originale il gusto della tradizione con l’innovazione del design e della tecnologia». Homo Faber è stato il primo grande evento culturale dedicato ai mestieri d’arte in Europa.