Gli intrighi d’Italia narrati da Fabio Isman

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di Roberto Curci

 

Non è nato a Trieste, ma è come se lo fosse. E ogniqualvolta ritorna nella città in cui affondano le sue profonde radici familiari e parentali, non manca di rivolgere un laico saluto ai suoi defunti nel cimitero ebraico di via della Pace, di ordire una lieta rimpatriata in puro dialetto con i (pochi) amici rimasti e di concedersi un peccatuccio di gola da Pepi. Non può, invece, fare una capatina in quella sede del vecchio Piccolo di via Pellico, divenuta tutt’altro, dove – nel remoto 1968, a 23 anni – passò, come un refolo, contribuendo a spazzare le ragnatele di una redazione attempata e perbenista.

Da allora Fabio Isman ne ha fatta di strada, e tanta continua a farne. Dopo una parentesi al Gazzettino di Venezia brevemente diretto da Alberto Cavallari, già nel 1970 era al Messaggero di Roma, dove sarebbe divenuto inviato speciale e, per due volte e a lungo, capo dei servizi italiani. Va da sé che, vivendo intensamente la professione, in anni molto difficili per il Paese, e dunque occupandosi in presa diretta di politica e di scandali politici, di terrorismi di vario colore e di relativi processi (finendo egli stesso a Rebibbia per 131 giorni per aver pubblicato estratti dei verbali d’interrogatorio di Patrizio Peci, il primo “pentito” delle Brigate Rosse), divenne – e rimane – un testimone di primo piano dello sconquasso di quell’epoca, i cosiddetti “anni di piombo”, di cui molti si sono già scordati, e che i giovanissimi ignorano del tutto, tanto che più d’uno alla domanda: “Chi fu Aldo Moro?” risponde: “Il capo delle BR”.

A tentar di mettere un po’d’ordine nelle teste, specie – appunto – in quelle delle nuove generazioni sprovvedute, Isman ci prova con un librino che il Mulino ha voluto inserire nell’agile collana “Ritrovare l’Italia” e che s’intitola Andare per l’Italia degli intrighi. È pressoché uno strappo che la casa editrice bolognese fa all’interno della serie dell’”Andare per…”, dato che le mete finora valorizzate erano siti d’arte e di cultura, fortezze e abbazie, parchi e città sepolte. Ma è giusto così.

Va anzi rilevato che, nel 2016, lo stesso Isman s’era già inserito nella collana con il suo curioso e sorprendente Andare per le città ideali. Et pour cause, dato che – forse perché un tantinello disgustato (comprensibilmente) dalle faccende politiche – da tempo aveva optato per un totale cambio di campo, dedicandosi all’arte e alla cultura, con la medesima pervicacia e acribia inscritta nel suo Dna di cronista d’inchiesta. Come tale, si è interessato in particolare al saccheggio dell’archeologia clandestina in Italia, che dal 1970 ha portato allo scavo illegale di oltre un milione e mezzo di pezzi: da cui uno dei molti titoli della sua bibliografia, I predatori dell’arte perduta. Il saccheggio dell’archeologia in Italia (Skira, 2009), al quale è da aggiungere almeno L’Italia dell’arte venduta: collezioni disperse, capolavori venduti (il Mulino, 2017).

L’Italia degli intrighi segna dunque un apparente ritorno alle origini della vocazione giornalistica di Fabio Isman; in realtà è un passo avanti, per il suo chiaro e benemerito intento didattico-storicizzante, e in tal senso si collega a un altro suo importante e documentatissimo libro recente, 1938, l’Italia razzista (il Mulino, 2018). Quanto agli “intrighi” di cui qui si parla si va ovviamente dalla strage di piazza Fontana al sequestro Moro, ripercorrendo per densi capitoletti gremiti di nomi e fatti inquietanti quegli anni ancora così fitti di punti interrogativi. Che risaltano specialmente nella seconda parte, intitolata Il Paese delle ambiguità, dove vengono illuminate di luce cruda le trame palesi e occulte messe in atto da vari “pezzi dello Stato”, dai servizi segreti, da Gladio, dalla P2: una lettura da brivido, un riepilogo purtroppo molto istruttivo. Al quale giova, in coda, la preziosa “breve cronologia”, fortemente voluta dall’autore, che va dal 1968 al 1990. Vi fa capolino perfino Trieste, per la bomba inesplosa alla scuola slovena di San Giovanni, 4 ottobre 1969.

 

 

 

 

 

Fabio Isman

Andare per

l’Italia degli intrighi

Il Mulino, Bologna 2020

  1. 160, euro 12,00.