Ferrovie e letteratura

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Giovanni Capecchi e Maurizio Pistelli hanno raccolto in volume venti saggi che analizzano la tematica del treno in narrativa e poesia

di Romano Vecchiet

 

 

Sull’inesausta tematica “treni e letteratura”, almeno in Italia, il fondamentale testo di riferimento da quasi una trentina d’anni è un bellissimo volume scritto da Remo Ceserani (1933-2016) – eccellente e compianto comparatista nelle Università di Pisa, Genova e Bologna, oltre a numerose università straniere – dal suggestivo titolo Treni di carta. L’immaginario in ferrovia: l’irruzione del treno nella letteratura moderna, uscito dapprima nel 1993 da Marietti e poi in seconda edizione da Bollati e Boringhieri nel 2002.

Ora gli studiosi della “civiltà del treno”, come potremmo definire il campo ove tutti i cultori di tale tematica si ritrovano, hanno a disposizione un altro strumento che, se per ovvie ragioni non può competere, per questioni se non altro di coerenza metodologica, con il volume monografico dello studioso lombardo, integra e completa il volume precedente con venti distinti saggi, scritti da studiosi di varia provenienza e che illuminano su nuovi aspetti del rapporto treno – letteratura sia in alcuni autori per i quali Ceserani si era già pronunciato (per esempio Giosuè Carducci, Italo Svevo o Luigi Pirandello), ma soprattutto in nuovi autori italiani del Novecento che Ceserani non aveva ancora preso in considerazione, come Elsa Morante, Leonardo Sciascia, Dino Buzzati, Marcello Venturi, Elio Vittorini, Anna Maria Ortese, Carlo Cassola e diversi altri. L’opera, che si intitola Treni letterari. Binari, ferrovie e stazioni in Italia tra ’800 e ’900 ed è curata da Giovanni Capecchi e Maurizio Pistelli, entrambi docenti di letteratura italiana all’Università per Stranieri di Perugia,  affronta anche aspetti “ferro-letterari” da angolature nuove e originali, come la guidistica (con Stefano Pifferi, che giustamente non poteva non iniziare con Carlo Collodi e il suo pionieristico Un romanzo in vapore del 1856, vera e propria guida turistica per i primi utilizzatori della Firenze-Livorno), o i treni e la guerra (con il bel saggio di Vittorio Roda, che non dimentica né i treni dei coscritti dei Malavoglia di Verga, afflitti da “un’oscura inquietudine”, né quelli dolenti della Shoah di Primo Levi), o l’intervento di Francesca Ghezzo su Ferrovieri e figli di ferrovieri, o quello su narrativa investigativa e immaginario ferroviario di Maurizio Pistelli, corredato da un’iconografia editoriale molto inusuale e preziosa, o quello, inedito per l’originale impostazione, intitolato Treni inquietanti e fantastici di scrittrici italiane di Beatrice Laghezza e Stefano Lazzarin, con protagoniste la futurista Rosa Rosà, Anna Maria Ortese ed Elsa Morante, per finire con due saggi molto stimolanti, quali quello che lega il lavoro alla rappresentazione ferroviaria di Carlo Baghetti (analizzati, tra gli altri, Memoriale di Paolo Volponi e Vogliamo tutto di Nanni Balestrini) e, proprio dulcis in fundo, come meritato premio per la lettura dei diciannove saggi che lo precedono, Treni turistici di Giovanni Capecchi, che del treno offre un’immagine ormai del tutto svanita, quella del mezzo di trasporto per le mete delle nostre vacanze, con una carrellata che, partendo dall’obbligato Lorenzini/Collodi in viaggio da Firenze al mare di Livorno, non trascura Eugenio Montale e la poesia delle Cinque Terre per finire malinconicamente con Aldo Palazzeschi e il suo Doge, dove il turismo ferroviario è già turismo di massa, “che invade – vociante, superficiale e incolto – la città della laguna”.

Il volume, ricco di prospettive nuove su questo tema ma anche di autori poco noti che si sono cimentati con affascinanti vaporiere e algidi treni ad alta velocità, fa capire che, nonostante i quasi due secoli passati dalla sua invenzione, il treno continua anche in questi ultimi anni a imporsi letterariamente almeno in alcuni scrittori, con romanzi degni di una certa attenzione. Pensiamo a Simona Baldanzi, con Figlia di una vestaglia blu (2006), che racconta le problematiche ambientali legate alla costruzione della TAV lungo il Mugello, o ad Alberto Prunetti, autore di 108 metri. The new working class hero (2018), sull’orgoglio di chi riusciva a costruire 108 metri di binario nelle acciaierie di Piombino, ma oggi è sconfitto dalla crisi che non garantisce più ai figli la stessa qualità di vita che avevano i loro genitori e quegli stessi binari non fanno altro che spingerli di nuovo all’emigrazione.

Non potremmo concludere però questa recensione senza citare il saggio di Fulvio Senardi, Treni e letteratura a nord-est, che riconduce alla nostra regione i molteplici riferimenti di questa indagine. Senardi pone particolare attenzione allo sveviano e ben noto Corto viaggio sentimentale, giustamente ritenuto a pieno titolo forse l’unica “opera ferroviaria” della letteratura italiana. O ancora, pescando quasi a caso nel suo densissimo saggio, non citare Claudio Grisancich, di cui Senardi ci offre proprio a conclusione una poesia, Ai treni, “una sorta di elegia della partenza, che dimostra quanto la memoria carducciana sia ancora viva e presente presso i contemporanei”:

 

E saremo in tre a saludarte

ai treni

rente le giale

valise. In tre

scotadi su le pensiline

co’ l’ocio a ti

e a la luse rossa.

 

Quattro cani de ferovieri

dolorosi e neri

i te porta via.

 

In tre scotadi

su le pensiline

te spetaremo ancora

infazza ai ferrovieri.

 

 

Ma potremmo aggiungere Boris Pahor, di cui Senardi ricorda opportunamente La città nel golfo (1955) con la stazione di Trieste rappresentata quale scenario obbligato dei convogli bestiame diretti ad Auschwitz dopo l’8 settembre 1943, o – retrocedendo di quasi un secolo – il viennese Heinrich von Littrow, di cui il saggista triestino traduce un lungo brano del suo Von Wien nach Triest (1863), una sorta di incunabolo del viaggio in treno sulla prima ferrovia che collegava Trieste a Vienna, la famosa “Meridionale”, trecento pagine, non sempre splendide, di quartine, settenari e ottonari rimati, o, di poco posteriore, il triestino Paolo Tedeschi, autore del reportage di viaggio Per un’effe. Viaggio in istrada ferrata da Venezia a Trieste, un “ritorno affettuoso e accorato (ancorché non privo di qualche venatura umoristica)” ai luoghi della sua giovinezza.

 

Una rassegna, questa dei Treni letterari, che sorprende sempre per le numerose scoperte fatte dai venti studiosi avventuratisi negli anfratti più sconosciuti della letteratura di Otto e Novecento, non solo italiana. Tanti treni che attestano quanto, dopo oltre un secolo e mezzo di sferraglianti viaggi, siano riusciti a mutare la percezione stessa dell’ambiente circostante, a modificare e rinnovare persino le strutture narrative di tanti romanzi e racconti, o semplicemente abbiano voluto accompagnarci nei nostri viaggi non soltanto visibili e turistici, ma anche introspettivi e ben più pericolosi e segreti.

 

 

 

Giovanni Capecchi e

Maurizio Pistelli (a cura di)

Treni letterari

Binari, ferrovie e stazioni

in Italia tra ’800 e ’900

Lindau, Torino 2020

  1. 464, euro 32,00